Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
24 aprile 2021
“Presidente, vieni a Beni. Vogliamo la pace, il diritto di studiare in tranquillità e diciamo no ai bambini soldato”. Queste le rivendicazioni della gente di Beni, città nel Nord-Kivu, soprattutto donne e ragazzi, che si sono radunati per un sit-in davanti al municipio della città. Vogliono parlare con Félix Tshisekedi, presidente della ex colonia belga, disperati perchè sono stanchi di vedere i loro genitori ammazzati, restare orfani, senza case perchè saccheggiate e incendiate dai ribelli. Implorano un loro diritto fondamentale: la pace.
Ma il presidente non si fa vedere. Non verrà a Beni ad ascoltare il pianto dei piccoli e giovanissimi e le loro rivendicazioni.
Durante la notte tra giovedì e venerdì i ragazzi hanno dormito nello spiazzo antistante al palazzo comunale. E bisogna dirlo, giovanissimi sì, ma determinati, equipaggiati di materassi, spazzolini da denti, cibo, tegami, piatti. Hanno cucinato, mangiato, sonnecchiato, ma soprattutto hanno espresso ciò che gli sta più a cuore. La pace da queste parti è una parola sconosciuta. Qui i gruppi armati compiono stragi in continuazione per il controllo delle risorse del sottosuolo.
Recentemente la popolazione è insorta contro la presenza del contingente delle Nazioni Unite, MONUSCO (Missione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per la Stabilizzazione nella Repubblica Democratica del Congo), che ha di fatto fallito il suo compito, che sarebbe quello di proteggere i civili. Da settimane quindi la gente chiede il ritiro dei caschi blu.
Ieri per l’ennesima volta un folto gruppo di donne, con addosso un sacco bianco, è sceso in strada a Beni. Le manifestanti hanno sfilato con cartelloni e eretto barricate. Avrebbero voluto arrivare ai quartiere Boikone, sede del contingente internazionale. La protesta però è stata dispersa dalla polizia con gas lacrimogeni e tiri di avvertimento. Secondo Duty Diane, coordinatrice del movimento Femmes citoyennes engagées il primo cittadino non ha voluto ricevere la delegazione delle dimostranti. La città è rimasta paralizzata. I negozi sono rimasti chiusi. La tensione in città è alle stelle.
E nel frattempo continuano le incursioni dei ribelli: due attacchi di ADF (gruppo armato Allied Democratic Forces, un’organizzazione islamista ugandese, presente anche nel Congo-K dal 1995): uno ieri e un altro questa mattina all’alba su una strada nel distretto Bambuba-Kisiki (Nord Kivu) dove sono stati uccisi tre civili e tre agenti della pubblica sicurezza. Mentre venerdì, altre 7 persone sono morte a Batangi-Mbau.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
© RIPRODUZIONE RISERVATA
L’ambasciatore ucciso in Congo orientale: emergono documenti inquietanti
Coronavirus e recrudescenza di ebola, cocktail micidiale in Congo-K