Cornelia I. Toelgyes
12 settembre 2021
Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres è preoccupato per il terrorismo e l’insicurezza nel Sahel, lo ha confessato in una recente intervista rilasciata alla France Presse.
Il capo del Palazzo di Vetro teme che la situazione creatasi in Afghanistan possa avere serie ripercussioni nei Paesi del Sahel, e non solo, visto che i gruppi terroristi sono già presenti anche in nazioni vicine, Costa d’Avorio e Ghana. “Insomma, i gruppi armati di stampo terrorista si stanno espandendo verso il Golfo di Guinea. Ora come ora la comunità internazionale e gli stessi Paesi interessati, non sono in grado di rispondere a queste minacce. E’ davvero essenziale rinforzare la sicurezza nella regione”, ha precisato Guterres.
E come dare torto a Guterres, visto che Iyad Ag Ghali, vecchia figura indipendentista tuareg, nato come contrabbandiere di sigarette e di cocaina, fondatore e capo del gruppo Ansar Dine, che in italiano vuol dire più o meno “Ausiliari della religione” (islamica), non ha nemmeno atteso la presa di Kabul da parte dei talebani per congratularsi con loro. Lo ha fatto pubblicamente in un messaggio audio il 10 agosto scorso.
Da tempo il capo del Palazzo di Vetro vorrebbe conferire alla Force G5 Sahel (contingente tutto africano formata da militari maliani, nigerini, ciadiani, mauritani e burkinabé) un mandato forte dell’ONU accompagnato da un finanziamento collettivo dell’Organizzazione.
Finora Washington si è sempre opposto alla proposta di Guterres, perchè sia USA, sia Francia temono che MINUSCA – missione ONU in Mali – possa perdere così la sua neutralità.
Dopo l’annuncio del presidente francese Emmanuel Macron di voler ridurre notevolmente la presenza dei suoi militari dell’operazione Barkhane nella regione (presenti con 5.100 uomini) e il comunicato di N’Djamena di pochi giorni fa del ritiro di 600 militari ciadiani dalla zona delle tre frontiere (Mali, Burkina Faso, Niger), Guterres chiede con insistenza a USA e Francia di ritirare il veto alla sua proposta.
Anche se il contesto nel Sahel è diverso da quello afghano, secondo alcuni esperti, le similitudini non mancano, considerando la forte crescita del fenomeno della violenza jihadista in tutta l’area.
Non va dimenticato che Osama bin Laden è ancora oggi un riferimento assoluto per il raggruppamento terrorista, composto da cinque sigle, “Gruppo di sostegno dell’Islam e dei musulmani”, capeggiato da Ag Ghali e fondato nel 2017.
Mentre gli altri jihadisti fanno riferimento a al-Baghdadi, l’emiro dell’autoproclamato stato islamico. Infatti hanno stretto alleanze con l’ISIS e sono particolarmente presenti nella zona delle tre frontiere, dove soprattutto la popolazione è continuamente in preda alle loro aggressioni.
Anche se l’opinione pubblica è ormai contraria alla presenza dei francesi in Mali, molti hanno paura del vuoto che può causare la loro possibile assenza. E’ dunque indispensabile un maggiore impegno da parte delle forze armate dei Paesi africani dove il terrorismo è maggiormente presente.
Lo ha sottolineato Sampala Balima, politologa burkinabé, in un’intervista con la BBC. Secondo lei il caso Afghanistan è un invito particolare per gli Stati saheliani a dare le proprie risposte all’insicurezza vigente.
Per sensibilizzare i governi del Sahel contro le persistenti incursioni terroriste, che hanno portato alla chiusura di oltre 3.800 scuole in Burkina Faso, Mali e Niger, con più di 700 mila bimbi privati dell’insegnamento, tre cantanti, Safiath, Alif Naaba et Vieux Farka Touré hanno inciso una canzone dal titolo: Je veux retourner à l’école (voglio tornare a scuola).
Il progetto è stato ideato dall’ ONG Safe the Children.
Il musicista Alif Naaba auspica che le autorità sappiano cogliere il messaggio dei bambini e trovino una soluzione adeguata affinché possano ritornare sui banchi di scuola.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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Credito videoclip: Je veux retourner à l’école di Safiath, Alif Naaba, Vieux Farka Touré / Safe the Children
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