Antonio Mazzeo
23 settembre 2021
Semestre record per i rimpatri forzati dei migranti egiziani nonostante il Garante nazionale delle persone private della libertà abbia già manifestato forti preoccupazioni per le gravi violazioni dei diritti umani perpetrate dal regime del generale Abdel Fattah al-Sisi.
Da quanto si evince dalle delibere emesse dalla Direzione centrale dell’Immigrazione e della Polizia delle frontiere del Ministero dell’Interno, dopo lo stop alle deportazioni dei migranti per l’emergenza Covid-10, nel periodo compreso tra metà marzo e fine agosto 2021 sono stati effettuati nove voli di “riammissione” di cittadini egiziani destinatari di provvedimenti di espulsione o respingimento dal territorio italiano.
Il numero dei deportati è incerto: non meno di 180 ma potrebbero essere pure 350. In tre occasioni la destinazione finale dei voli di trasferimento è stato l’aeroporto internazionale di Hammamet in Tunisia, secondo quanto indicato dal Viminale; del tutto ingiustificato il dispendio di risorse finanziarie e umane impiegate, 652.290 euro per le spese di noleggio degli aerei, un migliaio di agenti per le operazioni di vigilanza e accompagnamento.
“Il Garante nazionale delle persone private della libertà esprime preoccupazione per i rimpatri forzati verso l’Egitto, che nel 2019 sono stati ben 363; a questo proposito nota che l’accordo bilaterale per i rimpatri dovrebbe essere rivisto, perché in tema di situazione dei diritti umani l’Egitto del 2020 non è più quello del 2007, quando l’accordo fu firmato”. E’ quanto ha dichiarato il presidente del Garante nazionale Mauro Palma il 18 maggio 2020 in occasione del convegno internazionale dal titolo Il monitoraggio dei rimpatri forzati in Italia e in Europa, svoltosi a Roma nello Spazio Europa gestito dall’Ufficio in Italia del Parlamento europeo e della Rappresentanza della Commissione europea.
Dal 2016 il Garante nazionale è l’organismo a cui lo Stato italiano affida il monitoraggio delle operazioni di rimpatrio forzato dei migranti “illegali” e in questi anni non sono mancate le valutazioni critiche su queste pratiche e i timori sulla sorte dei cittadini stranieri deportati. Il 12 dicembre 2018 il Garante ha puntato il dito contro l’escalation delle espulsioni verso il paese del dittatore al-Sisi.
“Nelle ultime settimane si è verificata un’impennata di voli di rimpatrio forzato in Egitto”, esordiva il presidente Mauro Palma. “Ciò si registra proprio dopo la conferma della mancata collaborazione delle autorità egiziane nelle indagini sui responsabili della tortura e dell’assassinio di Giulio Regeni e vengono sospese forme di cooperazione istituzionali con l’Egitto. Si ha la sensazione che, viceversa, la collaborazione fra i due Paesi in tema di rimpatri forzati sia entrata in una fase di rilancio”.
“Il Garante nazionale – proseguiva la nota – esprime forti perplessità sull’opportunità di organizzare voli di rimpatrio forzato verso Paesi, come l’Egitto e la Nigeria, che non hanno istituito un meccanismo nazionale di prevenzione della tortura (l’Egitto in quanto Stato non firmatario dell’OPCAT e la Nigeria in quanto Stato firmatario che non ha ancora implementato le disposizioni riguardanti il Meccanismo nazionale di prevenzione)”.
L’OPCAT è il Protocollo opzionale alla Convenzione contro la tortura e altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti adottato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 17 dicembre 2002 ed entrato in vigore il 22 giugno 2006. Il Protocollo integra la Convenzione ONU contro la tortura del 1984, istituendo un sistema di ispezione internazionale per i luoghi di detenzione sul modello di quello esistente in Europa da oltre trent’anni. Ad oggi la Repubblica Araba d’Egitto non è tra i paesi che hanno ratificato e/o firmato l’OPCAT.
