Dubai, 7 febbraio 2022
Mar Rosso: gli Huthi giocano d’azzardo. Dopo decine di appelli lanciati da diversi media (tra cui Africa ExPress) per intervenire urgentemente e scongiurare un disastro ambientale nel Mar Rosso, le milizie huthi yemenite hanno finalmente raggiunto un accordo con le Nazioni Unite, ma subito dopo hanno fatto marcia indietro rinnegando l’intesa.
Gli huthi inizialmente avevano affermato di voler sostenere il nuovo piano dei funzionari delle Nazioni Unite per pompare un milione di barili di petrolio fuori dalla petroliera The Safer, che è attualmente ormeggiata vicino al porto di Hodeidah.
Ma mentre il coordinatore dell’ONU per lo Yemen, David Gressly, salutava con ottimismo i colloqui “costruttivi”, sostenuti anche dal governo dello Yemen, gli huthi improvvisamente hanno fatto marcia indietro. Hanno sostenuto che le Nazioni Unite erano colpevoli di “continue violazioni dei propri obblighi” nei confronti della petroliera e hanno accusato la missione dell’ONU di sprecare i fondi stanziati per la manutenzione della nave.
Le cisterne di stoccaggio della nave, che hanno più di 40 anni sono arrugginite in più parti, non è stata fatta nessuna manutenzione dall’inizio del 2015, quando gli huthi hanno preso il controllo di aree dello Yemen con un colpo di Stato e gli esperti internazionali sono fuggiti.
Gli ambientalisti avevano lanciato una serie di allerte sui pericoli incombenti. La Safer non ha né alimentazione né un sistema antincendio funzionante e si ritiene che all’interno si stiano accumulando pericolosi gas volatili. “Il rischio di una catastrofe imminente è molto reale – ha detto Gressly -. Abbiamo bisogno di un’intervento urgente il prima possibile”.
Greenpeace la scorsa settimana ha confermato che Safer rappresenta una “grave minaccia”. Una fuoriuscita di petrolio impedirebbe l’accesso ai principali porti yemeniti di Hodeidah e Salif, andando a colpire le forniture di aiuti alimentari per oltre 8,4 milioni di persone. Un gruppo ambientalista ha affermato che gli impianti di desalinizzazione sulla costa potrebbero essere interessati da un’eventuale contaminazione, il che interromperebbe l’approvvigionamento di acqua potabile per circa 10 milioni di persone.
La pesca yemenita verrebbe probabilmente chiusa e gli ecosistemi nel Mar Rosso sarebbero distrutti, con un’impatto negativo che raggiungerebbe anche Arabia Saudita, Gibuti ed Eritrea.
La crisi della Safer è esplosa di nuovo quando il massimo ufficiale militare statunitense in Medio Oriente è arrivato negli Emirati Arabi Uniti per colloqui di difesa, dopo una serie di attacchi missilistici huthi ad Abu Dhabi. Il generale Frank McKenzie, capo del comando centrale, ha dichiarato: “Penso che sia un momento molto preoccupante per gli Emirati Arabi Uniti. Stanno cercando supporto. Siamo qui per aiutare a fornire quel supporto”.
La scorsa settimana il Pentagono ha schierato aerei da combattimento F-22 avanzati e il cacciatorpediniere missilistico USS Cole negli Emirati Arabi Uniti. McKenzie ha accusato l’Iran per gli attacchi ad Abu Dhabi: “I missili balistici a medio raggio lanciati dallo Yemen ed entrati negli Emirati Arabi Uniti non sono stati inventati, costruiti, progettati nello Yemen. Son stati progettati da qualche altra parte, penso che in questo caso ci sia lo zampino degli iraniani”.
(dal quotidiano odierno dell’Arabia Saudita ASHARQ AL-AWSAT – 7 febbraio 2022 e quotidiano emiratino Allittihad di oggi)
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