Bamako, 1° febbraio 2022
E’ ufficiale. Il governo maliano ha dichiarato l’ambasciatore francese persona non grata e ha intimato a Joël Meyer, rappresentante di Parigi accreditato a Bamako, di lasciare il Paese entro le prossime 72 ore.
La Francia ne ha preso atto e ha richiamato in patria il proprio ambasciatore. Il ministero degli Esteri di Parigi ha specificato di essere vicina ai partner europei nel Paese, in particolare ai danesi, i cui militari, che hanno partecipato al contingente Takuba, sono stati mandati via dal governo militare di Bamako pochi giorni fa.
L’espulsione dell’ambasciatore francese è stata ufficializzata il 31 gennaio tramite un comunicato ripreso dalla TV di Stato del Mali.
“Il governo della Repubblica del Mali informa l’opinione nazionale e internazionale che l’ambasciatore francese a Bamako, Sua Eccellenza Joël Meyer, è stato convocato dal ministro degli affari esteri e della Cooperazione internazionale. In tale occasione gli è stata notificato l’ordine del governo di lasciare il territorio nazionale entro 72 ore”.
Le autorità maliane hanno precisato di essere disponibili al dialogo e di voler proseguire la cooperazione con tutti i partner internazionali, compresa la Francia, ma “nel rispetto reciproco e sulla base del principio di non interferenza”.
Bamako non ha apprezzato dichiarazioni rilasciate dal ministro della Difesa francese, Florence Parly. In particolare quella del 25 gennaio : “La giunta al potere in Mali sta moltiplicando provocazioni su provocazioni”, e quelle del ministro degli Esteri, Jean-Yves Le Drian, che ha apostrofato la giunta al potere in Mali come “illegittima”, e “le sue decisioni sono irresponsabili”, parole pronunciate dopo l’espulsione dal Mali delle truppe danesi della Task Force Takuba.
Ma Le Drian ritiene altresì che i mercenari del gruppo Wagner presenti sul territorio maliano, anche se mai confermato dal governo di Bamako, proteggano le autorità solamente in cambio dello sfruttamento delle ricchezze minerarie del Mali, come succede d’altronde da anni in Centrafrica.
Partire definitivamente o restare? Ecco la domanda che si pone la Francia in questo momento. Farsi mettere alla porta e lasciare in mano molte zone ai terroristi e permettere ai russi – in particolare ai mercenari del gruppo Wagner – di installarsi come hanno fatto in Centrafrica (altra ex colonia francese).
La posta in gioco è alta. Dal 2013, con l’operazione Several nel solo Mali, poi, per contrastare il terrorismo in tutto il Sahel, nel 2014 è stata sostituita con Barkhane, Parigi ha lasciato sul campo 53 uomini.
Dopo l’espulsione dell’ambasciatore, il ministro degli Esteri di Parigi, Jean-Yves Le Drian ha dichiarato: “Per ora restiamo, entro due settimane prenderemo una decisione”.
Anche i partner della Francia, impegnati con il contingente Takuba, guidato dai militari di Barkhane, vogliono vederci chiaro. In particolare il ministro degli Esteri tedesco, Annalena Baerbock, ha chiesto che venga rivista la presenza delle forze europee in Mali. In una sua intervista alla Sueddeutsche Zeitung , la signora Baerbock ha detto: “Alla luce delle ultime misure messe in campo da Bamako, dobbiamo chiederci onestamente se ci sono ancora le condizioni del nostro impegno comune”.
Le relazioni tra Bamako e Parigi hanno proseguito a deteriorarsi in seguito al golpe militare dell’agosto 2020 e si sono aggravate ulteriormente nel maggio 2021, dopo un nuovo colpo di Stato, perpetrato dagli stessi colonnelli, per rafforzare il proprio potere.
Da tempo la popolazione stessa ha espresso il suo malcontento nei confronti della presenza francese e della Missione di Pace dell’ONU. Già durante le manifestazioni di protesta contro l’allora presidente Ibrahim Boubacar Keïta, deposto dai militari nel 2020 e deceduto poco più di due settimane fa, i manifestanti urlavano slogan: “Barkhane e MINUSMA, andate via da casa nostra”.
Africa ExPress
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