Antonio Mazzeo
9 marzo 2022
Desaparecida l’ONU, cooptata la UE nelle brigate militari della NATO, gli europei non sanno proprio a chi votarsi per convincere Putin e forze armate russe a sospendere i bombardamenti in Ucraina. Così si fanno strada tra i possibili mediatori di una trattativa di non belligeranza volti impresentabili del panorama politico internazionale.
Uno fra questi è il presidente della Repubblica di Turchia, Recep Tayyip Erdogan, le mani grondanti di sangue per lo spietato conflitto in Kurdistan. Partner strategico dell’Alleanza Atlantica e storico cliente delle industrie belliche statunitensi, negli ultimi anni la Turchia ha creato più di un mal di pancia a Washington e agli alleati europei rivolgendosi a Mosca per acquistare sofisticati sistemi missilistici anti-aerei.
Sfacciatamente il regime di Ankara ha rafforzato i rapporti diplomatici e la cooperazione militare e industriale anche con la Repubblica Nazionale Ucraina. E ora Erdogan si propone come l’uomo forte per far sedere a un tavolo russi e ucraini, conquistando consensi e speranze tra gli analisti e i commentatori internazionali che di certo non brillano per onestà intellettuale, etica e attenzione.
Il 2 marzo, con i carri armati alle porte di Kiev, il ministro della difesa ucraino Oleksiy Reznikov ha ammesso ufficialmente la consegna di un imprecisato numero di droni killer Bayratrak TB.2 di produzione turca. La notizia era trapelata sui siti web specializzati nel settore difesa dopo che era stato tracciato il volo di un aereo cargo Airbus A400M della Turkish Air Force, l’1 marzo, da Ankara a un aeroporto militare nel sud-est della Polonia, vicino al confine con l’Ucraina. “I nuovi droni fanno parte di un pacchetto di aiuti militari internazionali e sono pronti per essere impiegati in combattimento”, ha dichiarato Reznikov. Ed in verità, secondo i media indipendenti, i missili sganciati dai velivoli senza pilota hanno già causato pesanti danni alle colonne dei tank russi dispiegati in territorio ucraino.
Già impiegati dalle forze armate di Ankara in Kurdistan e dal regime etiope in Tigray, i Bayraktar TB2 sono droni tattici MALE (Medium Altitude Long Endurance), cioè volano a medie altitudini e per lungo tempo, fino a 27.000 piedi d’altezza e per 27 ore consecutive. Possono raggiungere una velocità di crociera di 120 nodi (222 km/h) e sono in grado di svolgere in totale autonomia i decolli e gli atterraggi e semi-autonomamente le missioni di intelligence, sorveglianza, riconoscimento ed attacco armato.
Le forze ucraine si sono rifornite di droni armati in Turchia a partire del gennaio 2019: con un contratto del valore di 69 milioni di dollari furono ordinati alla società privata Baykar Makina, interamente controllata dalla holding militare industriale Baykar, dodici Bayraktar TB2 con relativo munizionamento.
L’anno successivo la Marina ucraina ordinò altri sei droni della stessa tipologia, mentre il 15 settembre 2021 il ministero della Difesa ha annunciato l’intenzione di acquistare altri 24 Bayraktar da combattimento. Una quarantina di giorni dopo, il 26 ottobre, i velivoli killer sono stati impiegati per distruggere una presunta postazione di artiglieria pesante nei pressi del villaggio di Hranitne, nell’autoproclamata Repubblica Popolare di Donetsk.
“Abbiamo in tutto una ventina di droni Bayraktar ma non ci fermeremo certamente qui”, ha minacciosamente dichiarato il 27 gennaio 2022 il portavoce del Comando dell’Aeronautica militare ucraina, il colonnello Yuri Ignat, al quotidiano online statunitense Al-Monitor, specializzato in Medio oriente. “Questi sistemi a pilotaggio remoto forniscono un target preciso all’artiglieria per distruggere una colonna di carri armati”, profetizzava l’alto ufficiale ucraino. “E’ un drone di qualità che fa ogni cosa in tempo reale in maniera del tutto automatizzata.
