23 giugno 2021
C’era molta gente ieri al mercato di Togoga, una cittadina nel Tigray, non lontana dal capoluogo Makallé, quando verso le 13.00, durante un raid dell’aeronautica militare è stata sganciata una bomba. E’ stato un massacro. Almeno 80 tra morti e feriti e il bilancio è ancora provvisorio. Getnet Adane, portavoce militare del governo etiopico non ha né confermato, ma nemmeno negato il bombardamento.
Tanti morti. Troppi. Una testimone oculare ha riferito che l’aeroplano è piombato sul mercato all’improvviso: “Non ci siamo accorti e non abbiamo fatto in tempo a scappare – ha riferito una donna ai reporter di Reuters -. Siamo tutti corsi fuori dal mercato, ma dopo un po’ abbiamo dovuto e voluto rientrare per cercare di assistere i feriti. Anche mio marito e mia figlia di due anni sono stati colpiti”.
Un medico dell’ospedale di Makallé ha raccontato che gli operatori sanitari una volta arrivati sul luogo del disastro hanno potuto contare oltre ottanta vittime. Ma il bilancio dei morti e feriti è ancora provvisorio.
Forse molte persone avrebbero potuto essere salvate, invece le truppe di terra dell’esercito di Addis Ababa presenti a Togoga, non hanno permesso il trasferimento dei feriti nel nosocomio del capoluogo. Solamente 8 persone hanno raggiunto il pronto soccorso di Makallè, tra questi anche 3 bambini. L’ autista di un’ambulanza ha riferito di aver provato ben 4 volte a raggiungere Togoga, i soldati lo hanno bloccato ogni volta e così è accaduto a tutti gli altri mezzi di soccorso.
Brutalità senza fine. Un bimbo di appena 6 mesi, con gravi ferite all’addome, è stato bloccato nell’ambulanza per oltre 2 ore. E’ poi morto durante il tragitto, forse si sarebbe potuto salvare se fosse stato curato in tempo. “Ci è stato vietato di prestare soccorso. Hanno detto che se avessimo aiutato i feriti, avremmo dato una mano al nemico, cioè al Tigray People’s Liberation Front“, ha spiegato un operatore sanitario. Il TPLF era al potere nel Tigray fino all’inizio del conflitto. E’ stato poi spodestato dal governo di Addis Ababa nel novembre 2020.
In sette mesi di guerra oltre due milioni di persone hanno dovuto lasciare le loro case e 60 mila e più si sono rifugiati nel vicino Sudan. In questo periodo entrambi i contendenti hanno ucciso migliaia di persone.: truppe governative etiopiche con l’appoggio di quelle eritree – che utilizzano anche militari somali – e amhara da un lato e tigrini del TPLF dall’altro.
Ora si teme una carestia su ampia scala. All’inizio del mese le organizzazioni umanitarie hanno fatto sapere che 350 mila persone ne sono già colpite e, secondo recenti informazione dell’ONU, quasi il 90 percento della popolazione del Tigray necessita di aiuti umanitari. “E’ il dato più alto a livello mondiale”, ha specificato Marc Lowcock, sottosegretario generale delle Nazioni Unite per gli affari umanitari e Coordinatore dei soccorsi di emergenza, dopo la pubblicazione dell’ultima analisi di Integrated Food Security Phase Classification (Classificazione della fase di sicurezza alimentare integrata).
Le ONG hanno ancora difficoltà di portare gli aiuti in determinate zone, perchè respinti dai militari. Il primo ministro etiopico, Abiy Ahmed, Premio Nobel per la Pace 2019, al poter dal 2018, ha dichiarato qualche giorno fa di aver praticamente sconfitto i ribelli. Dal canto loro, i leader del TPLF hanno invece affermato il contrario e di aver riconquistato ampie zone del Tigray.
Africa ExPress
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