Cornelia I. Toelgyes
14 novembre 2021
Già all’alba di ieri i paramilitari di Rapid Support Forces (RSF), il cui capo è il vicepresidente del Sudan, Mohammed Hamdan Dagalo, e le forze di sicurezza hanno occupato in massa i punti strategici, bloccando i ponti che collegano Khartoum con Omdurman, città gemella di Khartoum, situata sulla sponda occidentale del Nilo e tutte le strade principali per impedire gli spostamenti dei manifestanti da un quartiere all’altro.
I sudanesi non si sono lasciati intimorire nemmeno questa volta, in migliaia sono scesi nuovamente nelle strade in tutto il Paese, per contestare il colpo di Stato militare del 25 settembre, capeggiato da al-Bourhane, che due giorni fa ha nominato il nuovo Consiglio sovrano.
Gli uomini del vicepresidente e i militari non hanno esitato a usare gas lacrimogeno e a sparare contro la folla che manifestava pacificamente per chiedere il ritorno del governo civile, guidato dal primo ministro Abdallah Hamdok, a tutt’oggi agli arresti domiciliari.
Il bilancio provvisorio delle proteste odierne è di 5 morti e 19 feriti. A poco è servito l’appello lanciato da Michelle Bachelet, Alto Commissario dell’Ufficio delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, ai militari sudanesi, chiedendo di usare moderazione nei confronti dei manifestanti.
Durante le recenti dimostrazioni contro il golpe sono già morte 19 persone, oltre 300 i feriti, senza contare gli arresti arbitrari e le sparizioni forzate.
Hamdok, alcuni ministri e diversi alti funzionari sono stati arrestati. L’ondata dei fermi è ancora in atto, pare siano oltre cento, tra politici, attivisti e manifestanti finiti dietro dietro le sbarre. Giovedì mattina le forze di polizia si sono presentate anche a casa di Mohamed Nagi Alassam, medico, attivista pro-democrazia e ex portavoce di Sudanese Professionals Association. Qualche giorno fa aveva espresso il proprio disappunto sulla presa di potere dei militari.
Secondo quanto riferito da Comitato centrale dei medici sudanesi, i feriti hanno avuto difficoltà a raggiungere gli ospedali, perchè molte strade sono state bloccate. In serata hanno lanciato anche un appello alla popolazione di donare il sangue per le vittime.
Con il colpo di Stato del 25 ottobre, il generale ha imposto lo stato di emergenza su tutto il territorio nazionale e ha sciolto il governo di transizione e lo stesso Consiglio.
Il generale golpista Al-Bourhane ha nominato giovedì il nuovo Consiglio sovrano, ovviamente presieduto da lui stesso. Il suo vice è Dagalo, meglio noto come Hemetti, un ex leader dei tagliagole janjaweed. Forces of Freedom and Change (FFC) sono stati esclusi. Avevano guidato le manifestazioni contro il vecchio dittatore Omar al-Bashir, poi spodestato proprio da al-Bourhane nell’aprile 2019. FFC hanno espresso il loro sostegno a Hamdok e si sono rifiutati categoricamente di trattare con i militari golpisti.
Il nuovo Consiglio sovrano sarà composto da 14 membri; 13 sono già stati nominati, il quattordicesimo dovrebbe rappresentare l’est del Paese, dove recentemente simpatizzanti e aderenti al gruppo politico Beja Congress (fiancheggiatore dei militari) hanno bloccato i porti del Mar Rosso e le strade verso Khartoum.
Tra i tredici nominati, tre membri militari del precedente Consiglio sovrano sono stati mantenuti nel nuovo organo. Mentre tra i “new entry” c’è l’uomo d’affari Abou Al-Qassem Bortoum, in favore alla normalizzazione dei rapporti con Israele. Bortoum è stato deputato ai tempi di al-Bashir, mentre oggi gestisce compagnie di trasporto e agricole.
Sono stati inoltre nominati quattro nuovi membri in rappresentanza delle regioni del Sudan, altri tre sono leader di ex gruppi ribelli, firmatari dell’accordo di pace di Juba con il governo.
Cornelia I. Toelgyes
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