Costi rilevanti per le missioni italiane all’estero (1.100 milioni) e risultati zero

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Militari italiani in Libia

Speciale per Africa ExPress
Luciano Bertozzi
25 agosto 2021

Oltre 1.100 milioni di euro per le missioni militari all’estero 2021 e appena 135 milioni (+15 milioni rispetto al 2020) per la cooperazione allo sviluppo, con un rapporto spesa militare/cooperazione pari a 10 a 1. Sono i costi su cui il governo ha chiesto e ottenuto l’autorizzazione al Parlamento, con pochissimi voti contrari, solo nel capitolo riguardante il sostegno alla Guardia Costiera libica.

Pur trattandosi di un provvedimento che riveste grande importanza per la politica estera e di difesa dell’Italia, la proroga che parte dal primo gennaio 2020 è stata deliberata dal Consiglio dei Ministri addirittura a giugno.

Missioni italiane all’estero

Le missioni sono una cinquantina, di ogni tipo: ONU, NATO, Unione Europea e bilaterale. La consistenza massima annuale è di oltre 9 mila soldati (+1.700 rispetto al 2020).Il costo delle missioni è a carico di un apposito fondo del Ministero dell’Economia e Finanze e non della Difesa, quindi, con scarsa trasparenza.

Sarebbe necessaria, invece, una suddivisione della spesa: quella di natura militare da attribuire al Ministero della Difesa e quelle per la cooperazione allo sviluppo alla Farnesina. L’attuale suddivisione alimenta, invece, la percezione che le spese militari italiane siano sottodimensionate rispetto a quanto spendono i Paesi della NATO e che, quindi, sia necessario aumentarle.

Visti i disastrosi riflessi economici che ha avuto il COVID 19, sarebbe stato logico aspettarsi un drastico taglio delle spese per le missioni all’estero, che, invece, sono rimaste costanti e in alcuni casi addirittura aumentate. Va ricordato che anni fa la spesa complessiva era di circa un miliardo di euro, quindi, notevolmente inferiore al livello attuale.

Ecco le principali missioni: Takuba nell’Africa sahariana (Mali, Burkina Faso, Niger) con 250 militari impiegati nella lotta contro il terrorismo, guidata da Parigi. Il presidente Macron ha annunciato la volontà di sospenderla alla luce della sua insostenibilità, per i costi umani ed economici.

Riguardo questa missione non si capiscono i vantaggi per l’Italia, se non quello di fare un favore alla Francia, in vista delle trattative sui fondi europei e per spingere sempre più a sud il contrasto all’immigrazione clandestina, vera ossessione europea.

Questa operazione può essere letta come un intervento neocoloniale di Parigi, che ha nel Sahara il proprio “cortile di casa”, inoltre l’argine al terrorismo può essere costituito dalla tutela dei diritti umani e dallo sviluppo e non dalla repressione su base etnica.

La missione europea in Somalia, per l’addestramento dell’esercito di Mogadiscio (EUTM Somalia) comandata da un generale italiano e con quasi 150 militari resta inalterata, anche se l’ONU denuncia, da anni, l’utilizzo in combattimento di minori e la distruzione di scuole e ospedali, nonché gravi violazioni dei diritti umani di cui è responsabile l’esercito somalo.

L’Italia, che deve farsi perdonare il periodo coloniale, dovrebbe condizionare gli aiuti al rispetto delle libertà fondamentali. Va sottolineato che l’Italia è stata ammessa nell’attuale Consiglio dei diritti umani Onu anche in virtù dell’impegno di contrastare il fenomeno dei bambini soldato. Si tratta di adottare, quindi, politiche coerenti con tale impegno.

A tale missione si affianca la missione bilaterale di assistenza e formazione offerta alla Polizia somala, ivi comprese le forze speciali di Mogadiscio, per tale compito sono dislocati 53 uomini con una spesa di 2,5 milioni di euro.

A Gibuti abbiamo l’unica base all’estero situata in un’area strategica e serve a supporto delle varie missioni operanti nella zona, con un costo di oltre 11 milioni e con oltre un centinaio di soldati. Era proprio necessaria?