Dopo aver puntato sulle coordinate, letteralmente in tre secondi prende la decisione di sopprimere e distruggere le truppe che avanzano. Il drone è un’arma. Il drone è una spia. Ed esso dà all’Ucraina un nuovo vantaggio qualitativo sul nemico”. A fornire l’identità del nemico è uno stretto collaboratore del colonnello Yuri Ignat, un ufficiale che ha richiesto l’anonimato a Al-Monitor perché responsabile del programma di sviluppo dei droni militari in Ucraina. “I Bayraktar rendono tutto più difficile ai Russi”, ha spiegato. “Nel 2019 io ho svolto tre mesi di addestramento insieme ad altri ufficiali dell’Aeronautica ucraina in un’infrastruttura della Turchia occidentale di proprietà della Baykar Makina, la società privata turca che produce questi droni”.
L’Ucraina aspira da tempo anche a produrre direttamente in casa i sistemi da guerra senza pilota. Il 7 ottobre 2021, in occasione dell’incontro a Leopoli tra il ministro degli esteri Dmytro Kuleba e l’omologo turco Mevlut Cavusoglu, fu firmato un memorandum per realizzare uno stabilimento nei pressi della città di Vasylkiv (a una ventina di chilometri dalla capitale) per costruire droni su licenza del gruppo Baykar. Contestualmente i ministri della difesa di Ucraina e Turchia si accordavano per insediare in territorio ucraino un centro di addestramento e di manutenzione dei velivoli senza pilota di provenienza turca.
“Attendevamo questo momento da lungo tempo”, affermava il Presidente della Repubblica Nazionale Ucraina, Volodymyr Zelenskyy, subito dopo la firma del memorandum. Il progetto del complesso industriale e del centro addestrativo dei droni veniva rilanciato con enfasi il 3 febbraio 2022, poco prima dell’invasione russa, dal ministro della difesa Olesii Reznikov.
Coincidenza vuole che l’industria privata militare Baykar di Istanbul, specializzata nella produzione di velivoli senza pilota, sistemi di comando, controllo e intelligence (C3I) e dell’intelligenza artificiale, sia interamente controllata dalla famiglia Bayraktar e che il presidente del consiglio d’amministrazione sia Selçuk Bayraktar, genero del presidente Erdogan avendone sposato la figlia Sümeyye.
Selçuk Bayraktar ha manifestato pubblicamente la sua disapprovazione per l’invasione russa dell’Ucraina. Il fratello, Haluk Bayraktar, amministratore delegato del gruppo, ha invece postato sul suo profilo social una foto che lo ritraeva accanto al presidente Zelensky. “Possa la vittoria andare al coraggioso popolo che difende con passione la propria casa dagli invasori”, il suo commento.
Gli affari armati tra Turchia e Ucraina non si sono fermati solo ai droni. Nel 2019 la società statale Ukrspecexport ha firmato ancora una volta con Baykar Makina un accordo per lo sviluppo e la produzione congiunta di “tecnologie sensibili nel settore della difesa e aerospaziale”.
Un memorandum di collaborazione tra i due governi è stato sottoscritto nel dicembre 2020 per la produzione di satelliti e sistemi di lancio nello spazio. Ancora nel dicembre 2020 la Marina militare ucraina ha commissionato a un cantiere navale turco la costruzione di due corvette stealth della classe Ada per pattugliare il Mar Nero e il Mare di Azov. Alla commessa, secondo Defense News, Kiev avrebbe destinato poco meno di un miliardo di dollari.
Adesso Erdogan spera di scendere in campo per fare da paciere. Un occhio al proprio prestigio internazionale, un altro, probabilmente, al business di congiunti e amici.
Antonio Mazzeo
amazzeo61@gmail.com
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