Africa ExPress
23 gennaio 2022
La rappresaglia della coalizione, guidata dall’Arabaia Saudita, che bombarda in continuazione le zone controllate dagli huthi in Yemen, è stata quasi immediata, dopo la rivendicazione dei ribelli dell’attacco missilistico con droni sul porto e aeroporto di Abu Dhabi.
Il consigliere presidenziale degli EAU, Anwar Gargas, ha giustificato la sanguinosa vendetta della coalizione araba con un’articolata serie di argomentazioni: “Gli Emirati hanno il diritto legale e morale di difendersi. Stiamo effettuando intensi raid aerei di precisione sulle città yemenite di Sadaa e Hodeidah, per distruggere le capacità militari dei ribelli”.
Come al solito, ne hanno fatto le spese deboli ed indifesi. Cadaveri e macerie a perdita d’occhio tra i civili, più di 85 morti e 280 feriti nei centri abitati, sono stati distrutti “tre importanti avamposti militari” degli huthi: un campo di calcio (carbonizzati tre bambini che giocavano nel campetto), una prigione (gestita dai ribelli dello yemeniti) e il palazzo di TeleYemen raso al suolo (la Telecom yemenita), colpendo così di nuovo la popolazione già ridotta allo stremo da 7 anni di guerra. Secondo UNICEF, dall’inizio dell’anno sono stati uccisi 17 minori.
Le immagini satellitari hanno rivelato anche scene raccapriccianti della struttura carceraria bombardata, e anche i filmati degli huthi hanno mostrato i soccorritori che scavano a mani nude per recuperare cadaveri maciullati e disposti poi in pile (più di 70 i corpi sepolti sotto le macerie). La coalizione araba ha negato qualsiasi responsabilità di questo raid aereo.
In una dichiarazione congiunta, ben otto agenzie umanitarie operanti in Yemen, hanno affermato che la prigione di Saada era utilizzata come centro di detenzione per migranti (la maggioranza delle vittime): “Siamo inorriditi dalla notizia che più di 70 persone, tra migranti, donne e bambini, sono stati massacrati nel palese disprezzo dei più elementari diritti umani”.
Da marzo 2015 sono quasi 380 mila le vittime della guerra in Yemen e il massacro continua, sotto gli occhi attenti (ma quasi indifferenti) del mondo intero, del tutto incapace di trovare soluzioni per la più grande crisi umanitaria del mondo. Attacchi militari diretti contro popolazioni e infrastrutture civili sono vietati dal diritto internazionale, ma questo, il principe degli Emirati Arabi Uniti, Mohamed bin Zayed Al Nahyan, ed il principe ereditario dell’Arabia Saudita, Mohammed Bin Salman, forse lo ignorano.
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