13 giugno 2021
Negli ultimi giorni le forze armate etiopiche (Ethiopian National Defense Force, ENDF) hanno trasportato altra artiglieria pesante nel Tigray. Addis Ababa si prepara alla battaglia finale di questa guerra le cui vittime sono soprattutto civili.
Secondo fonti diverse il 6 giugno scorso sono arrivate armi chimiche, anche bombe al fosforo all’aeroporto di Makallé. Si parla di 40-42 tonnellate.
D’altronde era stato già denunciato l’uso di armi chimiche in un dettagliato articolo nel The Telegraph a fine maggio, la notizia era stata prontamente negata dal governo di Addis Ababa. “L’Etiopia non ha mai usato e non userà mai armi messe al bando, in quanto prendiamo molto sul serio il nostro impegno nell’ambito della Convenzione sulle armi chimiche”. Intanto l’ONU ha chiesto l’apertura di un’inchiesta dettagliata sul loro eventuale uso nel conflitto in Tigray.
Il fosforo bianco non è compreso nella Convenzione sulle armi chimiche, ma, secondo il diritto internazionale, è vietato l’utilizzo contro obiettivi civili.
L’allarme carestia nella regione cresce di giorno in giorno, e secondo fonti ONU, nel Tigray ne sono già colpite 350 mila persone. “E’ il dato più alto a livello mondiale”, ha specificato Marc Lowcock, sottosegretario generale delle Nazioni Unite per gli affari umanitari e Coordinatore dei soccorsi di emergenza, dopo la pubblicazione dell’ultima analisi di Integrated Food Security Phase Classification (Classificazione della fase di sicurezza alimentare integrata).
Secondo le ultime informazione dell’ONU, quasi il 90 percento della popolazione del Tigray necessita di aiuti umanitari. Oltre alle agenzie delle Nazioni Unite, nel Paese sono attive altre 32 ONG, rispetto alle 17 che vi operavano prima della guerra. Gli operatori che cercano di portare aiuto sono 1.850, ma non bastano. I bisogni aumentano di giorno in giorno e i fondi disponibili non sono sufficienti.
Demeke Mekonnen, vice-primo ministro etiopico e capo del dicastero per gli Affari Esteri, in un lungo discorso video ha denunciato non meglio specificati membri della comunità internazionale di seguire una campagna contro l’Etiopia. E, secondo il ministro, le accuse avanzate da Lowcock in un’intervista a Reuters di “utilizzare la fame come arma da guerra” è nient’altro che una menzogna. Mekonnen ha inoltre sottolineato che il suo governo ha prove inconfutabili che alcuni attori, con il pretesto di portare aiuti umanitari, hanno cercato di contrabbandare da consegnare ai combattenti (lui li chiama “terroristi”) del TPLF”.
Già qualche giorno fa il governo etiopico ha detto di essere vittima di pressioni ingiustificate da parte di governi occidentali. Francia, Stati Uniti, Gran Bretagna e diverse ambasciate europee hanno chiesto ripetutamente il libero accesso agli operatori umanitari e un cessate il fuoco per portare aiuti alle popolazioni, ed evitare i temuti effetti della carestia. Ma Addis Ababa respinge le accuse e rifiuta qualsiasi dialogo con il TPLF, il Fronte Popolare di Liberazione del Tigray).
Già all’inizio del mese la portavoce del primo ministro, Billene Seyoum, aveva accennato al contrabbando di armi tramite convogli umanitari. E ha aggiunto che laddove ci sono combattimenti in corso, per questioni di sicurezza, “Dobbiamo limitare l’accesso agli operatori per proteggerli”.
Intanto la guerra continua e con essa la disperazione della gente. Il conflitto è arrivato al settimo mese. In questo periodo sono state uccise migliaia di persone da tutte le parti in causa: truppe governative etiopiche con l’appoggio di quelle eritree – che utilizzano anche militari somali – e amhara da un lato e quelle del TPLF dall’altro.
Basti pensare che in tutta la regione gran parte degli ospedali è stato saccheggiato, il 30 per cento ha subito gravi danni e solo il 16 per cento sarebbero funzionanti.
Anche il sistema bancario è in tilt. Molti istituti sono chiusi perchè danneggiati o addirittura distrutti. I bancomat fuori uso. Un testimone sentito dalle agenzie ha racconto: “Oggi ho aspettato cinque ore. Ma sono stato fortunato. Ho potuto pagare una fattura, anche se in ritardo, e ritirare un po’ di contante. Altre volte sono dovuto andare via senza aver concluso nulla, perchè non c’era più cash disponibile”.
Africa ExPress
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