Dubai, 17 febbraio 20222
Ericsson AB ci ricasca e fa mea culpa. Dopo essere finita alla sbarra negli Stati Uniti per tangenti e corruzioni in Asia e Medio Oriente durate gli anni, il colosso svedese della telecomunicazioni torna a far parlare di sé. Sotto la lente degli investigatori i rapporti e i legami con l’ISIS.
Le clamorose nuove indiscrezioni stanno affondando la società le cui azioni mercoledì scorso sono crollate in Borsa dopo che il suo CEO, Borje Ekholm, ha dovuto ammettere che il consiglio d’amministrazione potrebbe aver pagato tangenti all’ISIS nel tentativo di penetrare nel mercato iracheno della telefonia.
Dopo la caduta di Saddam Hussein nel 2003, l’Iraq benchè realtà economica ancora a rischio era considerato un territorio di conquista in quanto mercato vergine e potenzialmente uno dei più lucrativi per le telecomunicazioni.
Ericsson è uno dei più grandi produttori al mondo di apparecchiature per le telecomunicazioni ed è presente in Iraq dal 2003.
I fatti contestati risalirebbero a quando Ericsson acquistò in Iraq linee di trasmissione che attraversavano aree sotto il controllo di varie organizzazioni terroristiche, tra cui l’ISIS. Da quel periodo in poi la società svedese dispose un’indagine interna scoprendo una lunga serie di spese molto sospette risalenti al 2018 senza riuscire però a determinare con esattezza le causali dei pagamenti e chi fosse il destinatario finale effettivo dell’enorme flusso di denaro.
Per dirla in altri termini, tangenti pagate da funzionari di Ericsson allo Stato Islamico in Iraq. Denaro che potenzialmente potrebbe aver contribuito a finanziare l’acquisto di armi per i terroristi.
L’ammissione di Ericsson arriva solo dopo che a ottobre la società è stata formalmente accusata dal Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti d’aver violato l’ accordo del 2019 da 1 miliardo di dollari stipulato con i giudici per porre fine alla precedente lunga indagine per corruzione ancora in corso.
Africa ExPress
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