Luciano Bertozzi
Maggio 2021
La Corte Penale Internazionale (CPI) ha condannato a 25 anni di carcere Dominic Ongwen, uno dei principali comandanti del Lord’s Resistance Army (LRA), guerriglia che ha terrorizzato per molti anni l’Uganda .”La sentenza – ha commentato Human Right Watch – segna una tappa importante nella ricerca di giustizia per le vittime dei gravi crimini internazionali commessi da questo famigerato gruppo armato nel nord dell’Uganda”. La condanna dimostra che anche se a distanza di tanti anni, la giustizia non si ferma.
La storia di Ongwen è emblematica, lui stesso fu rapito dai guerriglieri e obbligato a diventarne membro quando aveva appena dieci anni, mentre andava a scuola, così come è accaduto a tanti altri piccoli, ma poi è stato trasformato da vittima a carnefice e ha “fatto carriera”.
Ongwen si è macchiato di ogni tipo di atrocità. E’ stato ritenuto colpevole di ben 61 reati, commessi in Uganda nel periodo 2002-2005, anno in cui è stato arrestato, crimini di guerra e crimini contro l’umanità, fra cui attacchi alla popolazione civile, omicidio, tortura, persecuzione, matrimonio forzato, gravidanza forzata, schiavitù sessuale, riduzione in schiavitù, stupro, saccheggio, distruzione di proprietà e reclutamento e utilizzo di minori di 15 anni per partecipare alle ostilità.
Il fatto che fosse stato rapito da piccolo, gli ha consentito una condanna più lieve rispetto all’ergastolo. La Corte, infatti, non può procedere per i crimini commessi dai minori di 18 anni e, quindi, Ongwen è stato giudicato soltanto per le barbarie compiute da adulto
Il Tribunale ha anche respinto l’applicazione delle tradizionali misure di riconciliazione ugandesi al posto della reclusione. Il processo, però, non è chiuso, rimangono da quantificare gli indennizzi per le vittime dei crimini, un aspetto di particolare rilevanza per fare piena giustizia.
Il LRA ha rapito decine di migliaia di piccoli e li ha costretti a diventare soldati, braccianti e schiavi del sesso, costretti a uccidere i bambini che cercavano di scappare a quest’inferno. All’inizio degli anni 2000, quando LRA era particolarmente attivo, molte migliaia di fanciulli fuggivano dalle campagne, ogni giorno, per cercare riparo in città, per evitare di essere rapiti ed essere costretti a combattere con i guerriglieri.
Questo processo, il primo di un leader dell’LRA, è stato anche il primo in cui un tribunale internazionale ha considerato la gravidanza forzata come un crimine autonomo, un crimine di guerra e un crimine contro l’umanità. È stata anche la prima volta che il matrimonio forzato, dichiarato “un altro atto disumano” che costituisce un crimine contro l’umanità, è stato perseguito dinanzi alla Corte.
La condanna di Ongwen costituisce un’importante pietra miliare in una lunga ricerca di riconoscimento internazionale, giustizia e risarcimenti per i sopravvissuti a crimini sessuali e di genere durante la guerra.I giudici hanno anche indicato che “l’essenza del crimine di gravidanza forzata, sta nel porre illegalmente la vittima in una posizione in cui non può scegliere se continuare la gravidanza”.
Con particolare riferimento alle sette donne rapite, facenti parte della famiglia di Ongwen, la Corte ha riconosciuto i danni che queste donne hanno subito a causa di matrimoni forzati, torture, stupri, schiavitù sessuale, schiavitù e gravidanza forzata.Per loro, tuttavia, sarà molto difficile il reinserimento nell’ambito familiare e comunitario: le aspettano stigma, esclusione, depressione, paura e traumi.La condizione di queste povere donne è quindi particolarmente problematica, in quanto la liberazione dall’incubo difficilmente le darà la possibilità di un riscatto.
Più di 4.000 vittime hanno partecipato al processo e tale partecipazione delle vittime, peculiarità della CPI, che consente di esprimere il pensiero di chi ha sofferto e di accrescere la risonanza dei processi nelle comunità colpite. Durante il procedimento, le proiezioni audio e video di parti del dibattimento in molte delle comunità colpite, le trasmissioni radiofoniche dedicate, finanziate anche grazie dal Governo danese, ne hanno permesso la massima diffusione, inoltre i leader delle comunità hanno potuto partecipare di persona all’Aia, città in cui si è svolto il processo.
L’arresto di Joseph Kony, fondatore e capo dell’LRA, è ora particolarmente importante, visto che sfugge al giudizio della CPI che ne ha disposto l’arresto da più di 15 anni. I suoi guerriglieri continuano a compiere atrocità, sia pure in misura più limitata rispetto al passato. La Corte non ha, purtroppo, una sua forza di polizia e si deve basare unicamente sulla cooperazione dei governi per gli arresti. Kony sembra essere in una zona al confine tra il Sudan e il Sud Sudan, ma nessuno dei due Paesi è un membro della CPI e, quindi non hanno l’obbligo di cooperare, pur potendo sempre arrestarlo.
Anche altri governi regionali, l’Unione Africana e le Nazioni Unite, gli Stati Uniti e gli Stati europei dovrebbero attivarsi per portare Kony in tribunale. L’amministrazione Biden ha stabilito una ricompensa di 5 milioni di dollari per chiunque fornisca informazioni che portino al suo arresto.
Vanno giudicati, infine anche gli abusi commessi dalle forze ugandesi durante il conflitto, al fine di fare piena giustizia
Luciano Bertozzi
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