Kinshasa, 9 ottobre 2021
Questa mattina il ministro della Salute del Congo-K, Jean Jacques Mbungani, ha confermato la presenza di ebola nell’area di Beni, nel Nord-Kivu, regione già flagellata in passato dalla grave patologia.
Un’ulteriore convalida arriva anche dall’ Institut National de Recherche Biomédicale (INRB), che ha analizzato i test effettuati a Goma, capoluogo del Nord-Kivu, il 7 e l’8 ottobre scorso.
INRB ha spiegato che il 14 settembre scorso un papà e suo figlio sono stati ricoverati con sintomi di vomito, disidratazione e tracce di sangue nelle feci. I due sono morti poche ore dopo nel letto dell’ospedale. nei giorni successivi la figlia minore ha presentato la stessa sintomatologia e anche per lei non c’è stato nulla da fare. Deceduta in men che non si dica, come il padre e il fratello.
La quarta vittima, invece, è un bimbo di due anni e mezzo, un vicino di casa degli altri. Al momento dell’ingresso nel nosocomio presentava inappetenza, dolori addominali, problemi respiratori. Anche per il piccolino tutte le cure e premure dei medici sono state inutili. I test effettuati sul suo corpo hanno rilevato la presenza di ebola, mentre le altre morti restano, per ora, casi sospetti.
La protezione civile è già scesa in campo a Butsili, che dista pochi chilometri da Beni, per prelevare altri campioni e per rintracciare coloro che sono entrati in contatto con le vittime.
Per ora niente allarmismi, potrebbe trattarsi di casi sporadici. Solo a maggio la zona di Butembo, dove il temibile virus era ricomparso all’inizio dell’anno, è stata dichiarata ebola free. Durante la 12ma epidemia sono morte sei persone, mentre altre 6 sono guarite.
In Congo-K ci sono state dodici epidemie da quando è scoppiata la prima, il 26 agosto, 1976, a Yambuku, una città nel nord di quello che allora si chiamava Zaire. Il virus colpì un’insegnante di 44 anni, Mabalo Lokela, dopo un viaggio nell’estremo nord del Paese. Immediatamente si pensò che la donna fosse affetta da malaria. Ben presto si presentarono altri sintomi. Loleka mori l’8 settembre 1976.
I morti durante questa prima epidemia apparsa in Congo, nella valle del fiume Ebola (da cui il nome del virus), furono 280. Durante quella del 1995 morirono alcune suore italiane a Kikwit. Gli ammalati che furono contagiati dal virus nel 2000 a Gulu, in Uganda, furono curati nell’ospedale italiano Lachor, un efficiente complesso diretto dal compianto dottor Piero Corti, che l’aveva fondato pochi anni prima assieme alla moglie Lucille, medico anche lei.
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