Cornelia I. Toelgyes
14 gennaio 2022
Lo Stato maggiore francese ha comunicato ieri che Barkhane ha ucciso oltre 30 terroristi in diversi raid aerei in Burkina Faso. I jihadisti sarebbero stati responsabili di due aggressioni della scorsa settimana nel nord del Benin, nel Parco transfrontaliero “W”, che confina con Niger e Burkina Faso.
Tra l’8 e il 9 febbraio sono state ammazzate brutalmente 9 persone, un istruttore francese (un ex militare), un soldato delle forze armate beninensi e alcuni ranger dell’ONG sudafricana African Parcs che gestisce la parte della riserva situata in Benin.
I militari dell’Operazione Barkhane hanno iniziato le ricerche dei terroristi subito dopo l’attacco dell’8 febbraio. E, grazie a un aereo di ricognizione, in grado di monitorare e ascoltare pesino le conversazioni via radio (sistema ISR, acronimo inglese per Intelligence, Surveillance, and Reconnaissance n.d.r.), i francesi sono riusciti a localizzare un gruppo di uomini armati in sella alle loro moto, provenienti dal Benin, ormai già in territorio burkinabé.
Nel Burkina Faso si è consumato poche settimane fa l’ennesimo colpo di Stato. I militari hanno destituito il presidente, Roch Marc Christian Kabore, proprio a causa dei problemi di insicurezza che affliggono il Paese dal 2015. I continui attacchi dei terroristi hanno causato la morte di oltre 2.000 persone e hanno costretto a 1,5 milioni di lasciare le proprie abitazioni.
Il capo delle forze armate francesi, Thierry Burckard, in visita in Costa d’Avorio in questi giorni, teme che il terrorismo possa espandersi verso il Golfo di Guinea.
Anche se la Francia potrebbe annunciare nei prossimi giorni il ritiro delle proprie forze dal Mali, il generale ha puntualizzato che combattere a fianco dei Paesi africani, in particolare con quelli che si affacciano sul Golfo di Guinea, resterà una priorità di Parigi.
Una fonte diplomatica europea ha confermato che la Francia sta valutando quale sostegno potrebbe essere dato ai Paesi del Golfo di Guinea, in particolare Costa d’Avorio, Togo, Benin e Ghana, dove gli attacchi dei terroristi sono sempre più frequenti.
Infatti, sembra proprio che i jihadisti del Sahel vogliano davvero ampliare il loro campo d’azione. E’ nei loro programmi da anni, basti pensare all’attacco terrorista che si è consumato nel 2016 proprio in Costa d’Avorio, quando i miliziani di AQMI, acronimo per Al Qaeda nel Maghreb Islamico, avevano ucciso 19 persone a Grand Bassam, località balneare che dista una quarantina di chilometri da Abidjan.
E’ risaputo che le autorità maliane sono ai ferri corti con la Francia, giacchè hanno persino espulso l’ambasciatore di Parigi, Joël Meyer, dichiarato persona non grata dopo le critiche sul governo di transizione espresse dal ministro degli Esteri francese, Jena-Yves Le Drian, che aveva apostrofato la giunta al potere in Mali come “illegittima”, e “le sue decisioni sono irresponsabili”, dopo l’espulsione dal Mali delle truppe danesi della Task Force Takuba.
Le Drian ritiene inoltre che i mercenari del gruppo Wagner presenti sul territorio maliano, anche se mai confermato dal governo di Bamako, proteggano le autorità solamente in cambio dello sfruttamento delle ricchezze minerarie del Mali, come succede d’altronde da anni in Centrafrica.
Dal canto suo, il presidente russo, Vladimir Putin, pur non negando le attività del gruppo Wagner nella ex colonia francese, respinge qualsiasi legame tra Mosca e i contractor. Dichiarazione in contraddizione con le affermazioni di Bamako. Le autorità di transizione sostengono, infatti, che nel Paese sono presenti esclusivamente istruttori militari russi, assunti nel quadro della cooperazione tra i due Stati.
Anche Stephen Townsend, a capo di US AFRICOM (comando delle operazioni americane in Africa n.d.r.), ha confermato la presenza di diverse centinaia di mercenari del gruppo Wagner in Mali. Secondo il comandante di Africom per i loro spiegamenti sarebbero supportati da aerei militari russi.
La prossima settimana, probabilmente il 16 febbraio, il governo di Parigi e i suoi partner europei che partecipano con le loro truppe alla task force Takuba, guidate da Barkhane, decideranno se abbandonare o restare in Mali. In tale occasione si valuterà se i vari governi europei vorranno restare nel Sahel. La riunione precede il summit Europa-Africa, che si terrà il 17-18 febbraio.
I ministri della Difesa delle nazioni europee che collaborano con Takuba, così come la Gran Bretagna, il Canada, gli Stati Uniti e i Paesi presenti con le loro truppe nella missione di pace dell’ONU in Mali (MINUSMA), nonchè nella formazione europea delle forze di sicurezza maliane (EUCAP) si sono sentiti già telefonicamente venerdì scorso.
E’ comunque poco probabile che la Francia lasci completamente le sue ex colonie e i suoi interessi nel Sahel, in particolare le miniere d’uranio in Niger.
Cornelia I. Toelgyes
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