Egitto e Italia: amore e affari alla faccia dei diritti umani continuamente violati

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Patrick Zaki

Speciale per Africa ExPress
Antonio Mazzeo
17 Aprile 2021

Cittadinanza italiana per Patrick Zaki, lo studente egiziano dell’Università degli studi di Bologna da 14 mesi trattenuto in carcere dal regime di Al-Sisi? “Si tratta di un’iniziativa parlamentare in cui il governo non è coinvolto al momento”. Così la pensa e lo dice il premier Mario Draghi gelando l’opinione pubblica nazionale e le forze politiche che hanno votato nei giorni scorsi un ordine del giorno per concedere la cittadinanza al giovane ingiustamente detenuto al Cairo. Per Draghi, evidentemente, Erdogan è un dittatore, mentre Al-Sisi va sostenuto e riverito perché è un solido benefattore del sistema Italia, specie dei colossi petroliferi e militari-industriali.

Patrick Zaki

Non sarà certo un caso che il cinico niet all’appello pro-Zaki in difesa dei diritti umani è giunto qualche ora dopo l’ennesimo faccia a faccia (il terzo in meno di un anno) tra il generale-dittatore d’Egitto e l’amministratore delegato ENI, Claudio Descalzi, oggetto l’espansione degli investimenti e delle attività estrattive della transnazionale di proprietà al 30% dello Stato italiano.

Una visita, quella nella capitale egiziana, di cui non c’è traccia nei comunicati emessi a ciclo continuo dall’ufficio stampa ENI, ma di cui ne veniamo a conoscenza direttamente dalla Presidenza della Repubblica d’Egitto. “Il 15 aprile, il Presidente Abdel Fattah Al-Sisi ha ricevuto l’amministratore delegato della compagnia energetica italiana Claudio Descalzi, alla presenza del ministro per il petrolio e le risorse minerarie, Tarek El-Molla e di diversi dirigenti dell’ENI”, riporta la nota del governo egiziano.

“Il Presidente ha espresso il suo sostegno per l’intenzione di ENI di rafforzare le sue attività nel settore esplorativo del gas e del petrolio, in continuazione con la fruttuosa cooperazione tra il gruppo italiano e l’Egitto. Da parte sua il dottor Descalzi ha spiegato che l’ENI guarda ad un ulteriore sviluppo delle proprie operazioni, specie alla luce della localizzazione strategica dell’Egitto e della qualità delle infrastrutture che gli consentono di giocare un ruolo centrale nella regione, supportato da fattori come la sicurezza, la stabilità e la saggia leadership del Presidente”.

Nel corso del meeting Al-Sisi e Descalzi hanno discusso la possibilità che l’ENI avvii la produzione di idrogeno in alcuni impianti egiziani e si sono soffermati inoltre sulla riapertura del polo nella città portuale di Damietta per la produzione di gas naturale liquefatto (GNL) da destinare all’esportazione. L’impianto di Damietta, nel delta del Nilo, è stato rimesso in funzione a seguito dell’accordo stipulato l’1 dicembre 2020 tra il colosso italiano degli idrocarburi e due aziende pubbliche egiziane (l’Egyptian General Petroleum Corporation e l’Egyptian Natural Gas Holding Company) dopo uno stop durato otto anni.

A riprova del consolidato rapporto d’amore e d’affari tra Roma e il Cairo, la settimana scorsa l’holding Fincantieri S.p.A., anch’essa controllata al 71,6% dallo Stato italiano tramite la Cassa Depositi e Prestiti, ha consegnato alla Marina militare egiziana la seconda fregata multimissione FREMM, classe Bergamini (la prima era giunta ad Alessandria d’Egitto a fine dicembre 2020). Le due unità da guerra sono state realizzate nei cantieri navali liguri di Riva Trigoso. In verità si è trattato di un lavoro di ristyling in quanto le fregate erano state realizzate per la Marina militare italiana, ma dopo la firma di un contratto tra Fincantieri e il regime di Al-Sisi e il cambio di nome e immatricolazione, sono state dirottate al paese nord-africano.

