Bambini soldato in aumento: in 15 anni ne sono stati reclutati e mandati in guerra 93 mila

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Speciale per Africa ExPress
Luciano Bertozzi
Febbraio 2022

“Quasi il 75 per cento dei conflitti coinvolgono il reclutamento di bambini e ben oltre la metà di questi ha incluso le bambine”. Lo ha affermato il 12 febbraio l’Unicef (Fondo ONU per l’Infanzia), in occasione della giornata internazionale contro l’uso dei piccoli soldati.

Neanche la pandemia ha fermato l’aberrante fenomeno. Infatti, secondo ll rapporto del 2021 del segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, Children and armed conflict, il numero dei piccoli combattenti è cresciuto da circa 7.700 casi del 2019 a 8.500 del 2020.

Il problema è ancor più rilevante se consideriamo il periodo 2005-20: secondo le stime Unicef 93.000 bambini sono stati reclutati e utilizzati in guerre, ma tale numero appare presumibilmente sottostimato. Le aride cifre, purtroppo, non descrivono a sufficienza l’incubo in cui sono costretti a vivere tanti innocenti.

Addestramento bambini e bambine soldato in Nigeria

L’utilizzo dei fanciulli nei conflitti armati risponde innanzitutto alla necessità di riempire i ranghi di milizie ed eserciti. I minori sono facilmente indottrinabili, non ci vuole molto per trasformarli in spietati killer e, del resto, non è necessaria la forza fisica di un adulto per sparare con un mitra, strumenti di morte assai disponibili in tanti Paesi.

Molti piccoli vengono rapiti e minacciati, mentre altri, spinti dalla povertà e per sostenere le proprie famiglie, si associano alle milizie per sopravvivere o per proteggere le loro comunità.

Gli eserciti e i gruppi armati reclutano le ragazze con tattiche diverse da quelle usate per i ragazzi. Spesso vengono rapite e costrette a sposare combattenti adulti e a vivere sotto il loro controllo, sottoposte a stupri e violenze di ogni genere.

Le ragazzine svolgono ruoli di supporto: trasporto, assistenza medica, cucina e si prendono cura dei bambini. In Africa, le fanciulle rappresentano ben il 40 per cento dei piccoli combattenti e visto che riescono più facilmente ad eludere i controlli, sono impiegate anche in missioni kamikaze, ad esempio dai terroristi di Boko Haram in Nigeria.

I minori, trasformati in soldati, sono sottoposti a violenze di ogni tipo: uccisioni, torture, mutilazioni, uso di droghe, somministrate per eliminare dolore e paura, gravidanze indesiderate e AIDS. Gli stupri, purtroppo, sono ampiamente usati dalle guerriglie e dagli eserciti in Congo-K, Somalia, Repubblica Centrafricana, Sudan e Sud Sudan.

Le guerre, inoltre, distruggono ospedali e scuole. Si calpestano così convenzioni internazionali, molte delle quali adottate con il contributo significativo dell’Italia. Così migliaia di giovanissimi sono privati di diritti fondamentali e di ogni prospettiva per il futuro. Nel solo 2019 l’ONU ha accertato almeno mille attacchi contro istituti scolastici e nosocomi, il doppio delle strutture analoghe colpite dagli eserciti, soprattutto in Somalia.

In un contesto così difficile, i minori pagano un pesante tributo di sangue: quasi 2.000 giovanissimi tra i 10 ed i 17 anni, reclutati dai ribelli Huthi, sono morti combattendo in Yemen, tra gennaio 2020 e maggio 2021. I Paesi in cui i bambini sono costretti ad usare le armi invece di andare a scuola e giocare – secondo rapporto di Guterres – sono tanti: Afghanistan, Colombia, Repubblica Democratica del Congo, Repubblica Centrafricana, Iraq, Mali, Nigeria, Sudan, Sud Sudan, Somalia, Siria, Yemen, Myanmar, sia impiegati da gruppi armati che eserciti regolari.

I bambini soldato vengono persino impiegati da alcuni alcuni eserciti regolari che godono di aiuti militari italiani. Secondo i dati dell’ONU del 2020, la Somalia è tra questi Paesi con 1.700 ragazzini arruolati, per lo più rapiti dalle milizie di al Shebab, ma utilizzati anche da esercito e polizia, in almeno 200 casi.

In Somalia l’Italia è presente nell’ambito di EUTM (missione di addestramento dell’Unione europea per la Somalia) e MIADIT (accordo di cooperazione trilaterale tra lo Stato italiano, quello somalo e gibutiano) con la presenza di 15 carabinieri di addestramento delle forze di polizia.

Il 12 febbraio scorso il ministero degli Esteri ha dichiarato: “L’Italia ribadisce con forza che l’arruolamento dei minori come soldati è una pratica aberrante”. Eppure le nostre forze armate e di sicurezza assistono corpi militari e polizia che, secondo l’ONU, si macchiano di crimini gravissimi, senza che nessuno si scandalizzi.

In occasione della giornata contro l’uso dei bambini soldato, l’Istituto di Ricerche Internazionale Archivio Disarmo di Roma (IRIAD), ha specificato in un suo comunicato: “E’ ora che i responsabili di questi crimini, –  considerati tali dal diritto internazionale –  ne rispondano in tribunale e i Paesi che li utilizzano vengano messi al bando dalla comunità internazionale”.

Qualche timido passo in questa direzione è stato compiuto dal Tribunale Penale Internazionale, che considera l’arruolamento di minori di 15 anni come un crimine di guerra, ha condannato a 30 anni di reclusione Dominic Ongwen. Un ex bambino soldato, rapito mentre andava a scuola all’età di 10 anni, diventato poi un capo del gruppo armato ugandese Lord’s Resistance Army. Ongwen è stato ritenuto colpevole decine di gravissimi reati. Ma questa condanna rappresenta rappresenta un’eccezione.

Uno dei tanti bambini soldato in Africa

Un altro aspetto fondamentale è il recupero degli ex combattenti minori per reinserirli nella società. Tale azione è particolarmente difficile nei Paesi più poveri. L’Unicef è riuscita, con il suo prezioso lavoro, a smobilitare oltre 13.000 minori, ma la mancanza di fondi rischia, come in Sud Sudan, di far sì che gli ex bambini soldato possano essere riarruolati o diventare banditi.

I governi che hanno fornito armi per i conflitti ai quali hanno partecipato attivamente anche minori, hanno un debito morale e, oltre a prodigarsi per far cessare le guerre, dovrebbero farsi carico dei costi per il recupero dei giovanissimi, per dare un futuro a tante vittime, trasformate dalla ferocia degli adulti in carnefici.

Luciano Bertozzi
luciano.bertozzi@tiscali.it

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