GIORDANIA

Soap opera a lieto fine in Giordania: il fratellastro del re chiede scusa per aver tentato di rovesciarlo. Perdonato

Africa ExPress
Amman, 10 marzo 2022

Come in tutte  le belle  fiabe  che  si  rispettano, anche la telenovela giordana è arrivata al suo lieto fine. Il principe ereditario legittimo di Giordania Hamzah Bin Hussein ha  scritto una lettera di scuse al fratellastro, attuale Re Abdullah II di Giordania per il (presunto) coinvolgimento in uno “strano” caso di sedizione e le  accuse del monarca d’aver  cospirato per  rovesciare il regime.
Il principe Hamzah ha scritto a re Abdullah II scusandosi per la sua cattiva condotta, ammettendo i suoi errori e chiedendo perdono, assumendosi la piena responsabilità per le sue malefatte.
Le autorità giordane all’epoca accusarono Bassem Awadallah, Sharif Hassan bin Zaid  e il principe Hamzah d’aver tentato di destabilizzare il paese in collaborazione con “entità straniere” non meglio precisate.
Per aver tentato d’indebolire il regime, Awadallah e Bin Zaid erano stati entrambi condannati dal Tribunale della Santa  Inquisizione, pardon, il Tribunale per la sicurezza dello Stato della Giordania a 15 anni di lavori forzati dopo che all’udienza è stato detto che la coppia aveva complottato per provocare disordini e sedizione sfruttando alcuni “incidenti” interni ed esterni.
Il re di Giordania Abdullah II scherza assieme al suo fratellastro Hamzah, a destra. La fotografia è stata scattata da Yousef Allan per AP, il 2 aprile 2001
Tra gli altri quello con l’avvocato Moayyadal Majali fatto arrestare da Abdullah perché reo di un reato gravissimo, aver posto al monarca una  domanda assai impertinente: “Caro re, è decenni  che arraffi quattrini da ogni parte. Ma quante proprietà possiedi tu?”.
Il principe Hamzah non si vedeva in pubblico dall’aprile dello scorso anno in seguito all’annuncio del governo del suo coinvolgimento nel caso di tentato  golpe  con l’ex capo della Corte reale Bassem Awadallah e Sharif Hassan bin Zaid (un lontano parente della famiglia reale). “Quello che è successo è stato un complotto criminale dei sospettati in adempimento dei loro desideri nascosti e mirava a rovesciare il regno. La Corte ha prove chiare e convincenti del crimine”.
In effetti Hamzah aveva  più volte denunciato  pubblicamente la corruzione del governo, ruberie  e  malaffari, quello  che  in  effetti  è poi emerso in seguito, grazie alle rivelazioni dei Pandora Papers.
Un’impero di oltre 100 milioni di dollari di proprietà nascoste dal cleptomonarca re di Giordania Abdallah al Ḥusayn occultate tramite società offshore (società fittizie registrate nei Caraibi): 3 super ville in cima alla scogliera sulla costa californiana di Malibu,  3 condomini a Washington DC e 7 proprietà immobiliari di lusso nei  quartieri più esclusivi del centro di Londra (di cui tre a Belgravia).
In Svizzera saltò fuori uno scaltro ragioniere inglese, che per anni ha lavorato alacremente con avvocati delle British Virgin Islands aiutando il monarca giordano a creare e schermare almeno 36 diverse  società tra  il 1995 e il  2017 preposte all’acquisto delle lussuose magioni.
Ma torniano alla  fatidica lettera  di scuse (pubblicata anche sui  quotidiani giordani Alghad e Addustour e  sul  quotidiano arabo Asharq Al-Awsat). La Corte Reale Giordana ha dichiarato martedì che la lettera è stata inviata dopo un incontro tra il re Abdullah II e il principe Hamzah domenica sera, su richiesta di quest’ultimo, alla presenza di 2 testimoni: il Principe Feisal ed il Principe Ali. Nella lettera firmata di suo pugno il principe Hamzah giura fedeltà al monarca e conferma di aver agito “sempre per aiutare e sostenere Sua Maestà e del suo principe ereditario”.
Nella logica giordana lo “spontaneo” riconoscimento dei suoi errori e le scuse del principe Hamzah rappresentano un “passo nella giusta direzione sulla strada per riconquistare il suo ruolo tra gli altri membri della famiglia reale, al servizio della Giordania”.
Dichiarando il suo amore e apprezzamento per il fratellastro maggiore, il principe Hamzah ha giurato fedeltà a Re Abdullah mettendolo nero su  bianco: “Scrivo a Vostra Maestà con il mio più profondo rispetto e apprezzamento, e prego che Dio vi protegga e vi conceda buona salute perché rimanga un pilastro di forza per la nostra nazione e la nostra famiglia. Seguirò le orme dei nostri antenati e rimarrò fedele alla loro eredità, devoto al loro percorso di servizio al popolo giordano e impegnato nella nostra Costituzione, sotto la saggia guida di Vostra Maestà. Ho sbagliato, Vostra Maestà, e sbagliare è umano. Pertanto, mi assumo la responsabilità delle posizioni che ho preso e delle offese che ho commesso contro Vostra Maestà e il nostro Paese. Chiedo il perdono a Vostra Maestà, sapendo che siete sempre stato molto clemente. Chiedo scusa al nostro popolo giordano e alla nostra famiglia (hascemita, ndr) per questi errori”.
Su esplicite direttive di re Abdullah II, dunque, il caso del principe ribelle è stato risolto con  molta  discrezione all’interno della famiglia hashemita.  Quindi  bene tutto  quel  che  finisce  bene.