Nel comunicato del 12 dicembre 2018, il Garante nazionale informava altresì che una delegazione del proprio Ufficio aveva effettuato nella notte fra il 5 e il 6 dicembre 2018 il monitoraggio di un rimpatrio forzato verso l’Egitto. “In quest’occasione sono stati accompagnati nel Paese africano 16 cittadini egiziani precedentemente trattenuti nei Centri di Bari, Potenza e Trapani”, riportava il presidente Palma.
“L’operazione si è svolta in modo regolare, anche se permangono alcune delle criticità che il Garante nazionale ha più volte sollevato nel corso dei monitoraggi realizzati. Fra tali criticità ci sono: il mancato preavviso ai rimpatriandi; l’uso generalizzato e preventivo delle fascette in velcro ai polsi, a prescindere da valutazioni individuali del rischio e da una effettiva e concreta necessità; le verifiche di sicurezza effettuate con modalità non sempre rispettose dei diritti della persona”.
Un secondo volo di respingimento di migranti egiziani veniva attenzionato dal Garante nazionale l’11 giugno 2019. “Il personale di questo Ufficio ha effettuato il monitoraggio di due operazioni di rimpatrio forzato, seguendo le fasi di pre-partenza in aeroporto e salendo a bordo di due voli charter noleggiati dal Ministero dell’Interno e diretti rispettivamente in Tunisia e in Egitto”, riporta la nota della Presidenza.
“Tramite il volo atterrato a Il Cairo sono stati rimpatriati 14 cittadini egiziani, dei quali cinque provenienti dal CPR (Centro per il rimpatrio) di Caltanissetta, uno dal CPR di Potenza-Palazzo San Gervasio, uno dal CPR di Roma e sette dal CPR di Trapani. L’esito del monitoraggio verrà riportato nel rapporto periodico sui rimpatri forzati, che sarà, come di consueto, inoltrato alle autorità competenti e poi, dopo un periodo di embargo, pubblicato sul sito del Garante nazionale”.
Ad oggi sul sito istituzionale non compare il report sulle eventuali criticità riscontrate in occasione della deportazione dell’11 giugno 2019, né esistono documenti sugli altri innumerevoli voli di riammissione effettuati negli ultimi quattro anni. Secondo lo stesso Garante, sono nel 2018 furono rimpatriati in Egitto 294 cittadini egiziani su un totale di 6.398 espulsi, con l’utilizzo di tre voli charter e alcuni voli di linea.
Dall’1 gennaio al 30 settembre 2019 il personale dell’Ufficio del Garante ha svolto il monitoraggio di 24 voli di rimpatrio migranti (7 verso la Tunisia, 5 verso l’Egitto, 5 verso la Nigeria, 2 verso il Marocco, 2 verso il Kosovo, 2 verso l’Albania, 1 verso il Gambia). Anche per queste attività non sono pubblici i relativi rapporti di valutazione, così come non è possibile sapere se i monitor del Garante siano stati a bordo dei nove voli di respingimento di cittadini egiziani effettuati nel corso del 2021: il 19 marzo sulla rotta Roma-Palermo-Hammamet; il 13 aprile (Roma-Il Cairo); il 27 aprile (ancora Roma-Palermo-Hammamet); il 21 maggio (Roma-Bari-Palermo-Hammamet); il 21 giugno (Roma-Palermo-Il Cairo); il 2 luglio (Roma-Bari-Il Cairo); il 13 luglio (Trieste-Roma-Il Cairo); il 31 agosto (Roma-Bari-Il Cairo). Per la cronaca, il 6 ottobre 2020 il Garante nazionale ha firmato una Convenzione di sovvenzione per l’erogazione di un contributo di 943.350 euro per l’Implementazione di un sistema di monitoraggio dei rimpatri forzati (grazie al Fondo Asilo Migrazione Integrazione – FAMI 2014/2020 del Ministero dell’Interno). Il progetto è stato formalmente approvato il 4 febbraio 2021 e si concluderà il 30 settembre 2022.
