Africa ExPress
Il Cairo, 16 gennaio 2022
L’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump, il principe ereditario dell’ Arabia Saudita, Mohammed bin Salman (indicato spesso con le sole iniziali MBS) , e altre sette persone sono stati processati in contumacia da un tribunale yemenita huthi e condannati a morte.
Naturalmente gli imputati eccellenti erano irreperibili quindi il plotone di esecuzione ne ha giustiziati a colpi di mitra, nella pubblica piazza Tahir di Sanaa, solo alcuni. Tra loro anche un minore. I condannati sono stati ritenuti corresponsabili dell’omicidio di Saleh al-Sammad , principale leader civile del gruppo armato sciita che controlla ancora la maggior parte dello Yemen settentrionale.
Saleh al-Sammad era uno dei principali leader della personale blacklist di MBS che ha messo una taglia di 440 milioni di dollari sulla testa dei capi ‘ribelli’ vivi o morti. Saleh è stato ucciso a Hodeidah il 19 aprile 2018, durante un’attacco aereo della coalizione militare guidata dall’ Arabia Saudita (ne fanno parte Emirati Arabi Uniti, Bahrain, Kuwait, Egitto, Sudan e Giordania).
In realtà tra i soggetti ritenuti ostili dai ribelli Houthi (potenziali obiettivi) ora non ci sarebbero solo Emirati Arabi Uniti, Arabia e USA ma anche altri Paesi considerati ‘complici’ in quanto fornitori di armi alla coalizione guidata dai sauditi a (non essendo fornitrice di tecnologie militari a questi Paesi l’Italia per fortuna non dovrebbe essere a rischio).
La seconda condanna a morte per Trump arriva invece dall’Iran. Il presidente iraniano Ebrahim Raisi, parlando alla cerimonia di commemorazione del secondo anniversario della morte del generale Qassem Soleimani comandante delle Guardie Rivoluzionarie, ha affermato che l’Iran non ha rinunciato a vendicarsi e Trump dovrà affrontare il processo per questo omicidio oppure dovrà soffrire il “qisas”, termine islamico per indicare una ritorsione ‘naturale’, vale a dire: “occhio per occhio dente per dente”.
Qassem Soleimani il 3 gennaio 2020 in Iraq è stato ucciso da uno sciame di droni killer americani lanciati su ordine dall’allora presidente degli Stati Uniti, Donald Trump.
Del tutto casualmente sul sito ufficiale dell’ayatollah Alì Khamenei (Khamenei.ir) quasi contemporaneamente è circolato un videoclip in cui viene simulata l’uccisione dell’ex presidente USA ad opera d’un drone. Nel video si scorge il presidente Trump intento a giocare a golf mentre un piccolo killer volante varca le porte della sua villa in Florida. Il puntatore laser del quadricottero inquadra Trump con la mazza da golf in mano, pronto a lanciare il suo missile teleguidato in buca. Quasi a voler ricordare la legge del taglione in versione moderna: “Chi di drone ferisce di drone perisce”.
Ora, partendo dal presupposto (tutto iraniano s’intende) che l’attentato a Baghdad di Soleimani da parte degli Stati Uniti sia da considerare a tutti gli effetti un crimine di guerra, Teheran ha più volte chiesto all’Interpol l’emissione di “avvisi rossi” finalizzati all’arresto di Trump e di decine di altri funzionari statunitensi (ma la richiesta è caduta nel vuoto).
Contemporaneamente ha istituito una Commissione investigativa congiunta formata da Iran e Iraq, che si riunirà nuovamente a Baghdad a fine gennaio per fare il punto della situazione (droni Usa permettendo).
Di recente questo organismo paritetico Iran/Irak si è espresso in termini piuttosto critici: “Questo omicidio potrebbe essere considerato un esempio di reati contro umanità, perché l’attentato armato è stato compiuto attuato dagli Stati Uniti contro un gruppo di persone inermi che stavano svolgendo una missione civile.
Il generale Soleimani non era in Iraq in veste di generale e nemmeno in missione militare era andato in qualità di ambasciatore e portando un messaggio del governo iraniano indirizzato ai funzionari della controparte irachena per risolvere alcune controversie regionali.
“La Dichiarazione dei Diritti Universali e quella dei Diritti dell’Uomo fanno implicitamente riferimento al diritto alla vita che non può essere tolto arbitrariamente da nessuno – è il pensiero iraniano -. Non riusciamo a capire perché alcuni Paesi e alcune organizzazioni internazionali hanno reagito con indifferenza a questo atto criminale”.
“I terroristi che hanno commesso questo crimine – sostengono ancora gli ayatollah – vivono comodamente nei loro Paesi (alcuni anche europei). Ad eccezione di alcune singole nazioni che hanno condannato questo attentato. A tutt’oggi, purtroppo, l’Iran non ha ancora visto un chiara unanime condanna internazionale”.
“Date le terribili implicazioni che questo gesto terroristico può avere sulla pace e sicurezza internazionale – conclude il commento – l’Iran esorta il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite a ritenere Stati Uniti e Israele responsabili dell’assassinio del generale Soleimani”.
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