Cornelia I. Toelgyes
17 febbraio 2022
Sembra davvero incredibile che nel Seicento il Giappone, ancora oggi un Paese profondamente conservatore, legato alle tradizioni e molto riluttante all’immigrazione straniera, abbia accolto un giovane schiavo africano, facendolo diventare un samurai, un soldato della leggendaria élite militare giapponese.
Si narra che Yasuke fosse originario dell’isola di Ilha de Mozambico, situata solo a 3 chilometri dalla terra ferma, come descritto nel 1627 dal gesuita François Solier nella Histoire Ecclesiastique des Isles et Royaumes du Japon. Ma storici più recenti ritengono che possa essere anche di origini etiopiche, sud sudanesi o congolesi.
Secondo Solier, Yasuke sarebbe arrivato in Giappone nel 1579, a Arima (îsola di Kyushu), al seguito del gesuita italiano Alessandro Valignano, all’epoca responsabile del controllo delle missioni del suo ordine – la Compagnia di Gesù – nelle Indie (una definizione che includeva l’Asia orientale e sudorientale). In quegli anni i gesuiti iniziarono a costruire le prime chiese in Giappone.
Yasuke era alto, un metro e 88, un stazza imponente in confronto a quella dei giapponesi, che mediamente non superavano 1,57 centimetri. Pare non fosse però il primo africano a aver messo piede nel Paese del Sol Levante. Già nel 1556 il capitano portoghese, Jorge Alvares aveva portato giovani, provenienti dal continente nero, nel Paese.
Ma Yasuke aveva un fascino particolare, oltre ad avere un fisico simile una statua scolpita nel marmo, aveva la pelle molto scura e quando nel 1581 Valignano lascia l’isola con il suo servo e si reca a Kyoto (capitale del Giappone dal 794 al 1868) dove all’epoca regnava Oda Nabunaga, la popolazione era molto attratta dal giovane africano.
La gente, curiosa di vedere il ragazzone e aveva persino sfondato la porta della residenza dei gesuiti per poter incontrare Yasuke. Anche Oda Nobunaga, venuto a conoscenza dell’arrivo dello straniero, aveva voluto controllare di persona il colore dell’uomo nero, spogliandolo fino alla vita e strofinando la sua pelle.
Visto il grande interesse per la carnagione di Yasuke, il gesuita aveva deciso di farne dono al potente signore della guerra Oda Nobunaga e il primo incontro con il giovane viene ricordato addirittura nelle sue memorie: “Il 23 del secondo mese, un servo nero venne da Paesi cristiani. Sembrava avere 26 o 27 anni, tutto il suo corpo era nero come un bue. Era imponente e aveva una bella presenza. Inoltre, la sua forza era superiore a quella di dieci uomini messi insieme”.
Oda Nobunaga era conosciuto come uomo bizzarro, che non rispettava le regole di una persona del suo rango. Amava le poesie, le cerimonie del thé. Aveva aperto il Giappone ai cristiani, senza però mai convertirsi. Collezionava oggetti arrivati dall’Occidente ed è stato il primo giapponese a indossare abiti europei. Sicuramente per questo suo modo di essere, davvero fuori dal comune, aveva accolto senza pregiudizi il giovane africano. Gli aveva regalato un wakizashi (una sciabola corta) da cerimonia e persino una casa.
Presto Kuro san (kuro significa nero in giapponese) conquista la fiducia di Oda Nobunaga, che lo eleva al rango di samurai – casta militare del Giappone feudale – e gli concede il diritto di portare due sciabole, simbolo della casta dei guerrieri, un privilegio riservato a pochissimi giapponesi. Diventa così il primo samurai di origine straniera, precedendo di pochi anni William Adams, navigatore inglese, ritenuto il primo britannico ad aver raggiunto il Giappone.
Qualche anno più tardi Yasuke si trova invischiato in una disputa per il potere tra i signori della guerra dell’epoca. Nobunaga, dopo aver conquistato i due terzi del Giappone, viene tradito da uno dei suoi generali. Messo alle strette, Nabunaga aveva preferito il suicidio, anziché arrendersi sul campo di battaglia. Yosuke combatté fino alla fine a fianco del figlio del suo signore, ma ferito sul campo di battaglia, verrà sconfitto e fatto prigioniero.
I nemici del suo ex-signore non giustiziano il samurai nero, perché Akechi Mitsuhide, il generale che aveva perpetrato il tradimento, lo considera “una bestia ignorante” e, soprattutto, non è un giapponese. Dunque Mitsuhide preferisce riconsegnare Yosuke ai gesuiti. E qui si perdono le tracce del giovane.
Secondo lo scrittore di origini ivoriane, Serge Bilé, il giovane africano ha vinto ugualmente su tutti fronti: “Yasuke riesce a sfuggire al destino che gli era stato riservato: non è rimasto schiavo, è diventato un guerriero, non si è suicidato”.
Ancora oggi, a secoli di distanza, Yasuke viene ricordato in Giappone, anche grazie una serie di cartoni animati di Netflix, andati in onda sulla TV nipponica. Narra in modo fiabesco le avventure del samurai africano.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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