Nel Mediterraneo centrale ed in Libia, per il contrasto all’immigrazione clandestina sono previste più missioni anche per il supporto l’assistenza alla Guardia Costiera. Nelle varie missioni nell’ex colonia italiana Libia e nel Mediterraneo sono impegnati oltre 1.500 militari, fra cui la missione europea EUNAVFOR MED Irini, a guida italiana, con  600 uomini ed alcuni aerei.

Militari italiani in Libia

Ma in Libia c’è una guerra. Ciononostante  si persevera nel sostenere la Guardia Costiera libica, dotandola di mezzi navali e fornendo la formazione necessaria, in pratica esternalizzando il contrasto all’immigrazione clandestina. Per quest’ultima missione sono stanziati 10,5 milioni di euro e 49 militari.

Nel dibattito parlamentare sull’approvazione di questa missione sono da registrare alcune decine di voti contrari, proprio per la mancanza di tutele dei diritti umani.

Su questo aspetto i Governi Conte e Draghi sono assolutamente identici, l’Esecutivo non ha modificato il memorandum con la Libia e ha fatto finta di non sapere, come ha documentato Amnesty International, che per i migranti il salvataggio dal naufragio si trasforma in un ritorno a centri di detenzione in cui saranno sottoposti ad ogni sorta di brutalità.

Nei giorni scorsi la ministra dell’Interno, Lamorgese, è volata a Tripoli per discutere del contrasto al flusso dei profughi. La missione europea Irini non consente, peraltro, il blocco dei rifornimenti di armi indirizzati a tutti i contendenti, in quanto l’ispezione delle navi sospette può avvenire solo se la nave stessa accetta di essere ispezionata!

Nel golfo di Guinea l’Italia è presente con circa 400 soldati e con un onere di 23 milioni di euro per contrastare la pirateria e soprattutto per “proteggere gli assetti estrattivi ENI nelle acque internazionali”, come se le forze armate fossero una milizia privata.

Era previsto anche il sostegno alle forze di sicurezza afghane con ben 120 milioni di euro, il 10 per cento del totale della spesa per le missioni, assegno deciso senza porre alcuna condizione, nonostante le predette forze si siano macchiate, secondo l’ONU, di gravissime e numerose violazioni dei diritti umani, proprio quelli che erano alla base dell’intervento occidentale.

Secondo la missione Onu nel Paese (UNAMA) nel solo primo semestre 2021 le forze dell’esercito di Kabul sono state responsabili del 25 per cento  delle uccisioni e dei ferimenti dei civili, (guerriglie e forze di sicurezza hanno ucciso complessivamente secondo UNAMA nei primi 6 mesi 2021 1.659 civili e ne hanno feriti 3.524, con un notevolissimo aumento rispetto al 2020).

L’esercito di Kabul, tuttavia si è sciolto come neve al sole davanti ai talebani. che hanno conquistato tutto il Paese. Per la missione  appena conclusa dopo 20 anni. sono stati stanziati, per il 2021, 154 milioni di euro. Ad ogni modo nel dibattito parlamentare non è stato fatto un bilancio di questa missione nonostante la cinquantina di morti i circa settecento feriti ed un costo di molti miliardi di euro! E l’Afghanistan si conferma agli ultimi posti di tutte le classifiche socioeconomiche mondiali. Nonostante le enormi somme spese per la guerra.

In Medio Oriente è anche prevista la conferma alla lotta al Daesh con 900 militari e una spesa di 230 milioni e il rafforzamento della missione NATO di addestramento dell’esercito iracheno con 280 militari ed una spesa di 16 milioni di euro.

E’ previsto anche il rafforzamento del dispositivo militare NATO ai confini dell’Alleanza, vicino alla Russia, una misura che rischia di aumentare la tensione internazionale, funzionale all’ aumento della spesa militare dei Paesi dell’Unione Europea e al maggior acquisto di armi “made in USA”.

Luciano Bertozzi
luciano.bertozzi@tiscali.it
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