AFRICA

Sudan in piazza contro i militari: la polizia spara, morti e feriti

Africa ExPress
26 ottobre 2021

Malgrado lo stato d’emergenza dichiarato ieri dal generale Abdel Fattah al-Burhan, capo delle forze armate e presidente del Consiglio sovrano, l’interruzione delle comunicazioni, internet, compreso i social network, moltissimi sudanesi non ci hanno pensato due volte e sono scesi nelle strade, nelle piazze, con la speranza di poter inseguire quel poco di democrazia conquistata dopo la caduta del vecchio despota Omar al-Bahir, al potere dal 1989 fino all’aprile 2019. Ieri il bilancio è stato davvero pesante. Durante gli scontri tra manifestanti e polizia sono morte 7 persone, altre 140 sono state ferite.

La popolazione vuole dimostrare il proprio malcontento, si oppone con forza al potere dei militari, che ieri all’alba hanno arrestato il primo ministro Abdallah Hamdok, alcuni altri membri del suo gabinetto e alti funzionari.

Manifestanti a Khartoum

I manifestanti hanno cercato di raggiungere il centro di Khartoum, dove hanno eretto barricate e incendiato pneumatici. Militari e agenti di polizia, pesantemente armati, hanno sparato gas lacrimogeni per disperdere la folla.

I giovani non si lasciano intimidire. Anche durante la notte, malgrado il coprifuoco, molti sudanesi hanno eretto barricate negli isolati vicino alle loro abitazioni, non curanti dei numerosi arresti di militanti pro democrazia.

Per la gente il destino del Paese si gioca qui, nelle strade e nelle piazze. L’oppressione continua anche oggi da parte dei militari, si evince dai video che alcuni attivisti sono riusciti a postare sui social network malgrado l’interruzione di internet. Manifestazioni proseguono anche in altre città: Port Sudan, Atbara, Dongola, El Obeid.

Poche ore fa il generale Abdel Fattah al-Burhan ha parlato a lungo alla popolazione tramite l’emittente di Stato. Ha tra l’altro precisato che Hamdok è suo ospite per la sua propria incolumità.

Abdel Fattah al-Burhan, presidente del Consiglio sovrano e capo delle forze armate sudanesi

Nel suo discorso alla nazione ha giustificato la presa del potere dei militari, in quanto la situazione avrebbe potuto degenerare in una guerra civile e ha accusato i politici di continui incitamenti contro i militari. Ha criticato il governo di Hamdok di inefficienza, e molti politici sarebbero più interessati a mantenere la propria poltrona piuttosto che lavorare per il progresso del Paese.

Ha poi aggiunto che nei prossimi giorni sarà nominato un nuovo Consiglio sovrano, con componenti da ogni stato del Sudan: a seguire sarà formato un nuovo governo, saranno presenti ministri di ogni regione del Paese, sarà rinnovata anche la Corte Costituzionale e infine ha promesso la formazione dell’Assemblea nazionale, un punto mai realizzato, eppure era compreso nell’accordo siglato tra militari e Alliance Forces Freedom and Change (FFC) – la coalizione civile, che comprende Sudanese Professional Association e partiti all’opposizione – nel 2019. Ovviamente anche questa mancanza, secondo al-Burhan, è solamente colpa del governo civile.

La comunità internazionale ha condannato il golpe di ieri. Gli Stati Uniti hanno congelato gli aiuti al governo di Khartoum 700 milioni di dollari e hanno chiesto la liberazione immediata dei leader civili e di ripristinare il governo di transizione.

Anche IGAD (Autorità intergovernativa per lo sviluppo, un’organizzazione internazionale politico-commerciale formata dai Paesi del Corno d’Africa), presieduta appunto da Hamdok, ha preso posizione. Workneh Gebeyehu, segretario esecutivo dell’Organizzazione che ha sede a Gibuti, preoccupato della situazione in Sudan, ha fermamente condannato il golpe, reclamando altresì l’immediata liberazione del primo ministro sudanese.

Mariam al-Sadiq, ministro degli Esteri sudanese ha inviato un messaggio ai suoi omologhi del mondo intero, chiedendo di condannare il putsch militare nel suo Paese. E in molti hanno risposto. In particolare gli inviati di Francia, Belgio e Svizzera hanno dichiarato le loro missioni come “Ambasciate del popolo sudanese e della loro rivoluzione” .

Africa ExPress ha contattato la diaspora sudanese a Parigi. Mekki Ali Alderderi, presidente e fondatore di Centre culturel soudanais pour toute la France, “Si tratta di un colpo di Stato ingiustificato, contro la volontà del popolo. In questi due anni abbiamo interagito con FFC, dato suggerimenti. Ora chiediamo alla comunità internazionale di appoggiare la rivoluzione del nostro popolo e invitiamo i sudanesi a proseguire le proteste pacifiche in tutto il Paese. Riusciremo nel nostro intento, siamo uniti e costruiremo uno governo civile”.

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Cornelia Toelgyes

Giornalista, vicedirettore di Africa Express, ha vissuti in diversi Paesi africani tra cui Nigeria, Angola, Etiopia, Kenya. Cresciuta in Svizzera, parla correntemente oltre all'italiano, inglese, francese e tedesco.

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