I massacri dei migranti nel Mediterraneo con il grazie del governo Italiano alla Libia

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Mario Draghi, presidente del Consiglio dei ministri e Abdul Hamid Dbeibah, primo ministro a interim libico

Speciale per Africa-ExPress
Luciano Bertozzi
19 aprile 2021

Esprimiamo soddisfazione per quello che la Libia fa per i salvataggi.” Lo ha detto il presidente del Consiglio dei Ministri dell’Itala, Mario Draghi, a Tripoli, nella sua prima visita ufficiale all’estero.

Draghi ha affermato la volontà di rilanciare l’interscambio culturale ed economico con la Libia, in altre parole si vuole fare di questa partnership una guida per il futuro nella piena sovranità del Paese nordafricano. In base a queste dichiarazioni ufficiali, sembra che l’Italia abbia scelto di incrementare gli affari con l’ex colonia a scapito dei diritti umani. La fine delle ostilità e l’annunciata ricostruzione della Libia comporterà appalti per centinaia di miliardi di euro e, quindi, a Tripoli stanno volando manager di tutto il mondo per accaparrarsi fette di questa gigantesca torta.

Mario Draghi, presidente del Consiglio dei ministri e Abdul Hamid Dbeibah, primo ministro a interim libico

Imprese italiane sono in lizza per ristrutturare l’aeroporto di Tripoli e per la realizzazione di una strada costiera, già prevista dall’accordo firmato da Berlusconi e Gheddafi nel 2008. In questo modo, tuttavia, si fa finta di non vedere i “50.000 migranti e rifugiati che – afferma Ilaria Masinara di Amnesty International Italia – grazie alla collaborazione dell’Italia, sono stati intercettati in mare e riportati in Libia per finire in centri di detenzione dalle condizioni terribili ed essere sottoposti a gravi violazioni dei diritti umani”. Se l’imminente provvedimento dell’esecutivo che autorizza le missioni militari all’estero per il 2021 includerà anche quella inerente la Guardia Costiera libica, che nel 2020 è stata finanziata con molti milioni di euro, questo dubbio diverrà certezza.

Sussiste il rischio, quindi, di replicare una situazione simile a quella verificatasi con l’Egitto, in cui gli affari, secondo il governo, non devono essere subordinati al rispetto delle libertà fondamentali. La disastrosa situazione dei diritti umani non è nuova. “La politica dell’Unione Europea di assistere le autorità libiche nell’intercettare i migranti nel Mediterraneo e riportarli nelle terrificanti prigioni in Libia- ha affermato qualche tempo fa l’Alto Commissario ONU per i diritti umani, Al Hussein – è disumana. La sofferenza dei migranti detenuti in Libia – ha aggiunto – è un oltraggio alla coscienza dell’umanità”.

Nonostante queste dure prese di posizione, la politica dell’Italia e dell’Unione Europea non cambia. Ad esempio il Comitato dei diritti umani ONU, a gennaio ha evidenziato che il nostro Paese non ha protetto il diritto alla vita di oltre 200 migranti a bordo di una nave naufragata nel 2013.

Il Comitato ha dichiarato che l’Italia non ha risposto rapidamente agli SOS della nave che trasportava più di 400 persone, anche se un natante della Marina si trovava vicino al luogo del naufragio. “Il Mediterraneo centrale – afferma Human Right Watch – è la rotta più mortale del mondo, con oltre 17.400 vittime fra il 2014 e il 2020″. Morti, che si potevano evitare, di persone che cercavano condizioni di vita dignitose, fuggendo, non da ineluttabili calamità naturali, bensì scappando da Paesi in guerra e della fame, cause, quindi, prodotte dalle politiche neocoloniali, occidentali e non solo”.

Nell’ossessione securitaria che travolge Italia ed Unione Europea, le ONG che tentano di salvare i naufraghi sono criminalizzate, i giornalisti “scomodi” sono intercettati mentre parlano con le proprie fonti. “L’Italia, Malta e l’Agenzia delle frontiere dell’Unione Europea, Frontex, sembrano più interessate – secondo Human Right Watch – a aiutare le forze libiche a intercettare i barconi che ad assicurare i salvataggi e lo sbarco in un porto sicuro”.

I governi hanno delegato “il lavoro sporco” alla Guardia Costiera libica. Ma ormai non basta più fermare l’immigrazione sulle coste libiche, il confine della “Fortezza Europa” si sta spostando sempre più a sud, infatti sono in corso missioni militari italiane nei Paesi del Sahel, in Niger e in Mali, anche per la lotta al terrorismo.

Tale ossessione non affronta le cause profonde che spingono le persone a migrare e, rafforzando, direttamente o indirettamente, le forze militari e di sicurezza, rischia di accrescere la repressione e alimentare i conflitti che porteranno ad ancora più rifugiati.

Ormai, la tendenza alla deriva securitaria che porta a vedere dietro a ogni migrante un pericoloso criminale è sempre più al centro del dibattito politico e consente di vincere le elezioni. Oxfam – confederazione internazionale di organizzazioni non profit che si dedicano alla riduzione della povertà globale – attraverso aiuti umanitari e progetti di sviluppo,per esempio, ha denunciato che la distribuzione del fondo fiduciario per l’Africa (EUTF) dell’Unione Europea, si è allontanata dagli obiettivi originali di promozione della democrazia, tutela dei diritti umani e supporto di persone in difficoltà. Viene usato, invece, per premere sugli Stati africani affinché cooperino al contrasto all’immigrazione. Sempre più fondi sono indirizzati verso la chiusura dei confini, la lotta all’immigrazione irregolare e i ritorni dei migranti in Africa, sempre meno per la promozione della democrazia.

L’UE contrasta l’immigrazione anche nel Mediterraneo orientale, pagando miliardi di euro alla Turchia per impedire che milioni di profughi siriani raggiungano l’Europa dai Balcani, e ecco perchè non può reagire all’affronto diplomatico occorso alla Presidente Ursula von der Leyen (sofa-gate).

Bene ha fatto Draghi a definire dittatore Erdogan, ma allora perchè non porre fine alle vendite di armi italiane ad Ankara? Invece la Turchia ha annullato, per ritorsione, una commessa di elicotteri Leonardo da 70 milioni di euro.

Ursula von der Leyen, presidente della commissione UE (sul divano), Charles Michel, presidente del Consiglio europeo e il presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan

E’ ora di cambiare rotta. Invece di esternalizzare confini e muri dovremmo esportare il rispetto dei diritti umani. A questo punto va fatta una scelta, chi decide la politica da adottare con i Paesi di origine delle migrazioni? Le multinazionali dell’energia e delle armi o i regimi democratici? Questi ultimi devono capire che hanno tutto l’interesse ad “aiutarli a casa loro”, ma sul serio e non per consentirne lo sfruttamento.

Di fronte a tanti che non hanno nulla da perdere, non serviranno nuove barriere per rendere la traversata sempre più pericolosa, ma ciò rischia soltanto di farci perdere la nostra umanità

Luciano Bertozzi
luciano.bertozzi@tiscali.it
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