Ma facciamo un passo  indietro di qualche  anno.  Tre settimane prima di morire di cancro a 64 anni, re Hussein di Giordania rimosse suo fratello minore Hassan dal ruolo di principe reggente ed erede, dopo averlo pubblicamente accusato di voler cambiare l’ordine dinastico a favore della propria famiglia.
Il piano originale di re Hussein sarebbe stato quello di insediare sul trono il fratello Hassan solo per il tempo necessario a fare maturare il più amato dei suoi figli, l’ancora troppo acerbo principe Hamzah.
Cambiando programma in extremis, il “piccolo re”, come era soprannominato per la statura fisica, non certo per il fascino, il potere e il glamour che esercitava sul Medio Oriente, dovette modificare anche la linea di successione, designando erede il figlio più grande, l’allora 37enne Abdallah, capo delle Forze speciali, nato dal matrimonio con la seconda moglie, l’inglese Toni Gardiner.
Ma il previdente Re Hussein fece giurare ad Abdallah (attuale  monarca di Giordania) che avrebbe a sua volta, e a  suo tempo nominato erede il fratellastro Hamzah, nato dal suo matrimonio con la quarta moglie, l’americana Noor: il prediletto, “invidiato sin dall’infanzia perché mi è più vicino di chiunque altro”, come il sovrano dichiarò tornando frettolosamente a spegnersi in patria, per evitare il colpo di mano del fratello minore.
Visto da vicino, Hamzah sembra proprio la reincarnazione di Re Hussein. Alla impressionante somiglianza fisica se ne sarebbero aggiunte altre. Gli studi a Sandhurst, l’accademia militare più prestigiosa d’Inghilterra, la stessa da cui era uscito il padre mezzo secolo prima.
Una moglie nata e cresciuta all’estero (in Canada), la Principessa Basmah, bella e “straniera” quanto Noor. Il gusto per l’avventura: Hussein attraversava il deserto in motocicletta, Hamza lo sorvolava da pilota militare.
L’ultima similitudine  la rottura tra fratelli. E qui la storia torna a ripetersi: cinque anni dopo la scomparsa di Re Hussein,  Abdallah II si rimangiò il giuramento fatto al padre sul letto di morte, togliendo ad Hamzah la carica di principe ereditario con la scusa che “il titolo simbolico gli impedisce di assumere responsabilità che è pienamente qualificato ad intraprendere”.
Passano altri cinque anni, e la defenestrazione giunge a compimento: nel 2009 Abdallah annuncia che sarà il proprio figlio, e non il fratellastro, a succedergli.
Da allora, il principe che ha perso il trono due volte è rimasto nell’ombra fino allo scontro aperto di questi giorni: l’accusa nei suoi confronti di complotto con agenti esteri e gli arresti domiciliari, il video fatto pervenire alla Bbc in cui contro accusa il governo giordano di corruzione e i tweet in suo sostegno della madre Noor.
Poi il suo audio di sfida sui social media: “Non obbedirò al divieto di uscire di casa, di scrivere su Twitter, di comunicare. La situazione è difficile, sono state richiamate tutte le mie guardie, il capo delle Forze Armate è venuto a casa mia a minacciarmi. Non farò mosse immediate, ma certamente non obbedirò ai loro ordini”.
E poco dopo, l’annuncio della casa reale che Hamza ha firmato (molto “spontaneamente”) una lettera di “fedeltà al re”. Mediatore tra i due fratelli: lo zio principe Hassan (colui che ha  “tradito” re Hussein).
Si  potrebbe  scrivere  una fiaba da  best  seller: C’era  una volta un re,  seduto sul  sofà,  che  disse alla sua  serva: ‘raccontami una  storia’. La  storia  incominciò: c’era una volta un buon re, molto amato da  tutti i suoi sudditi, e  non  solo. Poco prima di  morire di  cancro pensò d’insediare sul trono suo fratello, ma solo per il tempo necessario per fare crescere il più amato dei suoi figli, ancora troppo giovane.
Optò per designare temporaneamente il figlio più grande (fratellastro del più giovane), facendogli però giurare in punto di morte, solennemente sul suo onore, che sarebbe stato lui a incoronare re il giovane fratellastro prediletto del buon re. Dopo la morte dell’amato monarca, questi si rimangiò la parola d’onore togliendo al figlio favorito la carica di principe. Non solo, lo minacciò arrestadolo e imponendogli di firmargli una lettera di “fedeltà e  di  scuse” da poter sbandierare come trofeo davanti alla monarchia “costituzionale’ del reame.
Una cosa un po’ feudale, perche s’era anche attribuito l’autorità esecutiva, potendo approvare o porre veti su tutte le leggi, sospendere o sciogliere il parlamento, nominare giudici di suo gradimento, fare un po’  tutto  quel  che  gli pareva.
Ci  fosse mai stato un banale dissidio familiare e il re diceva ch’era un atto di ribellione tal da  mettere in pericolo la  monarchia, era la sua PAROLA D’ONORE. Ma poi il Principe Ereditario legittimo, per  non rischiare  fisicamente  si rimangiò le accuse di  collusioni, ruberie  e  pastette, fece  mea culpa chiedendo scusa. E il suo trono  se  lo  pappò il fratellastro usurpatore. E vi$$ero  tutti  felici  e contanti …”
Nella nostra soap story ogni riferimento a cose, fatti o persone realmente esistenti è puramente casuale…
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