Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
21 ottobre 2021
Dalle prime ore di questa mattina migliaia e migliaia di sudanesi stanno manifestando in tutto il Paese per sostenere il governo di transizione capeggiato da Abdallah Hamdok.
Oggi la gente protesta contro, Abdel Fattah al-Burhan, capo del Consiglio sovrano, che da giorni chiede al primo ministro Hamdok di formare un nuovo governo. Ma Hamdok si è opposto nettamente a tale pretesa. Ha ricordato al Consiglio sovrano di essere stato scelto e designato dall’ Alleanza Freedom and Change per traghettare il cambiamento verso la democrazia e libere elezioni.
La data della manifestazione odierna non è stata scelta a caso. I sudanesi sono scesi in massa nelle piazze e nelle strade per la prima volta il 21 ottobre 1964, per protestare contro il dittatore Ibrahim Abboud, poi defenestrato pochi giorni dopo. Oggi gran parte del popolo vuole salvaguardare successi e conquiste ottenute nel 2019 con la cacciata di Omar al-Bashir.
“La transizione è in pericolo, ecco perchè siamo scesi nelle strade in tutto il Paese”, ha detto uno dei manifestanti. Infatti, nella capitale Khartoum, qualche rione più in là, un folto gruppo di persone, molti legati ai gruppi islamici, è radunato da sabato davanti al palazzo presidenziale: pretendono le dimissioni di Hamdok e vogliono un governo militare.
A guidare la protesta in favore dei militari, sono due individui originari del Darfur, che una decina di giorni fa hanno formato una fazione dissidente di Alleanza Forces Freedom and Change (FFC) – la coalizione civile, che comprende Sudanese Professional Association e partiti all’opposizione. Uno è l’attuale ministro delle Finanze, e leader del Movimento per la Giustizia e l’Uguaglianza (JEM), Gibril Ibrahim. Nell’agosto 2020 il raggruppamento politico JEM aveva firmato un accordo di pace con il governo di transizione.
Il secondo è Minnie Minnawi, ex leader di Sudanese Liberation Army, che fino a pochi anni fa aveva combattuto con tutte le sue forze delle Rapid Support Forces (RSF), paramilitari senza scrupoli, che durante la guerra del Darfur erano conosciuti con il nome di janjaweed (i diavoli a cavallo bruciavano i villaggi, stupravano le donne, uccidevano gli uomini e rapivano i bambini per renderli schiavi).
Oggi Minnawi è un grande alleato di Mohammed Hamdan Dagalo, alias Hemetti, vicepresidente del Consiglio sovrano, nonchè a capo delle Rapid Support Forces (RSF) e uno degli ex-leader dei tagliagole janjaweed. E pare sia stato proprio Dagalo a finanziare le trasferte verso la capitale di molti residenti nel Darfur, perchè partecipino alle proteste contro il governo di Hamdok.
La giornata odierna è decisiva per il futuro del Sudan. E come è già accaduto in passato, ogni parte in causa cerca di rivendicare il sostegno dai manifestanti scesi nelle strade.
Sembra che oggi la gente stia con il governo di Hamdok. In tutte le città del Paese l’adesione alla protesta contro i militari è stata massiccia. Anziani, giovani, giovanissimi chiedono che il governo attuale proceda con le riforme fino alle prossime libere elezioni, secondo il trattato siglato nell’estate 2019. Va ricordato che in base agli stessi accordi, il 17 novembre la presidenza del Consiglio sovrano dovrebbe passare ai civili. Sembra che i militari vogliano posporre la consegna del comando fino alla prossima estate.
Intanto gli Emirati Arabi Uniti hanno cancellato tutti voli per e da Khartoum, programmati per il 21 e 22 ottobre, proprio a causa delle manifestazioni che si sono svolte anche in prossimità dell’aeroporto.
Cornelia I. Toelgyes
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Sudan: accordo tra militari e società civile per governo di transizione