Antonio Mazzeo
Dicembre 2021
Dopo l’Egitto del dittatore Al-Sisi, la Fincantieri S.p.A., punta agli affari con le forze armate degli Emirati Arabi Uniti, impegnate con la coalizione a guida saudita nel sanguinoso conflitto in Yemen.
Il 15 dicembre ad Abu Dhabi i manager di Mubadala Investment Company (società interamente controllata dal regime emiratino) e il gruppo italiano leader della cantieristica hanno firmato un Memorandum of Understanding per avviare collaborazioni nel campo delle tecnologie avanzate e dei servizi nei settori navale, marittimo e industriale.
“I due gruppi lavoreranno attraverso società specializzate, da loro controllate, per portare avanti congiuntamente una serie di progetti in ambito di innovazione e in quello industriale”, riporta la nota dell’ufficio stampa di Fincantieri. “Inoltre saranno avviati studi per lo sviluppo di servizi per le piattaforme di trasformazione dei rifiuti rivolte a società di piccole e medie dimensioni. Mubadala, attraverso la sua controllata Sanad, offrirà anche servizi post vendita per i prodotti di Fincantieri, così come altri prodotti di aziende manifatturiere”.
Secondo Giuseppe Giordo (già membro del cda dell’industria aerospaziale e della difesa saudita SAMI e odierno direttore generale della Divisione Navi Militari di Fincantieri), l’accordo firmato con Mubadala “consentirà di rafforzare la presenza della cantieristica navale negli Emirati”.
Per Abdulla Abdul Aziz Al Shamsi, responsabile del settore innovazione di Mubadala, la partnership con Fincantieri potrebbe svolgere invece un ruolo importante “per soddisfare la futura domanda di energia” in ambito nazionale ed internazionale.
Creata nel gennaio 2017 a seguito della fusione della Mubadala Development Company e della International Petroleum Investment Company (società d’investimento nel settore energetico), Mubadala opera oggi in diversi settori economici, da quello petrolifero a quello turistico-immobiliare, all’industria pesante e manifatturiera, al settore aerospaziale e delle telecomunicazioni. Con uffici di rappresentanza negli Stati Uniti d’America, Regno Unito, Russia e Cina, Mubadala gestisce un portafoglio investimenti di 243 miliardi di dollari con società presenti in 50 paesi al mondo e utili annui di oltre 14 miliardi di dollari.
Amministratore delegato del gruppo è il noto imprenditore Khaldun Khalifa Aḥmad al-Mubarak, presidente della blasonata squadra calcistica del Manchester City. Presidente è lo sceicco Mohammed bin Zayed Al Nahyan (fratello dell’attuale sovrano degli Emirati Arabi, Khalifa bin Zayed Al Nahyan), pure ministro della difesa di Abu Dhabi e Capo di Stato maggiore dell’Aeronautica militare emiratina. La leadership dello sceicco in Mubadala rivela come uno degli assetti strategici della società sia rivolto in particolare alla ricerca, sviluppo e produzione di armi ed equipaggiamenti militari.
Mubadala Development Company controlla una parte rilevante del pacchetto azionario di EDGE Group, l’holding a capo del complesso militare-industriale emiratino, particolarmente attiva nel settore missilistico, della cyber defense, dei sistemi di guerra elettronica ed intelligence, della cantieristica navale, dei veicoli terrestri leggeri e pesanti e dei droni.
Con un fatturato annuo superiore ai 5 miliardi di dollari, EDGE è stata collocata dal SIPRI – il noto istituto di ricerca sui temi della pace di Stoccolma – al 22° posto nella classifica delle maggiori società produttrici di armi al mondo; inoltre ne è sempre più evidente la vocazione alle esportazioni in Africa e in Medio oriente. “I suoi clienti principali per volume di affari sono i governi di Egitto, Giordania e Libia – scrive l’International Institute for Strategic Studies di Londra -. Alcune delle esportazioni di armi effettuate dagli Emirati Arabi sono tuttavia sotto la luce dei riflettori; ad esempio, un rapporto di esperti delle Nazioni Unite ha rilevato la fornitura di armi all’Esercito nazionale libico del generale Khalifa Haftar, mentre sistemi d’arma emiratini sono finiti in altre aree di conflitto, come in Sudan, o nelle mani delle milizie yemenite”.
Gli interessi in ambito militare-industriale di Mubadala sono noti anche in Italia: nel 2015 il gruppo ottenne il controllo del 100 per cento del pacchetto azionario di Piaggio Aerospace; i fallimenti dei test di volo del drone killer P.1HH HammerHead nello scalo siciliano di Trapani-Birgi convinserò però il management emiratino a sganciarsi – tre anni più tardi – dalla storica industria italiana, con pesantissime conseguenze dal punto di vista occupazionale per le maestranze.
