Antonio Mazzeo
4 ottobre 2021
Dopo i droni spia e i droni killer, gli arsenali dei signori della guerra si arricchiscono di un famigerato generatore di morte e distruzione: il drone kamikaze, cioè un velivolo senza pilota di ridotte dimensioni che al posto di telecamere e visori imbarca bombe ed esplosivi; avvistato l’obiettivo si lancia in picchiata e si fa esplodere al momento dell’impatto.
Realizzarlo non comporta grossi investimenti finanziari e un po’ ovunque ci si sta attrezzando per acquistarlo e utilizzarlo nei campi di battaglia.
Secondo il sito Africa Intelligence potrebbe essere il Marocco di re Muhammad VI ad affermarsi presto come uno dei maggiori produttori di droni kamikaze nel continente africano e questo grazie alla collaborazione del complesso militare-industriale israeliano. “Il Marocco si sta specializzando nello sviluppo dei droni kamikaze, apparati relativamente semplici da costruire ma dagli effetti devastanti, grazie ad Israele”, riporta Africa Intelligence.
Non sono stati forniti ulteriori dettagli, ma è presumibile che sarà l’holding aerospaziale IAI – Israel Aerospace Industries a fornire al paese nordafricano il know how e le tecnologie necessarie alla realizzazione dei velivoli senza pilota auto esplodenti, attraverso la propria controllata BlueBird Aero Systems, azienda con sede e stabilimenti a Kadima, specializzata nella produzione di micro e minidroni e UAS (Unmanned Aerial Systems) tattici.
Defence News, sito statunitense specializzato nel settore difesa, ha raccolto le dichiarazioni dell’analista marocchino Mohammad Shkeir. “Marocco ed Israele stanno per sottoscrivere un accordo che consentirà ai due paesi di cooperare nel settore dei droni kamikaze”, ha spiegato. “Si attende la visita ufficiale a Rabat del ministro della difesa israeliano per avviare la produzione in Marocco di questi piccoli velivoli senza pilota. Inoltre dovrebbe essere firmato un contratto per la fornitura all’esercito marocchino di sistemi missilistici a corto e medio raggio in modo da rafforzare i propri arsenali, così come di blindati e carri armati che potranno essere utilizzati in un eventuale conflitto che potrebbe scoppiare con l’Algeria o per paralizzare ogni movimento del Fronte Polisario nei pressi del muro innalzato nel Sahara occidentale”.
Non sarebbe ancora stata prescelta la località che ospiterà gli impianti industriali per i droni kamikaze, ma sempre secondo Mohammad Shkeir, verrà creata ad hoc una joint venture israelo-marrocchina e con l’apporto di capitali statunitensi. Attualmente esiste un’azienda marocchina che si è specializzata nella progettazione di velivoli senza pilota, la Bio Cellular Design Aeronautics con sede a Casablanca, che ha presentato nel 2018 un primo prototipo di drone da riconoscimento e intelligence (MA-1) all’Air Show di Marrakech.
Il regime di re Muhammad VI ha avviato i contatti con i manager di IAI – Israel Aerospace Industries già a partire dall’inizio di quest’anno. A luglio la Direzione Nazionale Cyber d’Israele ha annunciato che il suo responsabile, Yigal Unna (già capitano della 8200 Intelligence Unit, l’unità israeliana d’eccellenza di spionaggio militare), aveva sottoscritto un accordo con le autorità marocchine per “consentire il trasferimento di saperi e tecnologie da parte delle aziende israeliane”.
Tecnicamente i droni kamikaze vengono classificati come loitering munitions, cioè munizioni che esplodono quando raggiungono l’obiettivo. “Il Marocco li testerà e se dimostreranno la loro capacità operativa, verrà avviata la loro produzione”, ha aggiunto l’analista a Defence News. “Tuttavia l’eventuale produzione non sarà limitata a un solo modello, ma successivamente includerà altre tipologie di droni che potranno essere usate in differenti campi militari”.
Il Marocco ha già ricevuto in passato droni di guerra di produzione israeliana. Secondo il quotidiano Times of Israel, il 26 gennaio 2020 sono stati consegnati all’aeronautica militare marocchina quattro velivoli senza pilota MALE (Medium Altitude Long Endurance) “Heron TP” di produzione IAI, del costo complessivo di 48 milioni di dollari. Il contratto era stato firmato nel 2014; non essendoci al tempo relazioni formali tra i due paesi, l’holding israeliana affidò la commessa all’industria francese Dassault. Le forze armate francesi avevano utilizzato gli “Heron” in Afghanistan e dopo il loro ritiro dal fronte di guerra, Dassault ha dovuto attendere quasi sei anni per l’ok del governo di Parigi al trasferimento in Marocco.
L’“Heron” è un velivolo senza pilota utilizzato per svolgere un ampio ventaglio di missioni strategiche (sorveglianza, riconoscimento e intelligence, acquisizione di dati sugli obiettivi da colpire, ecc.), ma può essere facilmente convertito in drone d’attacco con il lancio di missili aria-superficie.
L’aeronautica militare marocchina si è fornita a partire del 2017 anche di tre droni tattici “Hermes 900” prodotti da un’altra grande azienda aerospaziale israeliana, Elbit Systems Ltd.. Questi velivoli sarebbero attualmente schierati nelle basi aeree di Meknès e Dakhla, a disposizione delle unità d’intelligence.
Il Marocco dispone inoltre dei droni spia Sky Eye R4E 5O (prodotti da un consorzio britannico-statunitense in cui sono presenti i gruppi industriali McDonnell Douglas e BAE Systems), anch’essi utilizzati per “vigilare” il muro nel Sahara occidentale contro il fronte Polisario.
A fine 2020 l’agenzia Reuters ha riferito che l’amministrazione USA ha avviato una trattativa con le autorità marocchine per la vendita di quattro droni MQ-9B SeaGuardian; nei mesi scorsi il produttore, General Atomics Aeronautical Systems, ha integrato le misure di protezione elettronica di questi velivoli con il sistema ESM “Sage 750” dell’industria italiana Leonardo (ex Finmeccanica). Ad aprile 2021 Rabat ha ufficializzato infine l’accordo con l’industria bellica turca Baykar per l’acquisto di 13 droni da combattimento “Bayraktar TB2”, la cui consegna è prevista entro la fine dell’anno. La società turca è controllata dall’uomo d’affari Selçuk Bayraktar, genero del presidente Recep Tayyip Erdogan.
Il Marocco insieme a Emirati Arabi Uniti, Bahrain e Sudan ha normalizzato le proprie relazioni diplomatiche e commerciali con Israele nell’ambito dei cosiddetti Accordi di Abramo, promossi dall’amministrazione Trump alla vigilia della fine del suo mandato. Dopo l’accordo formale sottoscritto da Rabat e Tel Aviv il 10 dicembre 2020, gli Stati Uniti hanno riconosciuto la “sovranità” del Marocco sui territori dell’ex Sahara spagnolo illegalmente occupati nel 1973.
Contestualmente all’avvio delle consultazioni per la cooperazione in ambito militare-industriale, Marocco e Israele hanno avviato alcune esercitazioni congiunte. Secondo The Jerusalem Post, lo scorso 4 luglio un grande aereo da trasporto C-130 dell’Aeronautica marocchina è atterrato nella base aerea di Hatzor, nel sud d’Israele, per partecipare ad intense attività addestrative aeree. “Il C-130 è stato il primo velivolo di una forza aerea nordafricana ad atterrare in Israele”, conclude il quotidiano.
Antonio Mazzeo
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