Cornelia I. Toelgyes
24 Luglio 202
Ieri il parlamento della Sierra Leone ha abolito all’unanimità la pena di morte. Era nell’aria da tempo. Già all’inizio di maggio il governo di Freetown aveva deciso di sottoporre la proposta di legge all’Assemblea nazionale.
Ora manca solamente la firma del presidente Julius Maada Bio, affinchè la pena capitale venga depennata definitivamente dalla Costituzione.
Quando in maggio, Umaru Napoleon Koroma, vice ministro della Giustizia, aveva annunciato l’intenzione in tal senso del governo (comunicata immediatamente al Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU) aveva commentato così l’importante provvedimento di Freetown : “Ora anche ai sierraleonesi sarà garantito il rispetto dei diritti umani fondamentali”.
La Sierra Leone si aggiunge così agli altri 22 Paesi africani che hanno soppresso la pena di morte. La Costituzione del Paese, in vigore dal 1° ottobre 1991, prevedeva l’applicazione delle esecuzioni capitali per i seguenti reati: furto aggravato, tradimento, assassinio, ammutinamento.
Secondo il rapporto di Amnesty 2020 nel Paese sono state pronunciate 39 condanne a morte, quasi il doppio dell’anno precedente. Allora erano state 21. Comunque l’ultima esecuzione capitale risale al 1998. Allora furono giustiziati 24 ufficiali perchè ritenuti colpevoli di un tentato colpo di Stato.
Oggi i prigionieri sui quale pende una condanna a morte in realtà scontano l’ergastolo, ma vivono in un braccio speciale, separati dagli altri detenuti. Una norma ritenuta incivile dagli attivisti per i diritti umani. Ora bisognerà riprendere i processi per chiarire e definire le sentenze già pronunciate.
Malgrado le sue ricchezze del sottosuolo, la Sierra Leone è ancora oggi uno tra i Paesi più poveri al mondo e la piaga della corruzione, presente su tutti livelli, impedisce investimenti e sviluppo, inoltre, la già debole economia soffre ancora oggi della terribile guerra civile (1991-2002), costata la vita a oltre 120 mila persone.
Nel 2004, la Commissione verità e riconciliazione, istituita dopo il conflitto interno, aveva accertato che la guerra civile aveva portato alla degradazione della vita e della dignità umana e che i governi successivi avevano abusato della pena capitale per sbarazzarsi degli oppositori politici. In ultima analisi la Commissione aveva vivamente raccomandato alle autorità di rinunciare alle esecuzioni per dare il buon esempio.
Con l’aumento esponenziale di violenze commesse da bande criminali, negli anni successivi la moratoria sulla pena di morte aveva perso di efficacia, visto che l’opinione pubblica insisteva nel chiedere condanne sempre più dure. A quel punto la giustizia ha fatto ricorso alle sentenze delle pene capitali per tentare di contenere la ferocia delle gang.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
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