Dal Nostro Inviato Speciale
Costantino Muscau
Nairobi, 28 gennaio 2022
“Mio nonno, Daniel Toroitich arap Moi (arap in lingua swahili vuol dire figlio di, ndr) presidente della Repubblica del Kenya, ha lasciato un’eredità di oltre 300 miliardi di scellini (circa 2 miliardi e 340 milioni di euro, ndr). A me non vogliono dare neppure un centesimo di quello che mi spetta. Ecco perché faccio causa”.
Ma quanto rende in Kenya fare il presidente della repubblica? In Italia il capo dello Stato ha uno stipendio di 239 mila euro annui. Alto, ma non tanto, se si pensa che è di soli 4 mila euro superiore a quello, per dire, del presidente della traballante cassa pensionistica dei giornalisti (Inpgi).
In ogni caso è uno stipendio che non consentirebbe mai di accumulare un patrimonio neppure lontanamente paragonabile a quello che in 24 anni ha messo da parte Daniel Toroitich arap Moi, il secondo presidente di questo grande Paese africano.
Mentre in Italia si sceglieva il nuovo capo dello Stato, anche in Kenya tutta l’attenzione dell’opinione pubblica e dei media è concentrata sull’elezione del presidente, che pure avverrà il 9 agosto. E mentre infuria la campagna elettorale, emerge per la prima volta in modo ufficiale, nell’aula di un tribunale, la ricchezza enorme posseduta dal successore di Jomo Kenyatta, il defunto Daniel arap Moi, capo dello Stato dal 1978 al 2002 e vicepresidente dal 1967 al 1978.
Alla sua morte, avvenuta a 95 anni il 4 febbraio del 2020, si è sempre favoleggiato di un suo impero economico, che, come ha scritto a fine novembre 2021 Business Daily comprende “secondo documenti ufficiali e non ufficiali proprietà immobiliari, terreni, trasporti, scuole, alberghi, banche, aviazione, agricoltura, sicurezza, costruzioni, giornali e televisioni, conti bancari in patria e off shore…”.
Sull’origine di tanto ben di dio, già qualche anno fa, WikiLeaks aveva pubblicato un rapporto segreto che rivelava come Daniel arap Moi, durante i 24 anni di presidenza, si fosse appropriato di oltre 2 miliardi dollari di soldi pubblici.
A riportare d’attualità quell’enorme giro di denaro in un Paese dove le differenze di reddito sono abissali, e il 16 per cento della popolazione vive ancora con 2 dollari al giorno, è un’intricata vicenda giudiziaria per l’eredità scatenata in questi due mesi da Kibet Collins Toroitich, 44 anni, uno dei nipoti, alquanto discusso e pazzerello, dell’ex presidente.
In Italia siamo abituati a contenziosi per successioni ed eredità finiti davanti al giudice: da Luciano Pavarotti a Lucio Dalla, da Renato Guttuso a Oriana Fallaci, agli Agnelli, ad Alberto Sordi. Senza dimenticare la saga Gucci.
Mai però era finito in tribunale il così corposo lascito di una tale figura politica e istituzionale. Kibet Collins è, infatti, figlio di Jonathan, pilota di rally e uomo di affari morto a 62 anni nel 2019, primogenito dei 5 maschi di Daniel arap Moi.
Kibet Collins si è rivolto alla giustizia denunciando un complotto per diseredarlo, ordito dalla esecutrice testamentaria, Zehrabanu Janmohamed, avvocatessa molto celebre anche per la passione per il cricket, trasmessagli dal marito: è la moglie di Mudassar Nazar, 65 anni, ex campione e allenatore della nazionale pachistana ed è stata la prima donna a dirigere il cricket Kenya.
Già a novembre erano state rese note le volontà di Gukaa (nonno) buonanima e la suddivisone degli assets fra i 5 maschi e le 3 figlie femmine. In particolare, la ripartizione di un vasto terreno di 932 ettari vedeva al primo posto Jonathan, papà di Kibet, e con l’impegno che alla sua morte il terreno sarebbe toccato al figlio. Il quale, forte di ciò, è andato all’assalto reclamando ben di più.
Nella denuncia Kibet Collins Toroitich Moi afferma, appunto, di essere stato escluso dalla divisione dei beni che ammontano – a suo dire e non solo a suo dire – a oltre 300 miliardi di scellini. La ricchezza sarebbe sparsa in diverse parti del pianeta: in particolare nel Regno Unito, Australia e Malawi, dove si troverebbe anche una piantagione di tabacco. Cita poi la vendita, avvenuta a fine novembre scorso, della società aeronautica della famiglia, la Siginon Aviation per 1 miliardo e 700 milioni di scellini e di esserne stato tagliato fuori.
La battaglia giudiziaria, come tutte quelle combattute in nome del defunto, sarà lunga e complessa. Ma anche dolorosa per il protagonista e poco onorevole per tutti i Moi. Sono stati tirati fuori scheletri dagli armadi personali e familiari. Che sono tanti.
Un sito spregiudicato quale undercoverafrica.com (che si vanta di dire “la verità in un mondo di bugie”) non ha perso l’occasione per ricordare come il presidente defunto avesse stima e fiducia solo per l’ultimo nato, Gideon, 58 anni, potente senatore e guida della famiglia.
Trascurava, invece, il primogenito, guarda caso proprio Jonathan, papà di Kibet Collins. Non che lo scomparso leader della nazione avesse tutti i torti. Gli eredi di Moi, infatti, non hanno avuto una vita coniugale, o professionale molto fortunata.
