Luciano Berzotti
Aprile 2021
Gli USA si ritireranno dall’Afghanistan esattamente 20 anni dopo l’intervento militare.
Entro l’11 settembre tutti i soldati di Washington lasceranno il Paese.
Il Presidente Joe Biden ha rinviato di qualche mese il ritiro stesso, rispetto alla data del 1° maggio, stabilita da Trump. Per la Casa Bianca ciò avviene in quanto gli obiettivi prefissati “sono stati raggiunti”. In realtà le cose stanno in maniera molto diversa. Un’altra generazione di afghani non ha conosciuto la parola pace, infatti, il conflitto con i talebani ed altri organizzazioni guerrigliere, fra cui l”ISIS, non è terminato, nel solo 2020 – secondo i dati della Missione ONU in Afghanistan (UNAMA) – sono morti quasi 9.000 civili e ben centomila dal 2009, il primo anno in cui sono stati conteggiati.
Non solo larga parte del Paese è sotto attacco e nelle ultime settimane si sono susseguiti omicidi di personaggi scomodi, giornalisti, magistrati, difensori dei diritti umani. Gli accordi di pace USA-talebani non tutelano a sufficienza i diritti delle donne, per cui c’è il rischio di un grande passo indietro, una volta che gli americani non ci saranno più. Nelle ultime ore i talebani hanno rinunciato a partecipare alla Conferenza di pace in Turchia a seguito del rinvio del ritiro USA stesso. Preoccupa, soprattutto, che a causa della grande debolezza delle istituzioni i talebani possano ritornare al potere, con le buone o con le cattive, eliminando i timidi passi in avanti compiuti in 20 anni. L’accordo di pace peraltro, non ha fatto tacere le armi e si continua a morire.
L’economia del Paese si basa, in larga parte, sulla droga, nonostante le campagne di distruzione delle coltivazioni di oppio, l’Afghanistan ne è il primo produttore mondiale e i proventi di questi traffici, alimentano il consenso ai talebani, da parte di contadini poveri che non hanno alternative produttive, e la corruzione. In questo campo, un’altra vera piaga, secondo Transparency International, Kabul si classifica al 173° posto su 180 nell’indice di percezione mondiale della corruzione. Ma soprattutto per Emergency, presente nel Paese prima ancora dell’intervento americano, “il tentativo di trasformare il Paese in una democrazia stabile e funzionante è fallito e ha avuto costi altissimi”.
L’intervento militare è costato, infatti, ai soli Stati Uniti migliaia di miliardi di dollari. Le spese per lo sviluppo sono ammontate a poche briciole delle enormi spese militari. Non a caso, l’Afghanistan è in fondo a tutte le classifiche mondiali dei principali indicatori sociali ed economici e se gli USA e gli altri Paesi della coalizione non hanno contribuito alla ricostruzione quando erano in Afghanistan, non lo faranno di sicuro quando se ne saranno andati, soprattutto ora che le loro economie sono in crisi a causa del Covid-19.
L’Afghanistan non è più una priorità, infatti, USA e Nato, ad esempio, non garantiscono vaccinazioni di massa, nonostante il diffondersi del COVID-19, mentre gran parte della popolazione è letteralmente alla fame, come denuncia l’ONU. Nè sono migliorati in maniera significativa scuola e sanità.
In una guerra sempre più brutale, sono obiettivi privilegiati anche ospedali, scuole ed il relativo personale, anche se la risoluzione 2286 del 2016 del Consiglio di Sicurezza ONU ne vieta l’utilizzo a fini militari e la distruzione. Le forze di sicurezza e la polizia di Kabul nel 2019 sono state responsabili, secondo l’ONU, di 20 attacchi a questi complessi e le forze internazionali di 6 casi.
L’Esercito ha utilizzato, sempre secondo le Nazioni Unite, 6 scuole e 2 strutture sanitarie a fini militari e una da parte di milizie filogovernative. E’ evidente che, in contesto caratterizzato da uno scarso numero di queste strutture, la loro distruzione esclude tante persone da diritti fondamentali; aumenta, inoltre, l’ostilità verso l’esercito di Kabul e delle forze internazionali e rischia di favorire l’arruolamento nelle fine dei guerriglieri. E’ evidente che la mancanza dei predetti servizi fondamentali mina anche il futuro della società afghana. Inoltre i rapporti dell’ONU denunciano, da anni, altri reati puniti dal diritto internazionale come il reclutamento e l’utilizzo di bambini come soldati da parte della Polizia nazionale afghana. Ad ogni modo andrebbe restituita giustizia alle tante vittime del conflitto, il Tribunale Penale Internazionale sta indagando sulle violazioni dei diritti umani compiute, da tutte le parti in causa, tale lavoro deve concludersi per punire i responsabili, non può esserci riconciliazione senza giustizia.
Nel 2020 l’Italia era presente con 800 soldati e con una spesa di 160 milioni di euro, come nel 2019. Per il 2021 il provvedimento del Governo di autorizzazione delle missioni non è stato ancora approvato. Ad ogni modo, abbiamo avuto, complessivamente, una cinquantina di vittime e circa settecento feriti e sinora abbiamo speso, secondo l’Osservatorio sulle spese militari italiane, oltre 8 miliardi.
Sorprende che in venti anni il Parlamento non ne abbia mai discusso finalità ed esito, ma soltanto il rifinanziamento. L’Italia, pur avendo uno dei contingenti più numerosi, non è stata coinvolta, siamo stati chiamati solo a pagare i costi della guerra e a schierare soldati. I nostri governi non hanno neanche avuto il coraggio di protestare per i “danni collaterali”, civili innocenti vittime dei raid aerei e dei droni statunitensi. Altri Paesi, visto che non si poteva vincere la guerra, hanno ritirato il proprio contingente (la Spagna nel 2004, il Canada e l’Olanda e la Francia nel 2012), allora perchè questa obbedienza cieca ed assoluta a Washington? Addirittura il Movimento 5 Stelle quando era all’opposizione chiedeva il ritiro dei nostri soldati e una volta al Governo non ha più contestato la missione, anche così si spiega l’appoggio di Trump al Governo Conte 2.
“La guerra combattuta in Afghanistan – afferma EMERGENCY – è uno dei più grandi fallimenti umani e di politica estera dei nostri tempi. Ancora una volta, come sempre, una guerra nata “per risolvere un conflitto” ha fallito il suo obiettivo. È una lezione che dobbiamo imparare”.
Luciano Bertozzi
Luciano.bertozzi@tiscali.it
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