15 ottobre 2021
Le offensive militari del governo etiopico si susseguono nel nord del Paese. Le notizie sono frammentarie e difficilmente verificabili in modo indipendente, visto che da mesi sono interrotte le comunicazioni telefoniche e internet.
Dal 9 ottobre sono in svolgimento grandi manovre militari con movimento di truppe, tiri d’artiglieria e incursioni aeree nelle regioni Afar, Tigray e Amhara, al centro della guerra tra il governo federale e le Forze di Difesa del Tigrai (TDF). Insomma Abiy Ahmed, primo ministro etiopico e Premio Nobel per la Pace 2019, si è scatenato dopo aver prestato giuramento per il suo nuovo mandato quinquennale.
Addis Ababa non ha rilasciato commenti sulla nuova offensiva, Getachew Reda, invece, portavoce di Fronte di Liberazione del Tigray (TPLF), ha fatto sapere che le forze etiopiche insieme a quelle dell’Amhara stanno tentando di respingere le truppe di TDF fuori dall’Amhara.
Altri combattimenti sono in atto nell’Afar. Secondo alcune informazioni, sembra che martedì scorso nella città di Awra ci siano stati violenti scontri tra le parti e TDF è stato accusato di aver usato armi pesanti, uccidendo molti civili. Getachew ha fermamente negato ritorsioni sulla popolazione inerme, ma ha confermato gli scontri nell’Afar.
Secondo Reuters, le truppe eritree sarebbero ancora in Etiopia, malgrado i diversi richiami da parte della comunità internazionale di lasciare il Paese quanto prima. I militari di Asmara parteciperebbero ancora attivamente ai combattimento a fianco delle truppe etiopiche. E proprio ieri l’Eritrea è stata rieletta per la seconda volta nel Consiglio dei Diritti Umani. Certo non tutti coloro che occupano la prestigiosa poltrona applicano questi diritti nei propri Paesi.
Billene Seyoum, portavoce di Abiy, non ha voluto rilasciare dettagli, ha solamente specificato che il governo ha il dovere di proteggere i propri cittadini da qualsiasi atto di terrorismo su tutto il territorio della nazione. Non è dato sapere quante persone siano morte in un anno di guerra, si stima tra 50 e 200 mila. Se fosse vero, sarebbe una tragedia immane.
Mentre i combattimenti procedono senza sosta, la situazione umanitaria nelle regioni colpite dalla guerra peggiorano di giorno in giorno. La comunità internazionale teme che questo conflitto possa portare a una destabilizzazione di tutto il Paese, il secondo più popoloso dell’Africa. L’attenzione è rivolta in particolare al Tigray, dove l’insicurezza alimentare ha colpito 5,5 milioni di persone e nelle regioni vicine (Afar e Amhara), tra questi già oltre 400 mila si trovano in situazione catastrofica che corrisponde alla fase 5 in base IPC (Integrated Food Security Phase Classification), il numero più elevato dalla carestia del 2011 in Somalia.
Intanto si tenta nuovamente di aprire il dialogo tra le parti in causa tramite i canali diplomatici. L’Unione Africana, dopo vari tentativi e lunghi silenzi ha nominato nell’agosto scorso Olusegun Obasanjo come alto rappresentante per la pace nel Corno d’Africa. Obasanjo è nigeriano, è stato a capo della giunta militare dal 1976 al 1979 e nel 1999 è stato eletto presidente, carica che ha ricoperto fino al 2007.
Martedì scorso il segretario di Stato Antony Blinken ha incontrato Obasanjo. Al meeting hanno partecipato anche Josep Borrell, Alto rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri, i ministri degli Esteri di Gran Bretagna e Germania, nonché Abdalla Hamdok, primo ministro sudanese e presidente di IGAD (Autorità intergovernativa per lo sviluppo, un’organizzazione internazionale politico-commerciale formata dai Paesi del Corno d’Africa) e gli inviati speciali per il Corno d’Africa del governo di Parigi, Frederic Clavier, e di Washington, Jeffrey Feltman, per discutere del conflitto che si consuma dal 4 novembre 2020 in Etiopia. E’ stata apprezzata la stretta collaborazione tra UA e IGAD per trovare una soluzione pacifica alla crisi etiopica.
Gli Stati Uniti, l’Unione Europea, la Francia, la Germania e il Regno Unito hanno altresì esortato le parti in conflitto a porre immediatamente fine agli abusi e di avviare negoziati per un cessate il fuoco che ponga le basi per un dialogo più ampio e inclusivo per ripristinare la pace e preservare l’unità in Etiopia. Hanno inoltre chiesto il rispetto del diritto internazionale e di consentire l’accesso incondizionato degli aiuti umanitari.
Nel frattempo sono giunte notizie inquietanti anche dall’Oromia, dove da giorni sono in atto combattimenti violenti tra comunità oromo e amhara nell’area di Kiramo Woreda, che dista poco meno di 350 chilometri da Addis Ababa. Le immagini che giungono dalla zona sono a dir poco terrificanti. Secondo quanto è stato riportato, almeno 25 oromo sarebbero stati brutalmente ammazzati e molti altri torturati. Anche tra gli amhara ci sarebbero vittime.
Conflitti tra le due comunità per questioni di terreni si ripetono da decenni, questioni mai risolte dai governi centrali che si sono susseguite negli anni.
Africa-ExPress
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