Massimo A. Alberizzi
15 giugno 2021
Marco Zennaro, l’imprenditore veneziano in carcere dal primo aprile a Khartoum, in Sudan ha lasciato l’altro ieri la cella di sicurezza alla centrale di polizia della capitale africana. Secondo fonti vicine alla locale procura, è arrivato il versamento di 800 mila euro necessario a sbloccare la situazione. Si tratta della cauzione – certo stratosferica – imposta della procura, che comunque corrisponde alla somma chiesta dalla società Sheikh Eldin brothers che li aveva pagati per una partita di trasformatori elettrici commissionati alla compagnia di Marco Zennaro, consegnati sì in Sudan, ma – secondo le accuse – con specifiche tecniche diverse da quelle richieste. Sheikh Eldin Brothers chiede la restituzione di quel denaro e oggi si è tenuta un’altra udienza al tribunale di Khaurtoum.
In realtà la commessa della società era di circa 700 mila euro ma la cauzione è stata di 100 mila in più perché contempla anche il trasporto delle apparecchiature e le spese legali. Tra l’altro, Zennaro ha già pagato 400 mila euro a un’altra compagnia, la Gelabi & Sons, con la quale ha raggiunto un accordo impegnandosi a versare altri 800 mila. Una restituzione-saldo alla commessa del valore totale di 1.156.000 euro, già pagata dalla Gelabi, anche in questo caso, per una partita di trasformatori ritenuti non conformi. Appena il materiale verrà rispedito in Italia, la somma pattuita verrà restituita.
La vicenda di Marco Zennaro si è tinta di giallo quando nelle scorse settimane uno dei figli di Gelabi, il titolare della società Gelabi & Sons, è stato trovato morto nel Nilo. Proprio nella capitale sudanese il ramo azzurro proveniente dell’Etiopia confluisce con quello bianco che arriva dell’Uganda.
La versione ufficiale parla di annegamento dell’uomo che per godere un momento di refrigerio e sottrarsi alla calura infernale della capitale sudanese (dove la temperatura in questo periodo raggiunge anche i 40 gradi all’ombra di giorno e scende solo a 34 di notte) si è tuffato nel fiume.
Ovviamente le autorità hanno avvalorato l’ipotesi dell’incidente, ma fonti sudanesi, contattate da Africa ExPress, parlano di un omicidio perpetrato per vendetta. In Sudan imperversano milizie di tutti i tipi che scorrazzano a piacimento nella capitale e in altri centri importanti. Sono dediti ad affari di ogni tipo e, insomma, costituiscono una sorta di mafia. Infatti, gestiscono i loro affari non sempre limpidamente. Parecchi omicidi sono stati attribuiti a loro.
Perché avrebbero ucciso uno dei figli di Gelabi? Secondo alcuni difensori dei diritti umani che vivono a Khartoum semplicemente perché sarebbero stati esclusi dall’affare dei trasformatori.
Comunque, se la famiglia di Zennaro ha risolto i problemi con la Gelabi & Sons, restano ancora in piedi quelli che riguardano la società Sheikh Eldin brothers che, come scritto sopra, lamenta di aver pagato una fattura di 700 mila euro per dei trasformatori che, secondo loro, non rispetterebbero le caratteristiche richieste.
Marco quindi è uscito di galera ma è costretto a vivere all’Hotel Acropol di George Pagulatos, e questa è sicuramente una grande conquista, ma anche se gli è stato restituito il passaporto non può usarlo. Sulla sua testa, infatti pende il divieto di uscire dal Paese. Meglio che rispetti quell’ordine.
Massimo A. Alberizzi
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