Khartoum, 7 novembre 2021
Le forze di sicurezza sudanesi hanno arrestato decine di manifestanti e sparato gas lacrimogeni in diversi raduni per protestare contro il colpo di Stato dei militari. Imponenti manifestazioni si sono svolte in diverse città del Sudan nel primo dei due giorni disobbedienza civile proclamati assieme a una campagna di scioperi.
Oggi a Khartoum centinaia di manifestanti sono sfilati per la strade del centro. Stessa cosa nella sua città gemella Omdurman e poi nella città meridionale di Wad Madani e in quella settentrionale di Atbara.
L’esercito sudanese, guidato dal generale Abdel Fattah al-Burhan, ha preso il potere il 25 ottobre scorso, ha sciolto l’amministrazione di transizione e arrestato decine di funzionari governativi e politici.
La comunità internazionale sta tentando di mediare tra le parti che cercare via d’uscita dalla crisi, che minaccia di destabilizzare ulteriormente la regione del Corno d’Africa, già in difficoltà.
Le proteste a favore del governo civile e della democrazia sono cominciate subito dopo il 25 ottobre, i militari non hanno esitato a reprimerle nel sangue. Almeno 14 manifestanti sono stati uccisi e circa 300 feriti, secondo il Comitato centrale indipendente dei medici sudanesi.
Il sindacato degli insegnanti ha raccontato oggi che le forze di sicurezza hanno usato gas lacrimogeni nell’edificio del ministero dell’istruzione dello stato di Khartoum per interrompere un sit-in inscenato per opporsi a qualsiasi passaggio di consegne ai nuovi funzionari militari scelti dai golpisti. Ha aggiunto che sono state arrestate 87 persone.
“Avevamo organizzato fuori dal ministero un sit-in silenzioso contro le decisioni di al-Burhan – ha spiegato Mohamed al-Amin, un insegnante di geografia, all’agenzia di stampa France Presse -. Dopo un po’ è arrivata la polizia ha lanciato contro di noi gas lacrimogeni, anche se eravamo semplicemente in piedi in strada e portavamo striscioni”, ha detto.
Per disperdere i dimostranti gas lacrimogeni sono stati usati dalle forze dell’ordine anche nel quartiere Burri di Khartoum e dall’altra parte del Nilo, nella zona di Ombada a Omdurman. In un post su Facebook il sindacato degli insegnanti ha scritto: “Ci rifiutiamo di far tornare al potere i resti marci del vecchio regime”. Il riferimento è al dittatore Omar al-Bashir cacciato dalle proteste di piazza poco più di due anni fa.
Le manifestazioni di oggi sono seguite agli appelli alla disobbedienza civile fatti dall’Associazione dei professionisti sudanesi (SPA), un ombrello di sindacati che sono stati determinanti nelle proteste del 2018-2019 nel rovesciare la dittatura nell’aprile 2019. In un lungo SMS (internet è interrotto) lanciato nel pomeriggio l’Associazione ha denunciato: “Il popolo sudanese ha respinto il colpo di stato militare. Vi giuriamo che non accetteremo nessun negoziato”, il messaggio ha poi esortato i manifestanti ad evitare il confronto con le forze di sicurezza.
La gente ha cominciato ad ammassare mattoni e grandi lastre per bloccare per le strade sia di Khartoum, sia delle città vicine già sabato sera. Stamattina nella capitale – ha raccontato lo strider di Africa Express – alcuni negozi erano ancora aperti, ma altri erano chiusi. Stessa cosa a Omdurman e Khartoum Nord. Negli ospedali il personale era ridotto a causa degli scioperi. “I manifestanti sostengono che le loro barricate sono diventate un simbolo della loro resistenza alla presa di potere militare”, ha spiegato.
I militari hanno dichiarato lo stato di emergenza e gettato in galere gran parte della leadership civile del Paese. Il primo ministro Abdalla Hamdok è stato brevemente detenuto, ma in seguito è stato posto agli arresti domiciliari. Stessa sorte, giovedì, per quattro membri del dissolto governo, ma altre figure chiave rimangono in detenzione. Lo stesso giorno, le forze di sicurezza hanno arrestato altri leader civili vicino a un edificio delle Nazioni Unite a Khartoum. Erano appena usciti da una riunione con il rappresentante speciale delle Nazioni Unite in Sudan Volker Perthes.
Venerdì il diplomatico dell’ONU ha rilasciato una dura dichiarazione:”Chiediamo alla leadership militare di cessare l’arresto di politici e attivisti e di smettere di commettere violazioni dei diritti umani”. Ma mentre Al-Burhan insiste che in suo “non è stato un colpo di stato” ma una mossa per “rettificare il corso della transizione” i manifestanti continuano a ripetere che vogliono vedere l’esercito tornare nelle sue caserme e non avere alcun ruolo nel Paese e nella sua politica. Inoltre poiché si sentono traditi dai miliari pretendono la completa dissoluzione dell’accordo di condivisione del potere che era stato firmato nel 2019 tra l’esercito e i leader civili.
Africa ExPress
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