Cornelia I. Toelgyes
2 ottobre 2021
Era nell’aria da tempo, ora è ufficiale. Il Mali volta pagina e si lascia sedurre da Mosca. La tattica russa è sempre la stessa, mezzi di combattimento, mercenari, in cambio del controllo delle risorse minerarie.
Mentre Emmanuel Macron è ancora sotto shock per le parole pronunciate dal primo ministro del governo di transizione del Mali, Choguel Kokalla Maïga, all’assemblea generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite a New York, sabato 25 settembre, ieri Mosca ha inviato 4 elicotteri militari, armi e munizioni al governo di Bamako.
Giovedì scorso, alla cerimonia di chiusura di Africa 2020, il presidente francese è letteralmente esploso e poco diplomaticamente ha sbraitato: “E’ una vergogna, per quello che non è nemmeno un governo”, ritenendo poco legittimo l’attuale regime politico maliano, al potere dopo ben due colpi di Stato.
Il ministro della Difesa maliano, Sadio Camara, ha precisato che i velivoli sono stati acquistati dal suo governo, mentre armi e munizioni sono un dono di Mosca. Il contratto preliminare per l’acquisizione degli elicotteri è stato siglato nel dicembre dello scorso anno e è entrato in vigore nel giugno 2021. Camara ha elogiato i russi per la rapidità e la solerzia nella consegna dei mezzi. “Mosca ha dimostrato davvero di essere un partner affidabile, come sempre del resto”, ha aggiunto Camara.
A settembre Bamako aveva fatto sapere di essere in trattative con i mercenari del gruppo Wagner, un’organizzazione di mercenari dell’ex impero sovietico. I suoi paramilitari hanno giocato un ruolo strategico nell’Ucraina orientale (soprattutto quando la Crimea è stata invasa dalle truppe russe nel 2014) e in Siria, a difesa del dittatore Bashar al-Assad. Ma la loro espansione in Africa si è sviluppata soprattutto nella Repubblica Centrafricana, Mozambico e più discretamente in Libia e in Sudan.
Una quindicina di giorni fa l’agenzia Reuters aveva fatto trapelare dettagli in esclusiva sulle trattative delle autorità maliane con i contractor di Mosca. Diversi fonti avrebbero confermato che mille uomini del gruppo potrebbero arrivare presto nella ex colonia francese per un costo di 10,8 milioni di dollari mensili, con il compito di addestrare le forze armate. Non solo, dovrebbero anche essere responsabili della sicurezza personale di alcuni alti funzionari dello Stato, come accade da anni in Centrafrica.
Finora non ci sono conferme ufficiali, ma tutto lascia intendere che il contratto tra gli irregolari di Mosca e Bamako sia pronto. Non si conoscono i dettagli e non è dato sapere cosa siano disposte a dare in cambio al Cremlino le autorità maliane, oltre al lauto pagamento alla società Wagner.
Florence Parly, ministro della Difesa francese, qualche giorno fa aveva lanciato un severo avvertimento: “Se il Mali dovesse davvero ricorrere ai mercenari russi, il Paese sarà isolato e perderà l’appoggio della comunità internazionale, attualmente impegnata anche con le sue truppe nel Paese. Basti vedere cosa sta accadendo in Centrafrica”.
Macron è andato su tutte le furie dopo le esternazioni di Choguel Kokalla Maïga che, durante la 76ma sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, ha accusato la Francia di voler abbandonare il suo Paese. E il primo ministro maliano ha aggiunto: “La nuova situazione ci ha costretto a cercare vie e mezzi per assicurare sicurezza in maniera autonoma o con nuovi partner”.
D’altronde, il ministro degli esteri di Putin, Sergueï Lavrov, a margine dell’Assemblea generale dell’ONU, ha fatto intendere implicitamente, senza però nominare apertamente i contractor russi, che i mercenari sarebbero già presenti in Mali. “Le autorità di Bamako si sono rivolte a una società militare privata del mio Paese per combattere il terrorismo, visto che la Francia vuole ridurre sensibilmente il proprio contingente, cosa che capisco perfettamente”, ha detto Lavrov.
A luglio, durante la conferenza G5 Sahel, che comprende i Paesi maggiormente colpiti e esposti alla minaccia terrorista: Mali, Niger, Burkina Faso, Ciad e Mauritania, il presidente francese, Emmanuel Macron, aveva annunciato ufficialmente il ritiro parziale dell’Opération Barkhane. Il contingente francese, che attualmente conta 5.100 uomini in tutto il Sahel, dovrebbe essere ridotto del 40 per cento. Dunque la Francia sarà presente solo con 2.500, al massimo 3.000 unità.
Se da un lato Opération Barkhane è praticamente terminata, la task force Sabre (forze speciali francesi) continuerà a dare la caccia ai terroristi. Per altro anche il nuovo contingente europeo Takuba, (Spada in lingua tuareg), missione multinazionale interforze con il mandato ufficiale di addestrare e assistere le forze armate del Mali nella lotta contro i gruppi armati jihadisti attivi nel Sahel è ormai operativo.
Sotto comando francese, Takuba vede operare congiuntamente i militari di diversi Paesi europei (oltre alla Francia, Belgio, Danimarca, Estonia, Romania, Germania, Grecia, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Repubblica Ceca, Spagna, Svezia e Italia), in coordinamento con altri attori internazionali, in particolare US Africom, il comando delle forze armate statunitensi per il continente africano e MINUSMA, la missione delle Nazioni Unite di stabilizzazione del Mali.
Cornelia I. Toelgyes
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