Cornelia I. Toelgyes
14 settembre 2021
Dopo il golpe del 5 settembre, la Guinea è stata sospesa dall’Unione Africana e dalla CEDEAO, la Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occcidentale. Ora il leader dei putschisti, Mamady Doumbouya, deve correre velocemente ai ripari e già oggi iniziano le consultazioni al Palais du Peuple à Conakry.
Una vera e propria maratona, in quanto il Comité National de Rassemblement et du Développement (CNRD) – la giunta militare che ha rovesciato Alpha Condé, presieduta dal capo dei rivoltosi – ha invitato tutte le forze vive del Paese per le consultazioni che si protrarranno per tutta la settimana. Nessun leader è stata invitato personalmente e nessuna formazione politica formalmente. Dunque in teoria i rappresentanti di tutti raggruppamenti possono presentarsi per essere ascoltati.
Un’iniziativa ben accolta da tutti partiti per una prima presa di contatto con la giunta militare e avviare i dialoghi. Anche i leader del partito di Alpha Condé, il Raggruppamento del Popolo Guineano (RPG) si sono riuniti per decidere se partecipare o meno alle consultazioni.
In linea di massima questi colloqui dovrebbero rappresentare una tappa del dopo golpe per preparare la transizione, che per il momento si presenta ancora alquanto confusa.
L’UA e la CEDEAO che hanno duramente condannato la presa di potere con la violenza, hanno chiesto l’immediata liberazione di Alpha Condé e il ritorno all’ordine costituzionale. Anche il rappresentante speciale per il Sahel e l’Africa occidentale del segretario generale dell’ONU, Mahamat Saleh Annadif, in vistia nel Paese ieri, ha auspicato che il potere torni in un tempo ragionevole ai civili.
La commissione della CEDAO, presieduta dall’ivoriano Jean-Claude Kassi-Brou e accompagnato dai ministri degli Esteri di Togo, Ghana, Burkina Faso e Nigeria si è recata in Guinea venerdì scorso. Ha avuto colloqui con Doumbouya e ha anche potuto incontrare Condé, che si trova ancora nelle mani dei militari.
L’anziano presidente non ha ancora rassegnato le dimissioni e sembra non sia intenzionato a farlo. Pare abbia detto: “Preferisco essere ucciso, non firmerò mai una lettera di congedo”.
Lo scenario attuale in Guinea è molto simile a quella del Mali dopo il golpe dell’agosto 2020. Allora la CEDEAO aveva imposto sanzioni, per lo più economiche, nei confronti di Bamako e sospeso il Paese dall’Organizzazione. Penalità poi annullate in seguito all’impegno della giunta militare di organizzare libere elezioni dopo un periodo di transizione di 18 mesi.
Peccato che solo qualche giorno fa il primo ministro di Bamako, Choguel MaÏga, abbia dichiarato che le elezioni non sono la priorità del suo governo, affermazione che ha messo nuovamente in stato di allerta la CEDEAO.
E, come in Mali allora, oggi anche in Guinea parte della popolazione ha accolto con compiacimento il golpe. Anzi, non sono nemmeno mancate le manifestazioni di simpatia, specie quando una settimana fa la giunta ha liberato un primo gruppo di oppositori.
Subito dopo il colpo di Stato, migliaia di persone si sono riversate sulle strade di alcuni quartieri di Conakry per esprimere consenso e qualcuno anche soddisfazione per l’arresto dell’83enne presidente, che non tollerava il dissenso, sotto il suo regime le manifestazioni venivano represse con la forza.
La situazione economica del Paese è tutt’altro che brillante, non si è mai ripresa totalmente dopo l’epidemia di ebola 2014-2014, per precipitare poi nuovamente a causa dell’espandersi del virus. La corruzione e la mala gestione hanno fatto il resto. Basti pensare che solo il 3 per cento della popolazione rurale ha accesso all’energia elettrica, appena il 25 per cento delle strade sono asfaltate. Poco meno della metà della popolazione (il 44 per cento) vive ancora sotto la soglia di povertà. L’età media si attesta sui 60.
Durante le manifestazioni in piazza subito dopo il colpo di Stato, la gente ha salutato con gioia e compiacimento anche alcuni soldati USA. Come nostra il video qui sopra, erano in auto, cercando di farsi strada verso l’ambasciata in mezzo alla folla, scortati da soldati guineani.
Si trovano nel Paese per una missione di addestramento di forze militari locali nell’ambito di Joint Combined Exchange Training events. AFRICOM (Comando delle forze armate degli Stati Uniti d’America per le operazioni nel continente africano) ha sottolineato che il governo di Washington e tanto meno il suo l’apparato militare sono in alcun modo coinvolti nel putsch, anzi, gli USA hanno fermamente condannato la presa di potere con la forza da parte delle forze speciali guineane.
Cornelia I. Toelgyes
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