Costantino Muscau
8 novembre 2021
Il Kenya ha divorato di nuovo la Grande Mela. Solo che stavolta il “frutto” ha un sapore speciale. I runners keniani hanno fatto un solo boccone della maratona più celebre e importante: quella di New York.
Fra gli uomini ha trionfato, con tanto di salto sul traguardo, il non favorito Albert Korir, 27 anni, in 2h 08’22”. Un salto non solo di gioia per la vittoria, ma – facile crederlo – anche per i 100 mila dollari di premio. Stessa cifra incassata dalla dominatrice femminile sui 42,195 km (in 2h 22’39”), la cespugliosa e favoritissima Peres Jepchirchir, 28 anni, che ha preceduto la compatriota Viola Cheptoo Lagat, 32 anni.
E’ la settima vittoria dal 2009 per gli atleti targati Nairobi e l’ottava per le donne. Quindi ci sarebbe poco da stupirsi dell’ennesima doppietta. Eppure, stavolta, la duplice affermazione di domenica 7 novembre celebrata al Central Park, ha avuto un gusto diverso: sia perché la corsa tornava sul proscenio mondiale dopo la sosta da pandemia nel 2020 sia perchè festeggiava i suoi (primi) 50 anni. E, ciliegina sulla torta, la sconfitta dell’attesissimo, leggendario etiope Kenenisa Bekele, 39 anni, ad opera di un outdsider, Albert Korir, appunto, affettuosamente ribattezzato “Baba Alan”.
Korir, intendiamoci, non è l’ultimo arrivato nelle corse di lunga distanza. Non gode degli strabilianti tempi dei suoi più celebrati rivali, ma nel 2019 qui a New York era giunto secondo dietro il connazionale Geoffrey Kamworor. 28 anni, e primo a Ottawa, (Canada), dove aveva segnato il suo record personale in 2h 08’03”, e a Houston.
A rendere più avvincente il rilancio della maratona maschile, domenica, ci hanno pensato il marocchino Mohammed Reda El Aarbay, 31 anni, e l’italiano Eyob Gebrehiwet Faniel, 28, di origini eritree. Andati in fuga subito, sono stati in testa per oltre 20 chilometri. Poi è spuntato Baba Alan con il conterraneo Kibiwotte Kandie, 25 anni: hanno recuperato il distacco dai primi due e, infine, Korir si è involato “con il suo incedere – ha scritto il sito specializzato Runner’s world – leggermente ricurvo, un ginocchio sollevato e le gambe non perfettamente allineate”. Insomma, non proprio un esempio di stile.
Lo hanno seguito distanziati, il marocchino, il primo del suo Paese a finire sul podio dal 2009, e l’italo-eritreo, distrutto, ma felice. Faniel, italiano dal 2015 dopo 11 anni di residenza nel nostro Paese, ci ha ridato una medaglia che mancava dal 1997. Era arrivato da noi nel 2004 con la famiglia, originaria di Asmara, per ricongiungersi con il papà che lavorava a Bassano del Grappa dal 1998. Prima di dedicarsi completamente all’atletica con le Fiamme Oro di Padova, Faniel ha lavorato come manutentore di piscine. La maratona di domenica l’ha corsa anche in memoria di Agnes Tirop, l’atleta kenyana uccisa il 13 ottobre scorso a Mombasa (è stato arrestato il marito per il femminicidio).
Praticamente senza storia, invece, la gara delle donne: era destinata a trionfare Peres Jepchrchir, già campionessa olimpica a Tokio in agosto, e così è stato. Nata a Turbo Village, nella Rift Valley, lungo la strada Eldoret – Malaba, che porta in Uganda, era rimasta orfana a 2 anni. Il nome del paese natale e l’area d’origine ne hanno fatto una predestinata: a correre.
Grazie anche alla spinta di un fratello, quella che era una passione infantile (e una necessità, per andare a scuola) è diventata per lei una professione e di successo, nel 2013 dopo essere stata scoperta dall’italiano Gianni Demadonna.
Campionessa mondiale della mezza maratona nel 2016, detentrice del record mondiale della stessa distanza nel 2017, medaglia d’oro a Tokio e ora New York. Sposata, è molto religiosa e ama cantare gli inni sacri.
Domenica al Central Park, le ha cantate, se così si può dire, alla sua conterranea Viola Cheptoo Lagat, sorella di Bernard, pluricampione olimpionico, che ha seguito Viola come commentatore del canale televisivo WABC-TV/ABC7TV. Viola, a sua volta, però, è solita alzare la voce contro le violenze di genere. E’ stata lei a guidare la campagna in difesa delle donne abusate dando vita alla fondazione Tirop’s Angels, dopo l’assassinio della sua amica e collega Agnes Tirop.
“E’ a lei che dedico il mio secondo posto alla maratona di New York – ha dichiarato Viola –. Nel giro di uno o due anni anche lei sarebbe stata qui”.
Costantino Muscau
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