Costantino Muscau
12 novembre 2021
Dall’Asia all’Europa. Dall’Anatolia alla Tracia. Di corsa per km 42,195. Partendo dal “Ponte delle vittime del 15 luglio”, quel Ponte che unisce due continenti, due mondi, e che lo sport congiunge. Attraversando il Bosforo e il Corno d’Oro, sfiorando la maestosa Moschea Blu e la celebratissima Santa Sofia.
La maratona di Istanbul si svolge in uno dei più suggestivi luoghi del mondo. Da 42 anni è l’unica maratona intercontinentale. Sfortunatamente per lei quando si è corsa la 43° edizione, domenica mattina il 7 novembre scorso, gli occhi del mondo erano in attesa di quella di New York dispiegatasi su altri ponti.
Cambiano i luoghi, i paesaggi, la storia e la geografia, ma il risultato non differisce di molto.
Se la Grande Mela era stata divorata dai keniani Alberto Korir (per gli uomini) e Peres Jepchirchir (per le donne), la città globale fondata da Costantino imperatore è stata letteralmente preda di Uganda e Kenya.
L’ordine d’arrivo è di una evidenza solare: il sultano, o il patriarca, o l’imperatore (come vogliamo definire il ventiduenne vincitore alla sua prima maratona?) è l’ugandese Viktor Kiplangat, giunto al traguardo nella piazza Sultanahmet in 2:10:18 e premiato con 35 mila dollari. Certo molto di più della somma che nel 2017 guadagnò, in Italia, alla Corrida di San Geminiano (circa 13 km): 160 euro per il sesto posto.
Lo stesso anno, però, il giovanissimo Victor (appena diciasettenne), si laureò campione del mondo di corsa in montagna. Era tesserato per la società italiana Quercia Rovereto e viveva e si allenava al Tuscany Camp, nel Senese. Victor, infatti, era parte del Progetto Uganda Camp – che – recita il sito – nasce da un’esperienza del tecnico Giuseppe Giambrone in Uganda orientale, nel training camp di Bukwo e sostiene finanziariamente e tecnicamente i giovani di talento. E’ un progetto di sviluppo per lo sport e il sociale.
Alle spalle di Kiplangat, a Istanbul, si sono piazzati due corridori esperti e dati per favoriti: il keniano Robert Kipkemboi, 33 anni, (nel 2015 vinse la maratona di sant’Antonio a Padova); terzo Munyo Solomon Mutai, 29, originario pure lui di di Bukwo, ottavo alle Olimpiadi di Rio nel 2016 e bronzo ai mondiali di Pechino nel 2015. A seguire ben 6 keniani e 4 etiopi. Il primo runner di un altro…continente è un turco, al 14° posto! Nel 2020, vittorioso era stato – manco a dirlo – un altro nero-rosso-verde: Bernard Sagan, oggi 40enne, quest’anno classificatosi quinto.
E nella competizione femminile? Uguale. Trionfò Diana Chemtai Kipyokei, 27 anni. Kenya.
Come è successo quest’anno. La classifica delle donne è, infatti, ancor più strabiliante.
Prima e seconda sono due sorelle del Kenya, nelle persone di Sheila Jerotich, 32 anni, ( tempo 2:24:15 e 35 mila euro di premio pure per lei) e Jackline Chepngeno, 28 anni; terza un’etiope, Ayantu Abdi, 29; quindi 10 keniane e altre tre atlete etiopi. La prima turca appare lontano, relegata nella diciottesima posizione…
L’idea di correre dall’Asia verso l’Europa risale al 1973 grazie al quotidiano Tercuman, ma si è realizzata solo nel 1979 su spinta di un gruppo di turisti tedeschi.
Lo scorso anno la gara venne disputata a ranghi ridotti, a causa della pandemia. Quest’anno, compresi gli eventi su distanze più brevi, il numero di partecipanti è stato sui 20 mila, con 101 nella categoria élite. Questi dati, comunque, rendono la N Kolay Istanbul Marathon (questa la denominazione completa) una delle più grandi gare mondiali dall’inizio dell’ondata di Covid-19. Purtroppo – come detto – oscurata dalla maratona di New York.
Il via è estato dato dal sindaco di Istanbul, Ekrem Imamoglu, alla presenza del capo del partito di opposizione, Kemal Kilicdaroglu (Partito polare repubblicano). Questo perché la città sul Bosforo è una delle poche località non in mano al gruppo di potere del presidente Erdogan.
La gara più avvincente è stata quella femminile dove si è assistito a uno scontro fratricida: Jackline Chepngeno si è arresa alla sorella Sheila Jerotich solo negli ultimi 200 metri e ha tagliato il traguardo con appena 6 secondi di ritardo. Notevole, comunque, la performance di Jackline, se si pensa che dal 2010 al 2015 non ha potuto gareggiare per seri infortuni alle gambe. Candidamente, Jackline, a fine corsa, ha confessato: “Abbiamo cognomi diversi perché siamo entrambe sposate. Non ci sono rimasta male se ho perso. Mio obiettivo era salire sul podio e ci sono riuscita. In realtà quando mi sono accorta che era mia sorella a sfidarmi, ho desistito. Ci alleniamo assieme, siamo anche amiche oltre che sorelle”.
Costantino Muscau
muskost@gmail.com
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