Speciale per Africa ExPress
Sandro Pintus
Firenze, 4 settembre 2021
Non possono ricevere visite dei loro avvocati o familiari, sono senza alcun diritto e languono dimenticati nelle prigioni della Guinea Equatoriale. Sono le centinaia di prigionieri che la dittatura di Teodoro Obiang Nguema Mbasogo ha scaraventato nelle patrie galere.
Persone dimenticate, molte delle quali imprigionate con processi farsa e discutibili, accusati di delitti inesistenti. Sono detenuti nel piccolo stato africano, nel carcere Playa Negra di Malabo e in quello di Bata, considerate tra i penitenziari peggiori al mondo.
La denuncia viene attraverso un comunicato di Amnesty International. “Dal momento dell’ingresso in carcere, di questi prigionieri non si è più saputo nulla. I loro familiari non sanno neanche se siano ancora vivi o siano morti – si legge -. Alcuni anni fa, un prigioniero appena rilasciato descrisse la prigione di Playa Negra come una sorta di buco pregno dell’umidità che arrivava dal mare. Si viveva in condizioni inumane, in cui la tortura era la regola e la vita dei detenuti era messa a rischio dal sovraffollamento”.
Un ingegnere italiano, rapito e condannato a 60 anni di galera
Tra questi anche Fulgencio Obiang Esono, un ingegnere italiano di origini equatoguineane residente a Pisa, rapito in Togo dai servizi segreti della Guinea Equatoriale. L’ingegnere è stato sequestrato insieme a Francisco Micha, un amico equatoguineano di 68 anni che viveva in Spagna dalla fine degli anni Novanta.
Partiti da Roma per questioni di affari in Togo, dal giorno dell’arrivo nel paese africano, il 18 settembre 2018, sono diventati irrintracciabili. Sono stati condannati a 60 anni di prigione e sono nel carcere di Playa Negra ma non si riescono ad avere loro notizie.
L’infernale esperienza di un imprenditore italiano
Sull’inferno delle carceri equatoguineane ne sa parecchio anche un altro italiano: l’imprenditore Roberto Berardi. È stato “incastrato” con una truffa da Teodorin Obiang, socio in affari e figlio del dittatore africano. Berardi è rimasto rinchiuso 900 giorni nel carcere di Bata Central e torturato quotidianamente. L’imprenditore ha raccontato nei dettagli la sua terribile esperienza in un libro pubblicato da Slow News. Il titolo è “Esperanza. La vera storia di un uomo contro una dittatura africana”, scritto con il giornalista Andrea Spinelli Barrile nel 2016.
Una famiglia di cleptocrati
La famiglia del presidente-tiranno 89enne tiene il Paese con il pugno di ferro da 42 anni. Rappresenta il tipico caso di creptocrazia, il saccheggio delle risorse a suo vantaggio personale senza alcuna distribuzione per la popolazione.
L’ex colonia spagnola è ricca di petrolio (terzo produttore del continente africano), uranio e diamanti. Il dittatore, la moglie Constancia Mangue e il primogenito Teodorin amministrano lo Stato come fosse cosa di loro proprietà, annientando fisicamente gli oppositori. Teodorin, visto che l’opposizione non esiste, è colui che è stato designato a ereditarne il “trono”. A meno che, alla morte del vecchio despota, i militari non fermino la sua ascesa con un colpo di Stato.
Intanto, nonostante sia stato condannato da un tribunale francese per riciclaggio di denaro e corruzione, Teodorin la settimana scorsa è stato visto a Roma. Ad Africa ExPress è stato segnalato anche a Cagliari. Dal 27 agosto il suo yacht, Ebony Shine, da 100 milioni di dollari è ormeggiato al porto del capoluogo sardo.
Amnesty International ieri ha manifestato davanti allo yacht di Teodorin. Chiedevano rispetto per i diritti umani e l’accesso al carcere degli avvocati e i familiari di Fulgencio Osono. Il portavoce dell’ong, Riccardo Noury, dice che per l’Italia la presenza di Teodorin è una vergogna. Nel suo Paese presiede da anni una spietata repressione.
(aggiornamento alle 23.05 del 3 settembre 2021)
Sandro Pintus
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Crediti immagini:
– Mappa Guinea Equatoriale
Di Directorate of Intelligence, CIA – Pubblico dominio, Collegamento
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