Non risultano essere stati monitorati neppure i voli di rimpatrio effettuati sulla rotta Roma-Palermo-Il Cairo il 21 gennaio e il 7 febbraio 2020, gli ultimi effettuati prima dell’emergenza pandemia. Due operazioni di polizia che sanno di vero e proprio pasticciaccio e che meriterebbero l’attenzione del Parlamento e della Corte dei Conti.
Nel bando di gara per l’affidamento del servizio di noleggio di aeromobile per il rimpatrio del 21 gennaio 2020 (a firma del direttore generale dell’Immigrazione e della Polizia di frontiera, prefetto Massimo Bontempi), si riporta che per l’allontanamento di circa 20/40 cittadini egiziani è stato “letto il Processo Verbale della Riunione tra il Ministro dell’Interno della Repubblica italiana e il ministro dell’Interno della Repubblica tunisina firmato a Tunisi il 5 aprile 2011”.
Si aggiunge poi che “è stato valutato che, sulla base di quanto concordato con le Autorità tunisine in base al suddetto Processo verbale, risulta possibile applicare la c.d. procedura semplificata che prevede la possibilità di utilizzare voli charter per eseguire il rimpatrio di cittadini tunisini giunti illegalmente in Italia dopo il 5 aprile 2011, previa intervista a fini identificativi e contestuale rilascio del lasciapassare da parte di rappresentanti del Consolato tunisino di Palermo”. Ciononostante, il prefetto Bontempi incaricava la compagnia EgyptAir Airlines di effettuare il servizio charter “con destinazione Egitto”.
Altre incongruenze compaiono nella seconda delibera della Direzione generale dell’Immigrazione relativa alla deportazione di altri 20/40 cittadini egiziani, il 7 febbraio 2020. Letto ancora una volta il Processo Verbale della riunione tra i ministri dell’Interno di Italia e Tunisia del 5 aprile 2011 (al tempo, rispettivamente, Roberto Maroni e Habib Essid), l’organo della Polizia di Stato valutava “che, sulla base di quanto concordato con le Autorità egiziane in base al suddetto Protocollo esecutivo, risulta possibile applicare la c.d. procedura semplificata che prevede la possibilità di utilizzare voli charter per eseguire il rimpatrio dei cittadini egiziani giunti illegalmente in Italia le cui procedure per stabilire l’identità delle persone di cui si richiede la riammissione possono essere svolte sul territorio della Parte richiesta” (cioè, secondo l’Accordo di cooperazione italo-egiziano in materia di respingimenti, la Parte cui la richiesta di riammissione è indirizzata, nda).
Insomma un’incomprensibile triangolazione Italia-Tunisia-Egitto che si ripeterà poi nel corso di quest’anno con i tre voli dei migranti egiziani sulla rotta Roma-Hammamet.
“Da quanto si è potuto apprendere dagli uffici competenti in materia, i cittadini egiziani sono sempre stati rimpatriati verso il loro Paese; d’altronde stenteremmo a credere che il governo della Tunisia possa aver accettato riammissioni di cittadini non propri”, ci ha però risposto l’Ufficio stampa della Polizia di Stato. Le delibere di affidamento dei servizi di trasferimento aereo dei migranti egiziani con destinazione finale Hammamet sono però consultabili sul sito web ufficiale della forza di pubblica sicurezza dipendente dal Viminale.
Intanto sono sempre più numerose le organizzazioni internazionali che stigmatizzano le pratiche di riammissione in un paese, l’Egitto, all’indice per la violazione dei diritti umani e la repressione di ogni forma di dissenso. “Le espulsioni in Egitto violano l’art. 16 della Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone dalla sparizione forzata per cui Nessuno Stato Parte espelle, respinge, consegna o estrada una persona verso uno Stato dove esistano fondate ragioni di credere che correrebbe il pericolo di essere vittima di sparizione forzata”, afferma EuroMed Rights, il network euro-mediterraneo per i diritti umani di cui fanno parte più di 80 organizzazioni non governative di 30 paesi europei e della sponda sud del Mediterraneo.
