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Costantino Muscau
10 maggio 2021
Il ciclismo africano è sulla buona strada. Sta per tagliare un traguardo che sembrava irraggiungibile. Per la prima volta dal 1900, il Continente nero ospiterà i Campionati mondiali di ciclismo su strada.
L’evento avverrà nel 2025, a Tangeri, in Marocco, o a Kigali, in Rwanda. La notizia è stata confermata proprio nella capitale del Paese delle mille colline (e purtroppo di uno dei più brutali ed efferati genocidi della storia) in occasione della 13a edizione del Tour du Rwanda, partito da Kigali il 2 maggio e conclusosi domenica 9 maggio.
Manca l’ufficializzazione, ma dalle parole del presidente dell’Unione ciclistica internazionale (Uci, l’organismo che governa il mondo delle due ruote), il francese David Lappartient, 47 anni, i dubbi sono pochi.
Lappartient era al via della gara ciclistica più lunga e prestigiosa dell’Africa assieme alla ministra dello Sport (sponsor della manifestazione), Aurore Mimosa Munyangaju e al presidente della Federazione Ciclistica ruandese (Ferwacy), Murenzi Abdallah.
Quest’ultimo è apparso molto ottimista sul fatto che il Ruanda possa accogliere l’importante manifestazione su due ruote nel 2025, che quest’anno si tiene in Belgio. “Il giro del Ruanda sta raggiungendo vette molto alte di partecipazione da parte delle squadre e del pubblico. Se si guarda all’amore che la gente dimostra per questo sport e allo sforzo organizzativo – ha riferito il The New Times citando Abdallah – penso che dovremmo spuntarla sul Marocco”. Intanto a giugno un team di ispettori dell’Uci visiterà il Paese per verificare se esistano le condizioni necessarie per diventare la sede di un evento sportivo mondiale così rilevante.
Del resto la passione del Ruanda per la bici e il ciclismo è smisurata. Il sito Girodiruota.com ricorda doverosamente come “nel 2016 molte personalità di spicco della cultura ruandese si chiesero se fosse il caso di compromettere le grandi ricchezze naturali della nazione riempiendola di gas di scarico delle auto”. La risposta, a sorpresa, fu NO anche da parte del governo, che elaborò un piano di investimenti per diminuire le auto scommettendo sulla bicicletta.
Introdusse un’esenzione fiscale del 25 per cento sull’importazione delle bici, agevolò chi decidesse di iniziare a produrre le due ruote in casa e vennero realizzate piste ciclabili che in Italia ci sogniamo. Questo non solo per amore dell’ecologia, ma anche perché in Ruanda, tra il 2010 e il 2016, il turismo era cresciuto di quasi il 150 per cento e la metà dei turisti avrebbe voluto girare sui pedali attraverso le lussureggianti alture verdeggianti e il parco dei gorilla dei cinque vulcani.
La Federazione Ciclistica Ruandese a sua volta ha dato vita a “The Africa Rising Cycling Center (ARCC)” che ha come obiettivo di diffondere la cultura ciclistica e allevare le nuove leve del pedale anche nelle vicine Etiopia ed Eritrea. Il Giro d’Italia appena partito (8 maggio da Torino) conferma i progressi del ciclismo africano. Per la prima volta vi prendono parte anche tre corridori eritrei: Natnael Berhane 30 anni, Amanuel Gebreigzabhier, 26, e Natnael Tesfatsion, 21.
Quest’ultimo è stato il vincitore del Tour du Ruanda 2020. Quest’anno la vittoria finale, ma anche dell’ultima tappa, è arrisa allo spagnolo Cristian Martin Rodriguez, 26 anni, del Team Total Direct Energie. Si tratta della prima volta di un iberico (e quindi di un europeo), a conquistare la maglia gialla del primato in classifica dal 2008, da quando, cioè, la gara da corsa regionale è entrata, 20 anni dopo la nascita, a far parte del calendario internazionale (sia pure non del massimo livello).
A lasciare il segno nella competizione però sono stati gli atleti francesi, che non andavano a segno da 10 anni: sono stati i trionfatori in 5 tappe su 8 (ben tre Alain Boileau, una Valentin Ferron, una Pierre Rolland). Un po’ di gloria anche per l’unica squadra italiana presente, l’Androni Giocattoli – Sidermec: l’8 maggio, quasi in contemporanea con la cronometro di Torino che segnava l’esordio del giro d’Italia, a Kigali, sempre a cronometro, dominava il colombiano Jhonatan Valencia Restrepo, 26 anni. Restrepo ha fatto il bis dello scorso anno. Si vede che il Rwanda gli porta bene: è la sua quinta vittoria da queste parti eguagliando per numero di successi il professionista locale, Valens Ndayisenga e l’eritreo Eyob Metkel.
Il Tour du Ruanda 2021 si sarebbe dovuto svolgere in febbraio. A causa della pandemia da Covid 19, è stato posposto a maggio. E questo lo ha penalizzato. Non tanto per il pubblico, che ha seguito con la mascherina e con passione immutata anche se con certe restrizioni, soprattutto alla partenza e alla conclusione. E neppure per i ciclisti e i loro team che pure sono stati costretti a vivere in una bolla e a sottoporsi al test anticovid. E’ mancata la risonanza internazionale che avrebbe meritato, sia per la contemporaneità con diverse corse europee di primo piano, sia per il tipico vezzo eurocentrico di non andare al di là della propria… ruota. La conferma che l’Africa resta troppo spesso il continente dimenticato.
Costantino Muscau
muskost@gmail.com
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