La figlia Doris Elizabeth sposò il manager agricolo Ibrahim Kiptum Choge, co-driver nei rally di Jonathan, contro la dura opposizione paterna. Restò vedova nel giugno 1998, quando il marito perse la vita in un incidente stradale. Il padre di Choge, Simeon, dirigente ministeriale, però parlò di “incidente orchestrato” e accusò la polizia di non aver indagato approfonditamente.
Il presidente Moi si imbufalì ancor di più quando il figlio Philip, oggi 60 anni, maggiore dell’esercito, pioniere del polo in Kenya, gemello della sorella Doris, si unì segretamente con una signora della comunità italiana di Malindi, con la quale Philip faceva affari.
Arap Moi non stimava i nostri connazionali di Malindi e neppure la nuora, un’avvenenteimmobiliarista bresciana, Rossana Pluda, detta La Mara, 57 anni. L’unione Moi-Pluda fu celebrata nel 1993 e andò avanti fino al 2008, quando volarono gli stracci, pare per la classica questione di corna.
Il divorzio è stato molto travagliato. La signora Pluda ha avuto la forza di sfidare una potentissima famiglia e i pregiudizi nei confronti delle donne avviando la causa della separazione. Che nel 2015 ha vinto. Con un assegno di mantenimento di quasi 1 milione di euro in ragione dei 2 figli (Kibet e Talissa). L’ex marito finì pure in carcere per il rifiuto di pagare gli alimenti.
Nel 2017 colpo di scena: un altro giudice modifica la sentenza, alleggerendo la posizione di Philip Moi. Nel febbraio di un anno fa, però, la conclusione definitiva della causa torna a favore della nostra connazionale: l’ex militare, ormai in pensione, è stato obbligato a versare l’assegno mensile alla ex moglie, sia pure in forma ridotta. Alla fine la Leonessa di Brescia ha domato i Leoni africani. E che Leoni, i Moi…
Il quarto figlio del presidente, Raymond, 61 anni, diede pessima prova come amministratore di alcune società paterne, anche se ora siede in Parlamento, con il fratello senatore Gideon.
Il terzogenito, John, 63 anni, non riuscì a laurearsi ad Harvard e tornò a mani vuote dal Massachusetts. D’altra parte, il cattivo esempio venuto proprio dal primogenito, Jonathan: tutto donne e motori, divorziò nel 2004, si sposò due volte ed ebbe 12 figli, fra cui Kebet Collins, quello col “sedere per terra”, come lo ha definito un giornalista. Ovvero il più sfigato di tutti.
La vita di Kebet è una serie di insuccessi professionali ed esistenziali. Lo hanno impietosamente ricordato il Daily Nation, The Stars e i siti nairobinews.com e Tuko.co.ke. Dopo aver volato alto (nel 2000 era diventato pilota negli USA), è cominciato il declino. “Aveva delle imprese e sono fallite. Aveva dei terreni e ha dovuto venderli. Morti i genitori, Jonathan e Nelly Cherogony, è finito preda dell’alcool e della depressione”.
Alcolizzato, disoccupato, sfrattato, denunciato dalla moglie Gladys Jeruto perché non pagava gli alimenti per i due figli e accusato perfino di aver rubato due telefonini alla figlia. In questa sua disgraziata esistenza non manca neppure un episodio quasi burlesco se non fosse drammatico.
Lui, alcolista, nel 2017 va al Karen Hospital per disintossicarsi; incontra quella che diventerà la sua compagna per due anni: Marsha Amario, figlia di quello che era stato un tycoon nel settore dei vini e dei superalcolici. A sua volta era ricoverata per problemi psicologici. La relazione, però, frana nel 2019 in seguito a due “incidenti”surreali.
La coppia si reca in albergo per festeggiare i 30 anni di lei. Dopo una settimana lui sparisce senza pagare il conto. Lei viene arrestata. Infine il colpo finale: un giorno lui a pranzo si presenta con un piatto di patatine fritte e una bottiglietta di soda per lei e una bottiglia dì whisky per se. Pare anche che l’abbia riempita di botte. “Quest’uomo mi ha rovinato la vita – ha dichiarato poi Marsha – maledetto il giorno in cui l’ho incontrato”.
I due si lasciano, ma restano uniti dallo stesso destino: dalla nobiltà nei più alti sobborghi di Nairobi alla miseria più “nera”.
Sola e senza mezzi di sussistenza, a 32 anni, Marsha tre mesi fa si è rivolta (anche lei!) ai giudici affinché costringano il fratello, Miki Ng’ang’a, che ha preso in mano il business paterno, a passarle un assegno mensile di mantenimento.
E lui, Kebet Collins Toroitich Moi, che abitava in un lussuoso palazzo e guidava una Toyota Land Cruise V8, sopravvive grazie al sussidio di alcun amici – ha dichiarato al giudice – in un appartamentino a Kawangware, quartiere dei kenyani poveri. Ora prova a risorgere con l’eredità del nonno.
Venerdì 14 gennaio scorso il giudice dell’Alta Corte, Aggrey Muchelule, gli ha dato una speranza: ha il pieno diritto di contestare l’esecuzione del testamento multimiliardario della buonanima, ex padrone del Kenya. E di chiedere i danni causatigli dall’esclusione nella divisione dei beni.
Costantino Muscau
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Kenya: morto all’età di 95 anni l’ex presidente Daniel Arap Moi