Antonio Mazzeo
Gennaio 2022
Il Marocco acquisterà in Israele batterie di missili terra-aria a medio raggio e droni armati per potenziare il proprio arsenale militare schierato contro la confinante Algeria e il Fronte Polisario nell’ex Sahara spagnolo.
Secondo il sito specializzato Israel Defense le autorità di Rabat avrebbero avviato un negoziato con IAI – Israel Aerospace Industries, la principale holding militare-industriale israeliana, per l’acquisizione del sistema missilistico “Barak 8” (fulmine in ebraico). A condurre la trattativa il direttore marketing di IAI per i paesi del Golfo, Sharon Bitton, già colonnello delle forze armate ed ex responsabile del Coordinamento delle attività di governo nei Territori occupati (COGAT).
Il sistema missilistico “Barak 8” è stato sviluppato dalle forze armate e dalle industrie belliche di Israele e India e viene utilizzato in ambito terrestre e navale. Alla sua progettazione e realizzazione oltre a IAI – Israel Aerospace Industries hanno concorso, tra gli altri, la società aerospaziale Rafael Advanced Defense Systems Ltd. di Haifa e il gruppo industriale Tata di Mumbai.
Con una velocità massima di Mach 2 (580 metri al secondo) e una capacità di carico sino a 60 kg, il sistema missilistico superficie-aria ha un raggio operativo di 70 km circa. “Il Barak 8 è in grado di neutralizzare minacce aeree come caccia nemici, missili, elicotteri e droni e può colpire multipli obiettivi simultaneamente, anche in condizioni meteorologiche avverse”, riferiscono i manager di IAI.
Nei mesi scorsi le forze armate marocchine avevano inaugurato la prima base interamente preposta alla “difesa aerea” a lungo raggio, nei pressi della città di Sidi Yahia el Gharb, nella regione settentrionale di Rabat-Sale-Kenitra. Nella base sono state installate quattro batterie di missili del sistema FD-2000B, acquistate in Cina nel 2017. Presumibile pertanto che il nuovo dispositivo bellico made in Israel possa essere destinato proprio all’installazione di Sidi Yahia el Gharb.
In aggiunta al “Barak 8”, il Marocco sarebbe intenzionato ad acquistare da IAI anche una partita di droni kamikaze (velivoli senza pilota armati di bombe ed esplosivi che si fanno esplodere al momento dell’impatto con l’obiettivo) del tipo “Harop”, con una spesa di 22 milioni di dollari. L’“Harop” è un aereo senza pilota di piccole dimensioni (è lungo 2,5 metri), ma può trasportare un carico di esplosivi di 20 kg e volare per sette ore consecutive sino a 1.000 kilometri di distanza. Il drone è stato impiegato dalle forze armate israeliane nei raid a Gaza, in Libano e Siria e dall’Azerbaijan nel recente conflitto in Nagorno-Karabakh.
Secondo i media israeliani, l’ok alla trattativa per missili e droni tra il Marocco e IAI sarebbe giunto durante la visita a Rabat del ministro della difesa israeliano Benny Gantz, il 23 e 24 novembre 2021. In quell’occasione è stato sottoscritto un accordo di cooperazione militare e di scambio di intelligence tra le due parti. Il Marocco, con Emirati Arabi Uniti, Bahrain e Sudan, aveva normalizzato le relazioni diplomatiche e commerciali con Israele nell’ambito dei cosiddetti Accordi di Abramo, promossi dall’amministrazione Trump alla vigilia della fine del suo mandato. Dopo l’accordo formale sottoscritto da Rabat e Tel Aviv il 10 dicembre 2020, gli Stati Uniti avevano anche riconosciuto la “sovranità” del Marocco sui territori dell’ex Sahara spagnolo illegalmente occupati nel 1973.
In occasione della missione ufficiale del ministro Benny Gantz sarebbe stata presa pure la decisione di realizzare in Marocco due stabilimenti per la produzione di droni da guerra, il primo in territorio nord-orientale, il secondo a sud. Ad ottobre i media internazionali avevano riportato la notizia che l’holding aerospaziale Israel Aerospace Industries, attraverso la propria controllata BlueBird Aero Systems, avrebbe fornito al Paese nordafricano il know how e le tecnologie necessarie alla realizzazione di micro e minidroni e di velivoli senza pilota auto esplodenti.
Il Marocco aveva già ricevuto in passato droni di produzione israeliana. Secondo il quotidiano Times of Israel, il 26 gennaio 2020 erano stati consegnati all’aeronautica marocchina quattro velivoli senza pilota MALE (Medium Altitude Long Endurance) “Heron TP” di produzione IAI, del costo complessivo di 48 milioni di dollari. L’“Heron” può svolgere un ampio ventaglio di missioni strategiche (sorveglianza, riconoscimento e intelligence, acquisizione di dati sugli obiettivi da colpire, ecc.), ma può essere facilmente convertito in drone d’attacco con il lancio di missili aria-superficie.
Nel 2017 l’aeronautica militare marocchina si era fornita di tre droni tattici “Hermes 900” prodotti da un’altra grande azienda aerospaziale israeliana, Elbit Systems Ltd.. Questi velivoli sarebbero attualmente schierati nelle basi aeree di Meknès e Dakhla, a disposizione delle unità d’intelligence. A fine novembre 2021 è trapelata da Tel Aviv la notizia della firma di un contratto tra le forze armate marocchine e la società israeliana Skylock Systems Ltd. per la fornitura del sistema d’individuazione e neutralizzazione anti-droni “Skylock Dome”. “Questo sistema è equipaggiato con dispositivi di monitoraggio ottico e termico e un radar che monitorizza e traccia tutte le attività sospette”, affermano i progettisti di Skylock Systems Ltd.
