Speciale per Africa ExPress
Luciano Bertozzi
Giugno 2021
“L’Italia rimane al fianco della Libia e sostiene il Paese in questa transizione complessa”. Queste parole del presidente Draghi danno il senso della visita romana del premier libico
Roma sta cercando di accreditarsi come partner privilegiato di Tripoli. Il governo Draghi si propone quale protagonista della ricostruzione dell’ex colonia. Nei giorni scorsi il primo ministro libico è volato a Roma, con una delegazione di ben sette ministri, per partecipare al Business Forum indetto dal Ministero per gli Affari Esteri “La nuova Libia si presenta alle imprese italiane”, con la presenza di alcune delle più importanti società, che intendono fare affari con Tripoli, fra cui ENI, Fincantieri e Leonardo, fra le principali industrie della difesa.
A testimonianza degli sforzi di Roma per recuperare terreno nei confronti della Turchia e di altri Paesi, il 28 maggio, Di Maio è volato a Tripoli per discutere con Abdellhamid Deibah del contrasto all’immigrazione e del ruolo delle imprese italiane nella ricostruzione della Libia. Da evidenziare che pur in piena pandemia l’interscambio con il Paese africano nel 2020, ha rappresentato un valore di 2,5 miliardi di euro e l’Italia è il principale partner economico.
Il premier libico ha chiesto l’aiuto italiano per ricostruire ospedali, scuole e le infrastrutture petrolifere. Il Libia vuole tornare ad estrarre 3-4 milioni di barili giornalieri. Draghi ha subito accolto la richiesta, “l’Italia si impegnerà nella costruzione di ospedali, nell’invio di personale sanitario e anche nel ricevere e curare varie decine di bambini malati di cancro.” Il Presidente del Consiglio ha fatto presente la possibilità di avviare una collaborazione anche nelle energie rinnovabili; nonché la riapertura della strada costiera che attraversa la Libia da ovest a est. Interventi che, tuttavia, potranno essere realizzati solo se ci saranno le condizioni di sicurezza e se verranno ritirati i mercenari stranieri, presenti a migliaia.
Sul capitolo più spinoso, quello dei migranti, Draghi ha chiesto maggiori controlli alle frontiere meridionali della Libia, non a caso l’Italia sta realizzando una base militare in Niger, la seconda in Africa dopo quella a Gibuti, per il contrasto all’immigrazione clandestina e per la lotta al terrorismo. Il Niger, infatti costituisce un’ importante porta di ingresso dei migranti diretti verso il Mediterraneo. “L’Italia – ha affermato Draghi – intende continuare a finanziare i rimpatri volontari assistiti e le evacuazioni umanitarie dalla Libia. Ritengo che sia un dovere morale, ma credo che sia anche nell’interesse della Libia assicurare il pieno rispetto dei diritti dei rifugiati e dei migranti”.
Il Premier libico ha anche incontrato il ministro della Difesa italiano, Lorenzo Guerini, che ha specificato: “La collaborazione tra Italia e Libia ha un’importanza strategica per entrambi i nostri Paesi in quanto condividono gran parte le minacce che emergono dallo scenario geopolitico relativo all’area del Mediterraneo” . Guefini ha confermato, quindi, l’intenzione di portare avanti gli impegni assunti in ogni campo e di costruire con le forze armate libiche relazioni privilegiate, improntate alla massima trasparenza e alla convinta volontà di lavorare assieme per la stabilità e la sicurezza.
L’obiettivo prioritario vede dunque l’Italia protagonista anche sul versante marittimo: “Siamo tra i principali fautori del lancio dell’operazione IRINI, che sta contribuendo alla applicazione delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, con risultati che recentemente sono stati riconosciuti dalle Nazioni Unite”, ha affermato Guerini, e auspicando di poter a breve “riprendere l’addestramento della guardia costiera che ha una funzione essenziale per la salvaguardia della vita in mare ed il controllo delle acque libiche.”
Ma la realtà è ben diversa, la guardia costiera ha riportato migliaia di migranti naufraghi nei lager libici e sottoposti a ogni tipo di brutalità; del resto nel Paese nord-africano i diritti umani non sono rispettati. L’Italia ha delegato per tanto il “lavoro sporco” ai libici, per cui il richiamo al rispetto delle libertà fondamentali sembra privo di significato.
“Dal 2020, si legge in un comunicato del ministero della Difesa italiano, la collaborazione bilaterale nel campo della difesa ha compiuto un significativo passo in avanti con la definizione di un piano di cooperazione che abbraccia vari settori, per i quali il ministro Guerini ha confermato la volontà di rafforzare ulteriormente la collaborazione in tempi brevi: dalla formazione, attraverso la frequenza da parte di personale libico di corsi in Italia e in Libia, alle attività di sminamento umanitario, che vedono l’Italia addestrare e accompagnare il personale del Paese nord-africano impegnato nelle operazioni di sminamento nei quartieri periferici di Tripoli, alla collaborazione con la marina libica nello sviluppo della sorveglianza marittima e nello scambio di informazioni, anche nell’ottica di prevenire possibili incidenti in mare, alla sanità militare.”
Ancora una volta l’Italia, ossessionata dall'”invasione di migranti” rafforza la cooperazione militare con un Paese, la Libia, che non rispetta i diritti umani e che si trova in stato di tensione, visto che è in vigore un fragile cessate il fuoco.
Luciano Bertozzi
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