Luciano Bertozzi
27 gennaio 2022
“Guantanamo Bay, 20 anni di ingiustizie e violenze”. Così Amnesty International intitola il comunicato per ricordare il “compleanno” del carcere, realizzato per ottenere informazioni a scapito dei diritti umani. Il luogo di detenzione è, infatti, uno dei frutti avvelenati della guerra globale al terrore.
“In tutto il mondo, Guantánamo rimane uno dei simboli più duraturi dell’ingiustizia, – afferma Human Right Watch – degli abusi e del disprezzo per lo stato di diritto che gli Stati Uniti hanno scatenato in risposta agli attacchi dell’11 settembre.”
L’ 11 gennaio del 2002 arrivarono, infatti, i primi due detenuti: il tunisino Ridah bin Saleh al Yazidi e lo yemenita Ali Hamza Ahmad Suliman al-Bahlul. “Trasferimenti segreti, interrogatori in regime di isolamento, alimentazione forzata durante gli scioperi della fame – afferma Amnesty – torture, sparizioni forzate, totale diniego del diritto a un giusto processo. Questo è quello che perpetuano da 20 anni le autorità degli Stati Uniti.”
Le organizzazioni internazionali e non governative hanno denunciato ripetutamente la drammatica situazione, accusando gli Stati Uniti di sevizie e di altri trattamenti inumani e degradanti in violazione del diritto internazionale. La risposta a tutti questi appelli? Il più assordante dei silenzi.
Durante questi due decenni sono transitati a Guantanamo 780 prigionieri e ne sono stati rilasciati oltre 700, provenienti da 59 Paesi e attualmente ne restano 39. L’estate scorsa è stato trasferito un detenuto marocchino, il quale avrebbe dovuto lasciare la prigione militare nel 2016, ma ha dovuto trascorrere un altro lustro dietro le sbarre, pur non essendoci accuse a suo carico.
Tutti i detenuti hanno trascorso nella famigerata prigione più di 12 anni, ma qualcuno è rimasto anche quasi venti anni.
I detenuti provengono per lo più da Paesi arabi ed africani (Yemen, Arabia Saudita, Algeria, Tunisia, Pakistan, Malaysia, Afghanistan, Libia, Kenya e Indonesia) e sono stati presi arrestati in dieci Paesi: Afghanistan, Egitto, Georgia, Gibuti, Iran, Kenya, Pakistan, Thailandia, Turchia ed Emirati Arabi Uniti.
Almeno 24 di loro, prima di arrivare a Guantanamo, sono stati sottoposti a sparizioni forzate e detenuti in luoghi segreti, per un periodo variabile, da uno a sei mesi o anche oltre, ad opera della CIA. E’ eclatante il caso di Abu Zubaydah (Zayn al Abidin Muhammad Husayn), un palestinese che si trova a Guantanamo da 19 anni, detenuto a tutt’oggi in base alla legge di guerra e ha trascorso oltre 1.600 giorni, cioè quasi 5 anni della sua prigionia in località segrete!
La sua storia, comprende una lunga lista di sevizie, è emblematica: prima di arrivare a Guantanamo è stato sottoposto a soffocamento con l’acqua, a nudità prolungata, costretto in posizione stressante, privato di sonno, e cibo, sottoposto ad attacchi psicologici, a reclusione in un box. Le autorità USA hanno dichiarato che il rilascio di questo carcerato avrebbe potuto creare un grave rischio per la sicurezza nazionale.
Anche lo yemenita Ramzi bin al Shibh è stato detenuto in “black site” per circa 1.300 giorni e per una durata di poco inferiore (oltre 1.200 giorni), il pakistano Khalid Shaikh Mohammad e il saudita Mustafa Ahmad al-Hawsawi, rischiano, inoltre, la pena di morte.
Ovviamente si tratta di condotte vietate dal diritto internazionale. L’elenco dei Paesi in cui si trovavano queste prigioni segrete è una notizia classificata. Amnesty ritiene tuttavia che questi luoghi di detenzione si trovino in Afghanistan, Polonia, Romania, Thailandia, Lituania e Marocco.
Il saudita Abd al-Rahim al-Nashiri, considerato la mente dell’attacco alla nave militare USA Cole e di altri attentati marittimi, è stato fatto prigioniero negli Emirati Arabi Uniti e poi detenuto in siti segreti della CIA in diversi Paesi per circa 1.400 giorni prima di essere trasferito a Guantanamo. Anche lui è stato sottoposto a waterbording.
Ma non tutti tacciono davanti a tali crimini. Il 24 luglio 2014, la Corte Europea dei Diritti Umani (CEDU) ha stabilito che la Polonia – secondo un articolo della BBC del 24 luglio 2014 – aveva violato la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, consentendo alla CIA di trattenere e torturare Zubaydah e Abd al-Rahim al Nashiri sul suo territorio nel 2002-2003. Il tribunale ha condannato il governo polacco a pagare a ciascuno degli uomini 100.000 euro di risarcimento.
Il 31 maggio 2018, la CEDU ha stabilito – secondo quanto riferisce la BBC il 31 maggio 2018 – che anche la Romania e la Lituania hanno violato i diritti di Abu Zubaydah e Abd al-Rahim al-Nashiri rispettivamente nel 2003-2005 e nel 2005-2006, e la Lituania e la Romania sono state condannate a pagare 100.000 euro di danni a ognuno.
L’inutilità del carcere, nella punizione dei colpevoli degli attentati dell’11 settembre è anche evidenziata dai dati: solo otto sono stati condannati dalle Commissioni militari, cui spettava il compito di processarli.
Dei 39 detenuti attuali – afferma Amnesty – 12 sono sotto la giurisdizione del tribunale di guerra delle Commissioni militari: tre sono sotto processo in attesa di verdetto, sette sono in fase processuale, mentre solo due sono stati condannati. Inoltre, 14 detenuti sono in uno stato di detenzione indefinita in base alla legge di guerra, non devono affrontare altri processi, né saranno
rilasciati. Tredici sono incarcerati per motivi di guerra, ma sono stati segnalati per il trasferimento con accordi di sicurezza in un altro Paese o con un Paese terzo.
Secondo The Dark Side di Jane Mayer, Michael Dunlavey, generale in pensione, nonché ex comandante operativo a Guantánamo, stimò che almeno la metà dei prigionieri sia stata trattenuta per errore. Uno studio della Seton Hall University Law School conclude che almeno il 55 per cento dei prigionieri detenuti a Guantanamo non ha mai compiuto atti ostili contro gli Stati Uniti e solo l’8 per cento ha avuto rapporti con al Qaeda.
Questo fallimento dal punto di vista dell’accertamento delle responsabilità degli attentati si accompagna a costi enormi. In base a quanto riportato dal New York Times, per mantenere Guantanamo contribuenti degli States pagano 540 milioni di dollari l’anno, circa 13 milioni per ogni detenuto. Tuttavia tali stime potrebbero essere inferiori, a causa della segretezza dei dati reali.
L’ex presidente Obama cercò di chiudere il carcere, ma senza successo, per le resistenze del Congresso. Urge mettere un punto finale definitivo a Guantanamo e portare i responsabili a processo in un tribunale.
Luciano Bertozzi
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