Cornelia I. Toelgyes
10 dicembre 2021.
Durante una conferenza stampa, tenutasi a New York una settimana fa, il segretario generale dell’ONU, Antonio Guterres, ha manifestato disappunto per la chiusura delle frontiere, misura precauzionale messa in atto da molti governi per arginare la trasmissione di omicron, la nuova variante del temibile virus. “L’unico modo per ridurre il rischio di trasmissione pur consentendo i viaggi sono ripetuti test sui viaggiatori, insieme ad altre misure appropriate e veramente efficaci”
.
Secondo Guterres, le nuove restrizioni messe in atto da molti governi per arginare la nuova variante omicron sono inefficaci, oltre a essere ingiuste e punitive.
Anche il presidente della Commissione dell’Unione Africana, Moussa Faki Mahamat, ritiene che le restrizioni dei viaggi siano assolutamente ingiustificate.
Guterres è d’accordo con gli scienziati, bisogna insistere sulle vaccinazioni. Tutti devono avere la possibilità di immunizzarsi. Il virus si evolve rapidamente proprio perchè a livello mondiale la percentuale delle persone vaccinate è ancora bassa, tutti devono avere accesso alla prevenzione contro il covid. Un monito del capo dell’ONU, espresso già più volte in passato.
Omicron si è manifestato a novembre in Sudafrica, nella provincia di Gauten, dove si trovano la capitale amministrativa Pretoria e quella economica, Johannesburg.
Mercoledì scorso sono stati registrati ben 20 mila nuovi casi di covid-19 in Sudafrica e, in base al rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, dalla scorsa settimana i contagi sono più che raddoppiati.
Tra il 14 novembre e l’8 dicembre sono stati ricoverati 1.633 pazienti affetti da coronavirus negli ospedali dell’area metropolitana di Pretoria, dove è stato segnalato il primo caso di omicron. Il 31 per cento dei malati sono in terapia intensiva, mentre durante la prima ondata di covid sono stati più del doppio, 67 per cento, mentre all’inizio della seconda il 66. Le morti accertate dall’inizio della scoperta della nuova variante sono “solamente “ 22.
Nell’ultimo rapporto pubblicato da National Institute for Communicable Diseases (NICD) non è stato ancora precisato se i pazienti in gravi condizioni siano stati vaccinati o meno.
Dai primi accertamenti sembra che omicron sia più trasmissibile delle precedenti varianti, con sintomi meno gravi e dunque i livelli di ospedalizzazione sono inferiori, soprattutto nei pazienti vaccinati. Gli scienziati di NICD hanno sottolineato che lo studio sulla nuova variante sta andando avanti, ma necessita ancora di peer-review (nell’ambito scientifico, è la procedura di valutazione e di selezione degli articoli o dei progetti di ricerca effettuati da specialisti del settore per verificarne l’idoneità alla pubblicazione) e i casi più gravi potrebbero presentarsi solo nel pieno della quarta ondata.
Le nuove ripercussioni economiche sono devastanti per il Sudafrica. Ora il presidente, Cyril Ramaphosa è ancora indeciso se introdurre un nuovo look-down ridotto, eventuali provvedimenti saranno presi dopo la prossima riunione con il comitato scientifico sudafricano. E qualche giorno fa il capo di Stato ha lanciato un nuovo appello alla popolazione: “Il Sudafrica ha ora forniture sufficienti di vaccini, la vaccinazione è essenziale per la nostra ripresa economica”.
Gran parte dei Paesi del continente africano sono a corto di vaccini; solamente il 7,5 percento della popolazione ha completato il piano vaccinale. Ma in Nigeria sono state perse quasi un milione di dosi e, secondo una fonte interpellata da Reuters, sarebbero arrivate a quattro-sei settimane dalla scadenza e non sarebbe stato possibile procedere tempestivamente alle somministrazioni, nonostante gli sforzi delle autorità sanitarie nigeriane.
Eppure nello Stato più popoloso del continente, solamente al 4 per cento degli adulti sono stati sottoposti a un ciclo vaccinale completo.
Il gigante dell’Africa ha ricevuto quasi un milione dosi di AstraZeneca, provenienti dall’Europa e fornite tramite COVAX (ente creato e guidata dalla Global Alliance for Vaccines and Immunization (GAVI), l’OMS, la Coalition for Epidemic Preparedness Innovation (CEPI), il programma fa parte del progetto Access to COVID-19 Tools Accelerator, iniziativa avviata nell’aprile 2020 dall’OMS, dalla Commissione europea e dal governo francese in risposta alla pandemia).
A livello mondiale rappresenta la più grande partita andata persa. La breve durata di conservazione dei vaccini donati non aiuta le nazioni africane, che spesso hanno un sistema sanitario fragile e vulnerabile. Il personale sanitario è insufficiente, altrettanto i mezzi per conservare i vaccini – frigoriferi e generatori, in quanto manca spesso la corrente elettrica – e non va assolutamente sottovalutato il problema del trasporto nelle zone remote e difficilmente accessibili.
Il mese scorso, alcuni Paesi, tra questi Sud Sudan e Repubblica Democratica del Congo (entrambi a corto di vaccini) hanno dovuto rimandare al mittente migliaia di dosi, perché non sono riusciti a distribuirli in tempo. E tutto ciò non aiuta a debellare il virus, anzi aumenta le disuguaglianze, l’apartheid dei vaccini.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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