Secondo quanto rivelato da Ilfattoquotidiano.it, la vendita delle due navi all’Egitto è stato tutt’altro che un buon affare per le casse italiane. Mentre la Marina militare italiana ha pagato per la coppia di FREMM 1,2 miliardi di euro, il Cairo ha sborsato “appena” 990 milioni di euro. “Se a questi si aggiungono i costi di smantellamento dei sistemi NATO, gli interessi sui mutui accesi per l’acquisto e la manutenzione, la differenza tra il costo per lo Stato e quello per l’Egitto può arrivare fino a 556 milioni di euro”, ha rilevato la Rete Italiana Pace e Disarmo. E tutto ciò con l’aggravante di aver favorito un cliente all’indice per le violazioni dei diritti umani e per le provate complicità con la sparizione e l’omicidio del giovane ricercatore italiano Giulio Regeni.

L’amministratore delegato ENI, Claudio Descalzi con il presidente egiziano, Abdel Fattah al-Sisi,

“La fornitura delle FREMM non è mai stata sottoposta all’esame delle Camere”, ha inoltre rilevato Giorgio Beretta dell’Osservatorio Permanente Armi Leggere (Opal). “Un passaggio fondamentale richiesto dalla normativa vigente, la legge 185 del 1990, e oggi ancor più necessario in considerazione delle trattative in corso con l’Egitto per altre fregate, pattugliatori, caccia multiruolo e aerei addestratori che consoliderebbero la posizione del regime di Al-Sisi come principale acquirente di sistemi militari italiani”. Nel corso del 2019, l’Egitto è stato il primo Paese per destinazione di autorizzazione militari, con un controvalore di oltre 870 milioni di euro.

Fincantieri S.p.A. spera di poter concludere al più presto le trattative in corso con le forze armate egiziane. Secondo il quotidiano in lingua inglese Egypt Today, il 25 febbraio 2021 il ministro della difesa e della produzione militare Mohamed Zaki (anche comandante generale delle forze armate della Repubblica d’Egitto), si è recato in visita alla kermesse internazionale delle industrie d’armi IDEX 2021 negli Emirati Arabi Uniti, dove ha avuto modo d’incontrare i manager dell’holding cantieristica italiana.

Fincantieri sarà inoltre uno dei main sponsor di Egypt Defence Expo – EDEX, l’esposizione internazionale delle industrie di guerra che si terrà al Cairo dal 29 novembre al 2 dicembre 2021 con il patrocinio del presidente della Repubblica e del Comando Supremo delle forze armate egiziane. Tra gli sponsor di EDEX 2021 ci sarà pure il colosso missilistico europeo MBDA, controllato per il 25% da Leonardo, ex Finmeccanica, principale fornitore di missili per le unità di terra, di cielo e del mare del regime egiziano.

fregata multimissione FREMM

“Le autorità della Repubblica d’Egitto hanno continuato a punire qualsiasi forma di dissenso, reale o percepito, e hanno represso duramente l’esercizio dei diritti alla libertà di riunione pacifica, d’espressione e associazione”, denuncia Amnesty International nel suo ultimo rapporto annuale sui diritti umani. “Le forze di sicurezza hanno fatto ricorso all’uso illegale della forza per disperdere le rare proteste e hanno arbitrariamente detenuto centinaia di manifestanti e passanti, in attesa d’indagini per terrorismo e altre accuse legate alle proteste. Migliaia di persone sono rimaste in detenzione cautelare prolungata, compresi difensori dei diritti umani, giornalisti, politici, avvocati e influencer di social network. Le condizioni di detenzione sono rimaste crudeli e disumane e i prigionieri sono stati privati di cure mediche adeguate, una situazione che ha portato o contribuito ad almeno 35 decessi in carcere o poco dopo il rilascio. Sono state emesse nuove condanne a morte e ci sono state esecuzioni”.

Un report, quello di Amnesty, che non consente più vuoti di memoria o cinici opportunismi affaristici. Ne consigliamo la lettura integrale a Draghi, Guerini, ENI, Fincantieri e Leonardo. In nome e memoria di Giulio Regeni e dei mille Patrick Zaki tenuti a marcire nelle prigioni egiziane.

Antonio Mazzeo
amazzeo61@gmail.com
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