Cornelia I. Toelgyes
11 dicembre 2021
Ieri sera il capo di Stato del Burkina Faso, Roch Marc Christian Kaboré ha nominato il nuovo premier. Lassina Zerbo, geofisico e segretario esecutivo della Comprehensive Nuclear-Test-Ban Treaty Organization dal 2013. Uomo poco conosciuto nel suo Paese, molto di più a livello internazionale per il suo impegno nel disarmo nucleare. Ora Zerbo dovrà affrontare una sfida non semplice: la lotta contro i terroristi, una piaga che il governo precedente non è riuscito a contrastare.
Mercoledì scorso il primo ministro del Burkina Faso, Christophe Marie Joseph Dabiré ha rassegnato le proprie dimissioni, accettate senza battere ciglio dal presidente Kaboré. Secondo la Costituzione del Paese, la rinuncia alla poltrona di Dabiré ,comporta lo scioglimento di tutto il governo.
Dabiré, è stato in carica dal 2019, riconfermato all’inizio di quest’anno dopo la rielezione di Kaboré e molto contestato dopo il sanguinoso attacco terrorista del 14 novembre scorso. L’aggressione è avvenuta a Inata, nella provincia di Soum, nella zona delle frontiere (Burkina Faso, Mali, Niger) contro la gendarmeria burkinabé. I jihadisti hanno fatto una vera e propria carneficina. Fonti del governo hanno confermato la morte di 57 persone, tra questi 52 gendarmi.
Due settimane prima del massacro, i gendarmi di Inata avevano avvertito il quartier generale della loro situazione precaria, della mancanza di cibo, costretti al bracconaggio per nutrirsi.
L’attacco di Inata è stato perpetrato da miliziani affiliati al Gruppo di sostegno dell’Islam e dei musulmani, raggruppamento terrorista composto dall’unione di cinque sigle, fondato nel 2017 e guidato da Iyad Ag Ghali, vecchia figura indipendentista tuareg, nato come contrabbandiere di sigarette e di cocaina, fondatore e capo del gruppo Ansar Dine, che in italiano vuol dire più o meno “Ausiliari della religione” (islamica).
L’ira della popolazione contro l’incessante insicurezza si è scatenata contro un convoglio di militari francesi dell’Operazione Barkhane, composto da un centinaio di automezzi proveniente dalla Costa d’Avorio e diretto in Mali, via Burkina Faso e Niger. I militari e i loro mezzi sono stati bloccati per giorni a Kaya, regione Centro-Nord del Burkina Faso, i manifestanti, per lo più giovani, hanno protestato contro la presenza dei soldati di Parigi nel Sahel.
Una volta ripartiti, dopo l’intervento del ministro degli esteri di Ouagadougou, Alpha Barry, lo stesso convoglio, scorato da gendarmi, è stato bloccato nuovamente in Niger, nella regione di Tillaberi. Scontri con i manifestanti hanno causato la morte di due persone e il ferimento di altre 18. Il ministro degli Interni nigerino ha aperto un’inchiesta per determinare le cause della tragedia.
Dopo l’ultimo grave attentato in Burkina Faso, migliaia di persone sono scese nelle strade e nelle piazze di Ouagadougou per protestare contro l’insicurezza e la conseguente grave crisi umanitaria che dal 2015 travolge il nord e l’est della ex colonia francese. Gruppi armati jihadisti, affiliati a al-Qaeda o all’organizzazione dello stato islamico, che prendono di mira civili e soldati, sono sempre più frequenti.
Durante le proteste a Ouagadougou di fine novembre, i manifestanti hanno denunciato l’incapacità del governo di contrastare i continui attacchi terroristi; organizzazioni della società civile hanno chiesto le dimissioni immediate del capo dello Stato. Come spesso accade, per disperdere i manifestanti, le forze dell’ordine hanno fatto eccesivo uso della forza, ferendo una ventina di persone, tra loro un ragazzino di 10 anni e due giornalisti.
Visto il crescente malcontento della popolazione, a fine novembre Kaboré ha espresso la necessità di formare una squadra governativa più ristretta e coesa e di voler lanciare “operazione mani pulite” volta a occuparsi di tutti i dossier di corruzione ancora pendenti.
E proprio ieri i governi di Niger e Burkina Faso hanno annunciato trionfalmente di aver ucciso almeno 100 terroristi tra il 25 novembre e il 9 dicembre, grazie a un’operazione congiunta nella zona frontaliera tra i due Paesi.
In un comunicato dei portavoce di Stato maggiore di entrambe le nazioni, è stato spiegato che durante l’operazione sono morti 4 militari burkinabè e 13 militari dei due Paesi sono stati feriti. Le due forze armate hanno dispiegato diverse unità terrestri, oltre a mezzi aerei di sorveglianza e di combattimento in appoggio alle truppe.
Cornelia I. Toelgyes
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