Luciano Bertozzi
Febbraio 2022
“Rimango gravemente preoccupato per le continue violazioni dei diritti umani di migranti, rifugiati e richiedenti asilo in Libia”, ha dichiarato il Segretario Generale ONU, Antonio Guterres in un rapporto per il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e reso noto dall’Associated Press.
Migranti e rifugiati – sempre secondo Guterres – donne e uomini hanno continuato a far fronte a crescenti rischi di stupro, molestie sessuali e tratta da parte di gruppi armati, traffico transnazionale e trafficanti, nonché funzionari della direzione per la lotta all’immigrazione illegale, che opera sotto il ministero dell’Interno”. Il numero 1 dell’organizzazione internazionale ha anche quantificato in oltre 12.000 gli ufficialmente detenuti in 27 carceri e strutture penali in tutta la Libia. Altre migliaia sono trattenute illegalmente e spesso in “condizioni disumane in prigioni controllate da gruppi armati o addirittura segrete”.
Guterres ha anche sottolineato la detenzione arbitraria di migranti e rifugiati intercettati dalla Guardia costiera libica, mentre tentavano di attraversare il Mediterraneo. Si tratta, secondo i dati ONU al 14 dicembre 2021, di ben 30.900 persone, “quasi tre volte il numero totale di persone rimpatriate nel 2020 (12.000 persone)”.
Il viaggio compiuto con imbarcazioni fatiscenti ha comportato un pesante tributo di vite umane: oltre 1.300 persone sono morte o scomparse durante il viaggio. Il capo del Palazzo di Vetro ha espresso seria preoccupazione anche per le persone che sono rimaste senza casa da ottobre in poi, in seguito alle diffuse operazioni di sicurezza compiute dalle autorità libiche. Durante quei rastrellamenti “è stata usata una forza eccessiva e sproporzionata”.
Ma queste precise accuse lanciate da un protagonista della diplomazia internazionale non hanno avuto alcun esito. Le cancellerie dei Paesi europei ed il governo italiano, in particolare, continuano la politica di sostegno incondizionata alla Libia, finanziandone l’apparato repressivo con decine di milioni di euro l’anno e fornendo i mezzi navali per respingere i migranti. In questi giorni ricorre il quinto anniversario del Memorandum d’intesa bilaterale, firmato da Italia e Libia il 2 febbraio 2017 ed in questo lasso di tempo – secondo Amnesty International – oltre 82.000 persone intercettate in mare sono state riportate in Libia.
Le cose, purtroppo, non stanno cambiando, un esempio in tal senso – secondo Amnesty – è la recente nomina alla guida del Dipartimento per il contrasto dell’immigrazione illegale di Mohamed al-Khoja, che in precedenza controllava il centro di detenzione di Tariq al-Sikka, al cui interno erano state documentate diffuse violenze. “Italia, Malta e Unione Europea hanno contribuito – secondo Matteo de Bellis, ricercatore di Amnesty International su migrazione e asilo – alla cattura in mare di decine di migliaia di donne, uomini e bambini, finiti in gran parte in centri di detenzione agghiaccianti, dove la tortura è all’ordine del giorno. Innumerevoli altre persone sono state vittime di sparizione forzata”.
In base agli Accordi internazionali è consentito alle autorità libiche di poter riportare nel Paese le persone intercettate in mare, nonostante sia vietato trasferire le stesse in un luogo nel quale rischiano di subire gravi violazioni dei diritti umani.
In questo contesto, nei giorni scorsi, secondo il giornale libico Al wasat il nostro Paese ha fornito mezzi per il contrasto all’immigrazione clandestina per un ammontare di 42 milioni di euro. Tali attrezzature comprendono un’officina mobile per la manutenzione, pezzi di ricambio per imbarcazioni, uffici amministrativi mobili e supporto logistico per le attività di soccorso nel contesto delle missioni di ricerca in mare. Ultimamente, inoltre, il sottosegretario del ministero degli Esteri libico per la Cooperazione e le Organizzazioni Internazionali, Omar Keti, ha chiesto all’ambasciatore italiano a Tripoli di riprendere i progetti sospesi, per assistere la Libia nella lotta all’immigrazione illegale.
Tuttavia c’è chi non si arrende e questa perdita di umanità: le ONG, che fra mille difficoltà cercano di salvare chi scappa dall’inferno libico. Alcune sentenze hanno sancito la piena legalità della loro opera di salvataggio, archiviando le accuse di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, come nel caso del comandante e del capomissione della nave Mediterranea, per non aver consegnato i migranti alla guardia costiera libica. La Libia non può essere considerata un luogo sicuro, .
E’ ora di porre termine, quindi, a questa collaborazione pericolosa fra Italia e Libia, che produce solo tante sofferenze e ripristinare attività finalizzate al soccorso in mare di chi cerca solo una vita più dignitosa in Europa, scappando dai Paesi della guerra e della fame
Luciano Bertozzi
luciano.bertozzi@tiscali.it
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