Antonio Mazzeo
12 ottobre 2021
C’è festa grande al quartier generale ENI di San Donato Milanese. Per l’holding del settore energetico a capitale pubblico si prospettano affari d’oro in Costa d’Avorio dopo la scoperta di vasti giacimenti di idrocarburi in un pozzo esplorativo off-shore. Un mese e mezzo fa le autorità governative ivoriane e il management di ENI hanno annunciato che nel blocco CI-101 di Baleine è stato scoperto infatti “olio leggero in due diversi intervalli stratigrafici”.
“Il potenziale della scoperta di Baleine è stimato in oltre 2 miliardi di barili di olio in posto e circa 2,4 trilioni di piedi cubi di gas associato”, riporta la nota del gruppo italiano. “Dopo oltre 20 anni di esplorazione da parte dell’industria nelle acque profonde del Paese senza scoperte di natura commerciale, il pozzo Baleine-1x ha testato con successo un nuovo play concept nel bacino sedimentario. Il pozzo è stato perforato a circa 60 chilometri dalla costa, a circa 1.200 metri di profondità con la nave di perforazione Saipem 10000 ed ha raggiunto una profondità totale di 3.445 metri”.
Le attività esplorative del blocco CI-101 di Baleine sono effettuate da una joint venture tra ENI (90%) e la compagnia nazionale della Costa d’Avorio Petroci Holding (10%). Nei prossimi mesi le prospezioni si estenderanno ad un secondo blocco, il C1-802, anch’esso dato in concessione alla joint venture. Nel 2019 le autorità di Abidjan hanno firmato contratti esplorativi in quattro differenti blocchi con l’ENI e con l’holding francese Total, per investimenti pari a 185 milioni di dollari.
“La scoperta dei giacimenti in Costa d’Avorio segna un momento assai significativo per il Paese e l’intera regione, assicurando un approvvigionamento energetico sostenibile che accelererà lo sviluppo socio-economico, alleviando la povertà di energia e posizionando l’Africa come un leader globale degli idrocarburi”, ha commentato con sin troppa enfasi NJ Ayuk, presidente esecutivo della Camera per l’Energia del continente africano.
“La scoperta fatta da ENI nell’offshore della Costa d’Avorio è enorme. L’Africa è davvero la frontiera finale dell’esplorazione di idrocarburi e le immense risorse del continente devono far leva finanziaria su una forte e sostenibile crescita economica. Noi siamo fiduciosi che l’ENI utilizzerà le migliori tecnologie per sviluppare e operare in un ambiente a basse emissioni di carbonio. Invitiamo il governo e le parti interessate ad avere un rapido approccio per sviluppare il campo in modo da posizionare il paese tra i maggiori produttori di idrocarburi”.
Sino ad oggi la Costa d’Avorio ha ricoperto un ruolo modestissimo nella produzione energetica (non più di 36.000 barili al giorno di petrolio); dopo però aver riformato nel 2015 la legge per le concessioni esplorative e di sfruttamento, assicurando maggiori introiti e riduzioni fiscali alle transnazionali, sono stati identificati 51 blocchi in cui avviare le attività di ricerca (in 4 di essi è già stata intrapresa l’estrazione; in 26 aree l’esplorazione, mentre i restanti 21 blocchi sono ancora in fase di negoziazione con i gruppi petroliferi stranieri). La maggior parte delle aree esplorative sono off-shore, nelle acque del Golfo di Guinea; oltre a ENI e Total, tra gli investitori internazionali compare pure la britannica Tullow Oil.
Per fare il punto sulle attività di ENI in Costa d’Avorio, il 1° ottobre l’amministratore delegato Claudio Descalzi si è recato in visita ad Abidjan per incontrare il presidente Alassane Ouattara, rieletto un anno fa per la terza volta consecutiva, dopo una violenta campagna elettorale in cui hanno perso la vita negli scontri con le forze di polizia un’ottantina di manifestanti.
All’incontro in cui erano presenti anche il segretario generale della Presidenza, Abdourahmane Cissé, il ministro delle Finanze, Adama Coulibaly e il ministro delle Miniere, delle Risorse Petrolifere e dell’Energia, Thomas Camara, Claudio Descalzi ha presentato i piani di delineazione e sviluppo del blocco di Baleine.
