Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
15 luglio 2021
A margine della conferenza G5 Sahel, che comprende i Paesi maggiormente colpiti e esposti alla minaccia terrorista: Mali, Niger, Burkina Faso, Ciad e Mauritania, il presidente francese, Emmanuel Macron, ha annunciato ufficialmente il ritiro parziale dell’Opération Barkhane.
Tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022 dovrebbero chiudere le basi di Kidal, Tessalit e Timbuktu, nel nord del Mali. Il contingente francese, che ora conta 5.100 uomini in tutto il Sahel, dovrebbe essere ridotto del 40 per cento. Dunque la Francia sarà presente solo con 2.500, al massimo 3.000 unità.
Macron vorrebbe concentrare le forze nella cosiddetta zona delle tre frontiere (Mali, Niger, Burkina Faso) per cercare di fermare l’espansione dei jihadisti verso il golfo di Guinea.
Se da un lato Opération Barkhane è praticamente terminata, la task force Sabre (forze speciali francesi) continuerà a dare la caccia ai terroristi. Per altro anche il nuovo contingente europeo Takuba, (Spada in lingua tuareg), missione multinazionale interforze con il mandato ufficiale di addestrare e assistere le forze armate del Mali nella lotta contro i gruppi armati jihadisti attivi nel Sahel è ormai operativo.
Sotto comando francese, Takuba vede operare congiuntamente i militari di diversi Paesi europei (oltre alla Francia, Belgio, Danimarca, Estonia, Romania, Germania, Grecia, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Repubblica Ceca, Spagna, Svezia e Italia), in coordinamento con altri attori internazionali, in particolare US Africom, il comando delle forze armate statunitensi per il continente africano e MINUSMA, la missione delle Nazioni Unite di stabilizzazione del Mali.
A Parigi era presente fisicamente solo Mohamed Bazoum, il neo-eletto presidente del Niger, mentre i suoi omologhi del Ciad, Mali, Burkina Faso e Mauritania hanno partecipato al vertice G5 Sahel in videoconferenza. Durante il meeting Macron ha annunciato che la centrale del commando di Takuba sarà Niamey, la capitale del Niger, Paese che è ora uno dei più fedeli alleati della Francia e sarà il nuovo centro nella lotta contro il terrorismo nel Sahel. Dunque non più N’Djamena, la capitale del Ciad, dove ha sede il quartier generale di Barkhane.
Ora sarà soprattutto la Force G5 Sahel, contingente tutto africano composto da militari di Ciad, Niger, Mali, Mauritania e Burkina Faso, lanciato a Bamako durante un vertice dei 5 Paesi nel luglio 2017, a doversi concentrare nella lotta contro il terrorismo. Un compito arduo, in una vastissima regione desertica, ampiamente abbandonata dai poteri centrali. Infatti, molti osservatori ritengono che una armata interafricana così fatta non sia comunque in grado di affrontare da sola una tale sfida.
Ora nella lotta contro i terroristi spunta anche un nuovo attore: la Costa d’Avorio. Già qualche mese fa, il suo ministro della Difesa aveva incontrato le autorità militari e dei servizi di Burkina Faso e Mali. Secondo informazioni ottenute dal mensile “La Lettre Confidentielle du Mali” (LLCM), diretto dal giornalista Serge Daniel, autorevole e apprezzato giornalista beninois che vive in Mali, collaboratore di importanti testate e anche di Africa-ExPress, le autorità dei tre Paesi sono convinti che i jihadisti abbiano formato basi lungo la frontiera tra Mali, Burkina Faso e Costa d’Avorio.
Se in Niger, Mali e Burkina Faso operano soprattutto terroristi del gruppo Stato islamico nel Gran Sahara, nelle zone di frontiera tra Mali, Burkina e Costa d’Avorio sono invece più attivi i raggruppamenti affiliati al leader jihadista maliano Iyad Ag Ghali. Iyad è una vecchia figura indipendentista tuareg. Nato come contrabbandiere di sigarette e di cocaina, fonda e diventa capo di Ansar Dine, che in italiano vuol dire più o meno “Ausiliari della religione” (islamica). Nel marzo 2017 è promotore del raggruppamento terrorista composto dall’unione di cinque sigle, il “Gruppo di sostegno dell’Islam e dei musulmani”.
E, sempre in base a documenti consultati da LLCM, i gruppi di uomini armati fedeli a Iyad Ag Ghali, nelle zone frontaliere (Mali, Burkina Faso e Costa d’Avorio) si mescolerebbero tra la popolazione, trovando così facilmente nuove leve tra i molti giovani disoccupati e delusi perché senza un futuro.
Ora i tre Paesi (Costa d’Avorio, Burkina Faso, Mali) ritengono necessario coordinare le loro azioni di interventi per contrastare i gruppi armati che, secondo quanto si evince dai documenti, i terroristi avrebbero preparato progetti da effettuare a medio-lungo termine. Abidjan si pone così a capo delle operazioni militari comuni denominate secondo un codice segreto (ma di cui Africa ExPress è venuto a conoscenza) Tourbillon vert (Vortice verde).
Cornelia I. Toelgyes
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@cotoelgyes
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