Cornelia I. Toelgyes
15 febbraio 2022
Danai (nome di fantasia) ha lasciato i banchi di scuola quando non aveva nemmeno 14 anni. Dopo la morte di entrambi i genitori, la nonna non era più in grado di mantenere da sola lei e i suoi fratelli più piccoli. Gli ultimi raccolti sono stati un disastro. Colpa dei cambiamenti climatici. Violenti piogge e inondazioni avevano distrutto tutto ciò che l’anziana signora aveva seminato con l’aiuto dei nipoti che vivevano con lei. Danai è la maggiore, ha dovuto dunque sacrificarsi e partire alla volta di Harare, la capitale dello Zimbabwe.
Con l’aiuto di altri parenti aveva trovato un lavoro come bambinaia presso una famiglia. Dopo un paio di mesi i padroni hanno diminuito il già misero stipendio della ragazzina. La pandemia e il lungo lockdown hanno ridotto anche le loro entrate.
Le proteste della ragazzina sono servite a ben poco, anzi, da un momento all’altro si è trovata per strada, sola in una grande città.
Poi ha incontrato altre giovani e giovanissime, le hanno proposto di unirsi a loro. Lavorano per strada come prostitute; in poco tempo le hanno insegnato il mestiere. I clienti non mancano, la popolazione della città aumenta di giorno in giorno proprio a causa della migrazione dalle zone rurali verso quelle urbane a causa della crescente povertà. E con la miseria, la necessità di guadagni immediati, aumentano traffico di droga, prostituzione e violenze nelle metropoli.
Daniel Sithole – analista climatico e direttore di Green Shango Trust, una ONG zimbabwiana che si occupa di prevenzione e tutela ambientale – ritiene che le donne sono maggiormente colpite dal riscaldamento globale. “Tale situazione, ha sottolineato, potrebbe aggravare le disparità di genere già esistenti”.
Chi decide di lasciare la campagna, che non produce più cibo a sufficienza per le famiglie numerose, è in grande difficoltà anche nelle città. I più si devono accontentare di lavori umili o diventare uno dei tanti venditori ambulanti, mentre molte ragazze cadono nelle maglie della prostituzione, “lavoro” malpagato, anzi, spesso i clienti se ne vanno senza nemmeno saldare il conto.
Impossibile recuperare i soldi persi, le ragazze non possono denunciare i clienti, potrebbero finire nei guai loro stesse, sia perché tale attività è ovviamente vietata ai minori, sia perchè nello Zimbabwe anche l’adescamento di clienti è considerato un reato.
Memory Kanyati, direttore provinciale dello Zimbabwe Youth Council Harare, è molto preoccupata perché il numero delle minorenni che finiscono in strada cresce di giorno in giorno e recuperare queste giovanissime è un problema di non facile soluzione.
Molti anziani e capi di villaggi sono convinti che i cambiamenti climatici oltre a portare fame e miseria, stanno distruggendo il futuro dei bambini. Di tanto in tanto dovremmo davvero far tesoro delle sagge parole di Kofi Anan, ex segretario generale dell’ONU, deceduto nel 2018: “Un bambino a rischio è un bambino che non può aspettare”.
E lo Zimbabwe non è il solo Paese del continente a dover fare i conti con ondate di caldo, siccità e inondazioni. Basti pensare che la scorsa settimana la il Programma Alimentare Mondiale (PAM) ha lanciato un nuovo allarme per il Corno d’Africa. Secondo l’Agenzia dell’ONU sono ben 13 milioni di persone a rischio fame estrema nei prossimi mesi a causa della siccità, dovuta ai cambiamenti climatici.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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