“Rabat aveva già acquistato sofisticati sistemi da ricognizione elettronica allestiti dalle industrie israeliane che sono in via di istallazione a bordo di cellule Gulfstream G550 modificati negli Stati Uniti per compiti ISR (intelligence, sorveglianza e riconoscimento) e SIGINT (spionaggio di segnali elettromagnetici, nda)”, annota il portale italiano Ares Difesa. “Più vicini alla firma tra Rabat e Tel Aviv sembrano essere pure i programmi d’acquisto dei nuovi radar di sorveglianza e scoperta nonché l’ammodernamento con avionica ed armamento israeliano dei caccia bombardieri leggeri Northrop F-5E, in servizio con la Forces Royales Air in circa 25 esemplari tra monoposto e biposto”.
Rilevanti e inquietanti pure le relazioni tra Rabat e Tel Aviv nel settore della sorveglianza e dello spionaggio militare. A luglio 2021 la Direzione Nazionale Cyber d’Israele ha annunciato che il suo responsabile, Yigal Unna (già capitano della 8200 Intelligence Unit, l’unità israeliana d’eccellenza di spionaggio militare), ha sottoscritto un accordo con le autorità marocchine per “consentire il trasferimento di saperi e tecnologie da parte delle aziende israeliane”. Il Marocco, insieme a Messico, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita è stato inoltre uno dei maggiori clienti della compagnia di cyber security and intelligence NSO Group Technology, con quartier generale a Herzliya, realizzatrice dello spyware Pegasus che consente di sorvegliare da remoto gli smartphone.
“La tecnologia sviluppata dalla compagnia israeliana è stata impiegata dal governo marocchino per spiare il giornalista Omar Radi, critico delle violazioni dei diritti umani in Marocco”, ha denunciato Amnesty International. “Il cellulare del professionista è stato sottoposto a numerosi attacchi con la nuova tecnica sofisticata Pegasus. Gli attacchi sono avvenuti nel periodo in cui Radi è stato ripetutamente molestato dalle autorità marocchine, è alcuni di essi pure qualche giorno dopo che NSO Group Technology aveva promesso che i suoi prodotti non sarebbero stati più utilizzati per abusi dei diritti umani. Essi sono invece continuati almeno per tutto il mese di gennaio 2020”.
Oltre a Omar Rady ci sarebbero stati altri sette giornalisti marocchini posti sotto “controllo” da Pagasus: Taoufik Bouachrine, Aboubakr Jamai, Hicham Mansouri, Soulaimane Raissouni, Ali Amar, Omar Brousky e Maria Mokrim. In un articolo pubblicato il 27 luglio 2021, Nigrizia ha evidenziato che le autorità governative del Marocco avrebbero utilizzato l’applicazione di NSO Group Technology per spiare pure due cittadini francesi, Claude Mangin e Philippe Bouyssou.
Mangin è la moglie del detenuto politico saharawi Naama Asfari, condannato a 30 anni di prigione per aver partecipato nel 2010 ad alcune proteste popolari scoppiate nell’accampamento di Gdeim Izik, nel Sahara Occidentale; Philippe Bouyssou è il sindaco di Ivry-sur-Seine, città che ha promosso progetti di solidarietà con il popolo saharawi. Secondo Radio France, anche i cellulari dell’avvocato francese Joseph Breham e del rappresentante del Fronte Polisario in Europa, Oubi Bachir Bouchraya, sarebbero stati “intercettati” dai servizi segreti marocchini.
Pure il settore tecnologico-scientifico dual use (civile-miliare) vede il fiorire di accordi di cooperazione tra le università marocchine e quelle israeliane. La Tel Aviv University ha attivato borse di studio e stage formativi a favore di studenti provenienti dal paese nordafricano. Inoltre, un paio di mesi fa, la Mohammed VI Polytechnic University di Rabat ha sottoscritto un memorandum di collaborazione con la Ben-Gurion University of the Negev (uno dei centri accademici israeliani più coinvolti nella ricerca di nuovi sistemi d’arma e nello sviluppo delle tecnologie nucleari) e con la Reichman University (IDC Herzliya), la maggiore istituzione universitaria privata in Israele, fondata nel 1994 da Uriel Reichman, già sottufficiale della Brigata Paracadutisti durante la guerra dei Sei giorni nel 1967 e dello Yom Kippur del 1973.
Per la cronaca la Mohammed VI Polytechnic University di Rabat è l’ente accademico con cui la Fondazione Med-Or di Leonardo S.p.A. ha sottoscritto recentemente un accordo di collaborazione che consente agli studenti marocchini di accedere alle borse di studio finanziate dal gruppo industriale italiano produttore di sistemi bellici presso la LUISS “Guido Carli” di Roma. A firmare l’intesa per Fondazione-Leonardo, il presidente Marco Minniti, ex parlamentare Pd e ministro dell’Interno della Repubblica italiana con il governo Gentiloni (dicembre 2016-giugno 2018).
Antonio Mazzeo
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