Cornelia I. Toelgyes
27 febbraio 2022
Anche gli studenti africani del campus universitario di Kiev si sono svegliati a suon di bombe all’alba di giovedì 24 febbraio.
Un risveglio brutale, segnato dall’angoscia, per questi giovani che ora si trovano intrappolati in mezzo a una guerra, lontani da casa, abbandonati a sé stessi. Quella mattina, presi dal panico, sono corsi nello scantinato degli edifici che ospitano i dormitori, con un solo desiderio nella testa: ritornare a casa. Un’impresa difficile, ora che l’aeroporto della capitale ucraina non è più operativo.
Sembra tutto così inverosimile, fantascientifico, racconta uno studente ghanese ai reporter della BBC, iscritto alla facoltà di ingegneria. “Dalla mia finestra ho visto aerei russi volare a bassissima quota per eludere i missili che solcavano il cielo. Una scena da video giochi”.
Il 20 per cento degli studenti stranieri in Ucraina provengono dall’Africa, da molte nazioni del continente. Una tradizione che risale alla decolonizzazione degli anni Sessanta, quando, dietro ordini della Russia, le autorità di Kiev esportavano grano, zucchero, olio vegetale, prodotti metallurgici e quant’altro, finanziando anche la formazione in medicina, ingegneria o in ambito militare di molti giovani, provenienti da Marocco, Guinea, Mali, Uganda e Angola. All’epoca migliaia di specialisti ucraini lavoravano nei Paesi africani filosovietici.
Ancora oggi molti Paesi del continente acquistano gran parte delle loro importazioni di grano, zucchero, metallo laminato e fertilizzanti chimici dall’Ucraina. L’associazione degli ucraini – ormai ultrasettantenni – che in un lontano passato avevano lavorato in Africa, cercano di mantenere i contatti con i laureati africani delle università ucraine; molti tra questi sono oggi uomini d’affari, generali.
A tutt’oggi, migliaia di giovani africani, anche se non più a titolo gratuito come in passato, frequentano gli atenei ucraini, perché meno onerosi della maggior parte delle università in Europa, Stati Uniti, Asia.
Gli studenti sono sbarcati nel Paese con il solo desiderio di studiare, mettersi in tasca una laurea prestigiosa. Ora i loro sogni si sono infranti, cancellati dall’invasione russa, dalle bombe e l’unico desiderio rimasto è quello di tornare a casa quanto prima.
Con tutti i voli bloccati, i loro governi possono fare ben poco per venire in soccorso ai loro connazionali disperati. Ma intanto i ragazzi hanno già preparato i bagagli, pronti a lasciare l’Ucraina sotto assedio dei russi. Da giovedì scorso molti stanno tentando di raggiungere via terra il confine polacco, con la speranza di potersi poi imbarcare con il primo volo disponibile alla volta della loro terra.
Da venerdì sono attivi diversi twitter spaces, dove i ragazzi possono trovare consigli e raccomandazioni per arrivare alla frontiera con la Polonia o altri Paesi limitrofi.
Un nigeriano, residente in Polonia, via twitter, sta cercando di aiutare gli studenti circa il percorso per raggiungere il confine, e soprattutto raccomanda loro di non viaggiare soli. Le code ai posti di frontiere sono lunghe, infinite. Alcuni si sono già messi in salvo, altri, invece, hanno segnalato di essere rimasti bloccati dalla polizia polacca, perché i loro documenti non in regola o scaduti.
Alcuni governi africani si sono già attivati per far rientrare i propri connazionali. Il Ghana, la cui ambasciata in Svizzera sta raccogliendo i nominativi di tutti ghanesi che si trovano attualmente in Ucraina, in vista di un’eventuale evacuazione, non appena le autorità daranno il via libera. “Saranno evacuati per via aerea quando la Russia cesserà i bombardamenti, o via terra nei Paesi vicini”, ha spiegato il presidente degli studenti ghanesi in Ucraina, Bobie Ansah.
Mentre il governo libico di transizione è già riuscito a portare fuori dall’inferno 200 connazionali, mettendoli al sicuro in Slovacchia. Già giovedì le autorità di Bratislava avevano annunciato di essere pronti a accogliere chiunque scappa dalla guerra.
Molti ragazzi nordafricani sono già partiti, noleggiando un bus e portando con loro persino cani e gatti. Myriam, una studentessa tunisina, iscritta all’università di Odessa, ha precisato che in Ucraina ci sono almeno 800 suoi conterranei. Il ministero degli Esteri di Tunisi, ha messo in piedi un’unità di crisi e un agente di viaggio che ne fa parte e conosce bene il Paese, sta cercando di organizzare l’evacuazione via terra dei giovani.
Samantha Power, amministratore di USAID (Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale) è arrivata a Cracovia per l’emergenza rifugiati provenienti dall’Ucraina.
La presa di posizione dei capi di Stato africani contro l’invasione russa è stata piuttosto timida finora, anche se il presidente di turno dell’assemblea dell’Unione Africana, il senegalese Macky Sall, e il presidente della Commissione, Moussa Faki Mahamat, in un comunicato congiunto hanno detto di essere estremamente preoccupati per l’invasione russa e hanno chiesto a Mosca di “rispettare il diritto internazionale, l’integrità territoriale e la sovranità nazionale dell’Ucraina”.
Intanto Mosca venerdì ha posto il veto a una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU che aveva chiesto alla Russia di fermare immediatamente il suo attacco all’Ucraina e di ritirare tutte le truppe. Mossa che diversi membri del Consiglio hanno ritenuto inutile, ma inevitabile. Undici dei quindici membri hanno votato in favore della risoluzione, mentre Cina, India, Emirati Arabi Uniti si sono astenuti.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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Uno dei pochi articoli che si è interessato sulla situazione, dal punto di vista degli africani che studiavano in Ucraina.
Un complimento alla persona che lo ha scritto.