Il fallimento dell’operazione Mubadala-Piaggio non sembra invece preoccupare Fincantieri. “Siamo presenti sul mercato locale degli Emirati dal 2008 e abbiamo consegnato nel 2013 tre navi costruite nei cantieri italiani del Gruppo: una corvetta classe Abu Dhabi di 90 metri di lunghezza e due pattugliatori classe Falaj 2, tutte operanti all’interno della flotta della Marina EAU con piena soddisfazione del cliente”, dichiarano con eccessiva enfasi i manager del gruppo cantieristico. “Abbiamo inoltre creato la joint venture Etihad Ship Building per supportare la manutenzione e la piena operatività delle unità consegnate alla Marina degli Emirati”.
Derivata dalle unità della classe Comandanti in dotazione alla Marina militare italiana, la corvetta Abu Dhabi è stata consegnata alle forze armate degli Emirati nel febbraio 2011 a Muggiano (La Spezia). Sempre a Muggiano sono stati varati nel 2012 i pattugliatori del programma Falaj 2, assai simili alle unità Saettia in dotazione alla nostra Guardia costiera.
Di produzione italiana anche gli armamenti imbarcati nelle unità vendute agli emiri: si tratta dei cannoni 76/62 “Super Rapido” della Oto Melara, dei sistemi di comando e controllo di guida del tiro e dei radar 3D “Kronos” e “SIR-M”, tutti di Selex Es (oggi Leonardo-Finmeccanica).
Nell’estate del 2015, nell’ambito di un programma di collaborazione internazionale con gli Emirati Arabi Uniti, Fincantieri ha svolto presso la sede del proprio Centro per gli studi di tecnica navale Cetena di Genova alcuni corsi di formazione per gli studenti degli Istituti di Tecnologia e Ricerca dell’Università di Abu Dhabi. Oltre alle attività in laboratorio sono state realizzate anche visite al cantiere militare integrato di Riva Trigoso e Muggiano e agli stabilimenti Fincanteri di Monfalcone, Porto Marghera e Sestri e presso alcune strutture dell’Università di Genova.
In occasione dell’International Defence Exhibition & Conference (IDEX) 2019, la fiera internazionale dei sistemi d’armi di Abu Dhabi, i manager di Fincantieri e di ADSB – Abu Dhabi Shipbuilding (gruppo leader nella costruzione, riparazione e refitting di navi militari e mercantili), hanno annunciato un accordo di massima per “esplorare forme di collaborazione industriale e commerciale nel segmento della navalmeccanica degli Emirati Arabi Uniti” e “definire futuri programmi che coinvolgono l’Autorità per le Infrastrutture Critiche e la Protezione Costiera relativi alla costruzione di nuove unità, nonché per le attività di manutenzione della futura flotta della Marina Militare degli EAU”.
Un secondo Memorandum of Understanding è stato firmato il 25 febbraio 2020 da Fincantieri e Marakeb Technologies, azienda provider di soluzioni di automazione, in occasione della kermesse internazionale sui droni e i sistemi unmanned di Abu Dhabi. “Marakeb Technologies mira ad integrare ed espandere le sue capacità nel campo nell’integrazione di tecnologie senza pilota negli Emirati Arabi Uniti attraverso una partnership strategica con Fincantieri”, ha spiegato l’amministratore delegato della società emiratina, Basel Shuhaiber.
Fincantieri S.p.A. è pure uno dei maggiori sponsor dell’esposizione universale EXPO Dubai 2021 che ha preso il via l’1 ottobre e si concluderà il 31 marzo 2022. “La mia azienda ha creduto sin dall’inizio nell’EXPO e ha puntato sull’immagine della navigazione”, ha dichiarato in occasione del’inaugurazione del Padiglione Italia l’ambasciatore Giampiero Massolo, Presidente di Fincantieri dal 2016 ed ex direttore del DIS, il Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza della Presidenza del Consiglio a capo dei servizi segreti italiani. “Credo – ha aggiunto Massolo – che da parte emiratina vi sia un’apertura nei confronti delle aziende italiane, un’esigenza di fare del lavoro insieme, e credo che l’Italia possa essere un importante partner tecnologico degli Emirati”.
Memoria corta, anzi inesistente, quella dei massimi responsabili del gruppo della cantieristica a capitale pubblico. Lo scorso febbraio, prima di formalizzare le proprie dimissioni, il governo Conte II aveva revocato le autorizzazioni al trasferimento di missili e bombe d’aereo alle forze armate di Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, “rei” di utilizzarli contro le inermi popolazioni civili yemenite.
Nonostante il pressing a tutto campo delle aziende belliche e dei parlamentari di riferimento di quasi tutte le forze parlamentari, quell’atto amministrativo non è stato (ancora) cancellato dall’esecutivo Draghi. Ci sarà qualcuno adesso che chiederà ragione della febbre collaborativa di Fincantieri con i petro-emirati del Golfo?
Antonio Mazzeo
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