“Il Presidente Ouattara ha sottolineato la sua forte volontà politica di sostenere gli investimenti e ha dichiarato che il pozzo Baleine-1x contribuirà alla produzione di energia in Costa d’Avorio, rafforzando il ruolo del Paese come hub energetico regionale”, riferisce l’ufficio stampa di ENI. “Oltre al blocco CI-101, il gruppo italiano possiede una partecipazione in altri quattro blocchi nel deepwater ivoriano: CI-205, CI-501, CI-504 e CI-802, tutti con lo stesso partner Petroci Holding. Sarà inoltre avviata una collaborazione tra ENI Corporate University e la Scuola Superiore del Petrolio e dell’Energia della Costa d’Avorio che aiuterà a sviluppare competenze e capitale umano”.
Mentre si sta espandendo rapidamente il mercato petrolifero e del gas e fioccano gli investimenti da parte delle holding straniere, il Paese dell’Africa occidentale è colpito dall’escalation degli attacchi contro obiettivi militari e civili da parte di gruppi jihadisti. Stanno aumentando anche gli attentati con l’uso di ordigni esplosivi improvvisati: il primo nella storia del paese è avvenuto l’1 aprile sulla strada tra Nassian e Kafolo, a cui ne sono eseguiti altri ancora sulla stessa via di comunicazione e alla periferia di Tehini. L’attacco più sanguinoso è avvenuto l’11 giugno scorso a un posto di frontiera con il Burkina Faso: undici militari e un gendarme ivoriani sono stati assassinati durante il blitz di un commando jihadista.
“Il trend in atto è la prova di uno sviluppo preoccupate di come la violenza jihadista nel Sahel, specialmente in Mali e Burkina Faso, continui a diffondersi verso sud minacciando gli stati costieri dell’Africa occidentale”, scrive l’analista e ricercatore Caleb Weiss della Bridgeway Foundation di Galesburg, Illinois. “La recente ondata di attacchi in Costa d’Avorio si è localizzata principalmente in due distretti settentrionali del paese: Savanes e Zanzan. Entrambi confinano con il Burkina Faso sud-occidentale, dove le unità del Group for Support of Islam and Muslims (JNIM), vicino ad Al Qaida, si sono dimostrate sempre più attive. E’ soprattutto dalle basi JNIM in Burkina Faso che partono le incursioni in territorio ivoriano”.
Come ha rilevato Africa ExPress nelle settimane scorse, i gruppi terroristi attivi in Burkina Faso potrebbero essere interessati a penetrare nel parco nazionale Comoé, nella zona nord-occidentale della Costa d’Avorio (confinante con il Ghana e i Burkina Faso), per trasformare la riserva in una sorta di zona grigia dove organizzare più facilmente altri nuovi attacchi nella regione. Secondo il ricercatore William Assanvo dell’ISS (Istituto di Studi sulla Sicurezza dell’Africa), la presenza di gruppi armati filo al-Qaida si starebbe tuttavia radicando anche all’interno del territorio della Costa d’Avorio, lontano dalle frontiere, con militanti di nazionalità ivoriana.
Militarizzazione del nord
L’escalation del conflitto ha accelerato il processo di militarizzazione delle regioni settentrionali del Paese e il rafforzamento della presenza da parte dei reparti d’élite delle forze armate ivoriane. Dopo i primi attacchi registrati a Kofolo nel giugno del 2020, lo Stato maggiore della difesa ha creato una zona militare speciale al confine con il Burkina Faso, centralizzano in un comando la gestione di tutte le operazioni nella regione. Insieme alle truppe burkinabé sono state lanciate operazioni militari contro i jihadisti, la più grande delle quali ha preso il nome di missione Comoé (vi ha preso parte oltre un migliaio di soldati ivoriani).
Tra fine giugno e la prima settimana di luglio 2021 si è svolta nel distretto di Yamoussoukro e nella capitale Abidjan pure una vasta esercitazione congiunta USA-ivoriana, sotto la supervisione del Comando per le operazioni speciali di US Africa. Scopo primario dell’attività addestrativa è stato quello di fornire alle unità ivoriane “maggiori capacità di risposta e operabilità”, oltre a “rafforzare le relazioni e le connessioni militari” con le forze armate statunitensi.
“Noi siamo fieri di lavorare accanto alla nostra controparte ivoriana mentre essa affronta una violenta invasione estremista alla frontiera settentrionale”, ha dichiarato l’ammiraglio Jamie Sands, a capo dell’U.S. Special Operations Command Africa. “La Costa d’Avorio è un partner che sta contribuendo alla sicurezza regionale. E’ previsto che esso ospiti una delle aree addestrative di Flintlock 2022, la principale esercitazione per le operazioni speciali in tutto il continente africano, a cui parteciperanno 30 nazioni”.
Nella problematica e complessa regione del Golfo di Guinea si affaccia all’orizzonte il pericolo di un’altra guerra multinazionale per il controllo di petrolio e gas…
Antonio Mazzeo
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