Costantino Muscau
31 luglio 2021
Fate largo, l’Africa scende in pista. Nella prima finale di atletica leggera a Tokyo 2020 – i 10 mila metri piani – il podio si è tutto colorato di un nero smagliante. Nella serata calda e umida di ieri venerdì 30 luglio (primo pomeriggio in Italia) la medaglia d’oro è andata all’etiope Selemon Barega, 21 anni; quella d’argento all’ugandese Joshua Kiprui Cheptegei, 24 anni, e quella di bronzo all’altro ugandese. Jacob Kiplimo, 20 anni.
In sintesi: uno sbarbato di Gurage (zona agricola a sud di Addis Abeba), figlio di contadini, 3 sorelle e 4 fratelli, ha messo ko due supermen ugandesi. Cheptegei, così, per dire, nel 2019 è stato campione mondiale del 10 mila metri, di cui detiene il record del mondo (26”11”00”); Kiplimo, a sua volta, è stato campione mondiale della mezza maratona nel 2020….
Comprensibile quindi la reazione di Cheptegei, arciconvinto come era di mettere le mani sull’oro. “Ho due sentimenti – ha ammesso lo sconfitto, che si è visto sfuggire la vittoria per essersi svegliato un po’ tardi nell’inseguire l’etiope -. Uno è che sono molto felice di aver vinto una medaglia d’argento. Questo è davvero speciale per me come detentore del record mondiale e come campione del mondo. L’altro lato di me non è soddisfatto del risultato, perché sono venuto qui aspettandomi di vincere l’oro, ma non si sa mai come vanno le cose e devi solo essere grato e riconoscente a Dio che hai avuto la possibilità di essere sul podio”.
Barega, invece, è più felice che mai: “Ho conquistato la medaglia d’oro perché non ho partecipato ad altre competizioni e sono stato in grado di concentrarmi sul raggiungimento di questo obiettivo. In ogni caso è frutto di duro lavoro. Lo sport è la mia vita e ad esso do tutto. Ora sono disposto a correre anche nella finale dei 5.000 metri”. Fino a pochi anni fa Barega sapeva poco o niente di atletica e dei suoi illustri predecessori, Haile Gebrselassie e Kenenisa Bekele. Il primo vinse i 10mila nel 1996 e nel 2000, il secondo nel 2004 e nel 2008. “Ho cominciato a conoscerli solo nel 2015 quando andai a vivere e ad allenarmi nella capitale. I miei genitori volevano che studiassi, in casa non c’erano né radio né tv. Visti però i miei continui successi nella corsa – ha raccontato Barega a Wordathletics.org – sono stato iscritto al Southern Police club, che mi ha consentito di allenarmi e di guadagnare qualcosa e alla fine di entrare nel national team. Solo quando ho preso a conquistare medaglie, i miei hanno cambiato idea”.
A 16 anni Barega stupì il mondo dell’atletica fermando il cronometro sui 5 mila metri a 13:21.21” alla sua prima uscita internazionale in Polonia. Poi arrivarono il quinto posto ai Campionati del mondo nel 2017 e l’argento nel 2019 a Doha. E con i primi guadagni Barega ha acquistato l’auto e la casa e ha chiesto a due fratelli e una sorella di andare a vivere con lui. La sorella cura la casa e l’alimentazione. Gli prepara una piatto particolare: il kocho, fatto di pane sottile di ensete (pianta endemica etiopica) riempito di carne trita. Un campione acqua e sapone, nutrito a pane e salame, diremmo noi. Che però è riuscito ad afferrare l’oro nei 10 mila metri, distanza mai affrontata prima nella sua giovane carriera.
Costantino Muscau
muskost@gmail.com
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