“Fra gli Ibo c’è un proverbio, un uomo che non sa dire dove la pioggia lo ha colpito
non sa neppure dove il suo corpo si è asciugato. Lo scrittore deve dire alla gente dove la pioggia lo ha colpito”.
(Da The role of a Writer in a New Nation)
Albert Chinualumogu Achebe, soprannominato Chinua (Ogidi, 16 novembre1930 – Boston, 22 marzo 2013), è stato uno scrittore, saggista, critico letterario e poeta nigeriano. Viene considerato il padre della letteratura africana moderna in lingua inglese. Il suo capolavoro, Il crollo (Things Fall Apart, 1958) è una pietra miliare del genere; viene studiato nelle scuole di numerosi paesi africani ed è stato tradotto in oltre 50 lingue. Gran parte dell’opera di Achebe è incentrata sulla denuncia della catastrofe culturale portata in Nigeria prima dal colonialismo e poi dai regimi corrotti succedutisi dopo l’indipendenza.
Francesca Sauchella Doti
Maggio 2021
Nell’autunno del 1974 Chinua Achebe si stava dirigendo verso l’area parcheggio del Dipartimento di Inglese dell’Università di Massachusetts. Era una frizzante giornata autunnale, resa vibrante dai passi baldanzosi degli studenti che procedevano spediti in tutte le direzioni, guidati dall’entusiasmo della loro giovane età…
Un anziano professore condivide con Achebe il senso di ammirazione per gli studenti che sempre più giovani intraprendono i propri studi universitari. Rimane tuttavia ancora più sorpreso dallo scoprire che il suo interlocutore è in realtà un professore di Letteratura Africana presso l’Università del Massachusetts. “Non avrei mai immaginato un’Africa capace di esprimersi nella Letteratura” è stato il suo commento all’autore del romanzo “Things fall apart” (1958) definito recentemente da Barack Obama “un vero classico della letteratura mondiale…Un capolavoro che ha ispirato generazioni di scrittori in Nigeria, in Africa, e nel mondo”.
Achebe nella sua carriera letteraria ha ripetutamente accusato Joseph Conrad di aver contributo a cristallizzare nella sua opera magna, “Cuore di Tenebra”, l’immagine di un’Africa in cui la terra si presenta indelebilmente imperscrutabile e misteriosa. “Unearthly” è l’aggettivo usato per descriverla. Ma ancora più dannosa è stata la presentazione degli uomini del continente africano apostrofati ruvidamente come non “umani”.
L’inappellabile colpa di Conrad, secondo Achebe, è quella di aver posto l’Africa in una posizione antitetica rispetto alla cultura occidentale che all’epoca appariva l’unica in grado di dare voce, nell’espressione più alta della letteratura, ai sentimenti ed ai pensieri della sua civiltà. La tenebrosa descrizione delle urla frenetiche, del convulso applaudire e dell’inspiegabile battere dei piedi per terra al passaggio della nave a vapore sul fiume Congo rende immortale nel lettore l’immagine di un mondo la cui espressione risulta incomprensibile alla civiltà occidentale. Un’espressione primordiale e primitiva che sfugge all’intelligibilità del linguaggio umano.
Nel suo romanzo “Things fall apart”, lo scrittore nigeriano intende restituire dignità alla sua gente ed alle sue tradizioni. Okonkwo diventa l’eroe tragico di una società e di una cultura che viene travolta dalla civiltà occidentale, ma che tuttavia riesce ad esprimere con toni letterari eccelsi le sue tradizioni ed i suoi valori.
La “deumanizzazione” così efficacemente e forse involontariamente portata avanti da Conrad nel suo romanzo viene ribaltata dall’”umanizzazione” del guerriero Okonkwo che non viene celebrato da Achebe come eroe di un mondo in rovina, ma consacrato nelle pagine della letteratura come un uomo che presagisce la fine della sua civiltà e della sua identità ed è impotentemente travolto dagli eventi.
Il titolo “Things fall apart” suona all’orecchio attento del lettore come la flebile voce del protagonista che ammette rassegnato la fine del suo mondo e della sua civiltà. Conservare la forza espressiva del titolo rappresenta ancora oggi una sfida ardua per qualsiasi traduttore…
Francesca Sauchella Doti
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