L’ARCI nazionale in un report pubblicato nel 2019 (Sicurezza e migrazione: interessi economici e violazione dei diritti fondamentali), si sofferma in particolare su quanto accaduto in Libia, Niger ed Egitto. “La storia ha dimostrato come l’esternalizzazione abbia trovato sempre terreno fertile tra i paesi di origine e di transito caratterizzati da regimi dittatoriali e repressivi”, scrive l’associazione. “L’Egitto rientra sicuramente in questo quadro: partner fedele dell’UE e dell’Italia nel bloccare le partenze dalle sue coste – varie le occasioni in cui Al Sisi si è pavoneggiato rivendicando che i barconi non partono dal suo paese sin dal 2016 – e dell’Italia, per le procedure di riammissione e per aver accettato di fare de Il Cairo la base logistica della formazione delle polizie di frontiera di tutta l’Africa”.
“Di fronte ad un contesto del genere e alla ferita ancora aperta del caso Regeni, l’Italia continua la sua collaborazione con l’Egitto sul fronte della migrazione, cosi come su quello economico e politico”, prosegue l’ARCI. “Sulla migrazione, da una parte esiste una collaborazione bilaterale per facilitare le espulsioni degli egiziani presenti sul territorio in virtù di un accordo di riammissione Italia-Egitto dell’ottobre del 2007 che è tuttora in vigore. L’accordo non è mai stato rimesso in questione né alla luce della deriva autoritaria che ha travolto l’Egitto, né della mancata collaborazione sul caso Regeni”.
L’accordo sui rimpatri forzati, sempre secondo l’ARCI, presenta gravi limiti di tipo giuridico: “Esso ha la particolarità di non prevedere l’obbligo dell’identificazione prima dell’espulsione. In caso ci siano prove tangibili della nazionalità egiziana dell’espulso, l’Egitto ha soli 7 giorni per rispondere alla richiesta della controparte italiana. Il silenzio vale come assenso.
In caso di prova presunta, i giorni concessi all’Egitto aumentano a 21. Solo una volta arrivato a Il Cairo l’espulso potrebbe essere rinviato in Italia dall’Egitto, qualora non fosse reputato cittadino del paese. In caso di utilizzo strumentale dell’accordo, se l’Egitto avesse interesse a collaborare pienamente con l’Italia, si corre il rischio che cittadini non egiziani siano espulsi in un paese dove i diritti fondamentali dei cittadini e degli stranieri sono sistematicamente violati. E l’accordo sembra anche funzionare, a guardare le cifre relative alle espulsioni verso l’Egitto…”.
L’ARCI ricorda come la Commissione Egiziana per i Diritti e le Libertà ha documentato 1.520 casi di sparizione forzata in Egitto fra il luglio 2013 e l’agosto 2018, con dodici vittime di minore età. “Più di 60.000 prigionieri politici sono attualmente detenuti nelle prigioni egiziane e almeno 129 sono stati i casi nel 2017 di detenuti morti in carcere”, aggiunge l’organizzazione italiana.
“La detenzione preventiva per gli imputati in attesa di processo è una prassi consolidata: è un modo per prolungare a oltranza la detenzione dei prigionieri politici, senza alcuna possibilità di appello. 15.000 civili sono stati giudicati da tribunali militari dal 2014, fra cui decine di minori. Dal 2013, sono state migliaia le condanne a morte emesse dai tribunali egiziani. L’Egitto è al sesto posto nel mondo per il numero di esecuzioni; in soli quattro mesi, fra dicembre 2017 e marzo 2018, il Cairo Institute for Human Rights Studies ha documentato l’esecuzione di 39 persone”.
“Che l’Italia continui ad espellere verso l’Egitto risulta di una estrema gravità ed in violazione flagrante delle Convenzioni Internazionali di cui il nostro paese è firmatario”, conclude l’ARCI. “Ciò alla luce di una procedura di rimpatrio che non permette nessuna attività di monitoraggio sui rischi a cui potrebbero incorrere i cittadini espulsi, considerata anche la difficoltà reale di accesso dei cittadini egiziani alla procedura d’asilo anche nei valichi di frontiera aerea, e vista la collaborazione da parte del regime egiziano nel riammettere i propri cittadini”.
Antonio Mazzzeo
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