Antonio Mazzeo
23 marzo 2021
Lorenzo Guerini, ex sindaco democristiano di Lodi e poi deputato Pd e presidente del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir) dal 5 settembre 2019 è ministro della Difesa (governi Conte 2 e Draghi).
Il 28 luglio 2020 è stato convocato dalla Commissione d’inchiesta sull’efferato omicidio di Giulio Regeni per rispondere sullo stato delle relazioni politico-militari tra l’Italia e l’Egitto del dittatore al-Sisi. Ricalcando il tenore delle precedenti audizioni degli uomini di governo vecchi e nuovi, Guerini ha tentato di tranquillizzare parlamentari e opinione pubblica.
“In seguito all’omicidio di Regeni la Difesa, in completa sintonia e raccordo con le altre amministrazioni dello Stato, in primis con il Ministero per gli affari esteri e la cooperazione internazionale, ha prontamente diradato il complesso delle relazioni bilaterali con l’omologo comparto egiziano”, ha esordito il ministro. “L’Egitto è un attore regionale imprescindibile e il suo ruolo è determinante per gli equilibri regionali dell’area mediterranea. Le nostre relazioni in ambito di difesa tengono conto delle esigenze nazionali di promuovere sinergie nell’ambito degli obiettivi condivisi relativi alla sicurezza marittima. Con il Cairo esiste un Accordo quadro difesa, ratificato nel 2003 ed entrato in vigore nel 2015. Ciononostante abbiamo provveduto a rarefare le nostre interazioni, visite, scambi di personale, attività addestrative congiunte, escludendo, già a partire dal 2017, quelle di potenziale attenzione mediatica soprattutto per la controparte, quelle di alto valore operativo con il coinvolgimento di assetti pregiati – intelligence e forze speciali – e tutte quelle in cui si potesse prefigurare un coinvolgimento di personale delle forze di polizia egiziane”.
Lorenzo Guerini ha spiegato che a riprova di un netto raffreddamento dei rapporti tra Italia ed Egitto in esito al caso Regeni, sono stati sospesi gli incontri del Comitato tecnico militare e industriale e che si sono svolti solo meeting di lavoro in formati più ridotti e informali senza il coinvolgimento di autorità militari di vertice.
“E’ stato compresso consistentemente e progressivamente il numero delle attività congiunte, portandole da una media di circa 35 annuali prima del caso Regeni alle 10 per il 2020, nonché rivedendone la tipologia in senso fortemente restrittivo”, ha concluso il ministro della Difesa. “Abbiamo pertanto circoscritto gli ambiti della cooperazione a visite reciproche e scambi di esperienze con un focus particolare sui settori non combat quali la ricerca e soccorso, la formazione accademica del personale, la sorveglianza marittima e il controllo dello spazio aereo”.
Tutto ok, dunque? In verità no se si consultano i report del ministero dell’Interno e le note stampa dello Stato Maggiore delle forze armate. Ciò che emerge infatti è che la collaborazione tra Roma e il Cairo nel settore militare e del controllo dell’ordine pubblico non è stata assolutamente ridimensionata dopo la morte del giovane ricercatore italiano e i vergognosi depistaggi orditi dalle autorità egiziane per impedire l’accertamento degli autori e dei mandanti del crimine.
Nel 2016, l’anno della morte di Regeni, ad esempio, i poliziotti di al-Sisi sono stati “ospiti” di diversi centri della Polizia in Italia per una decina di corsi di formazione (alcuni di essi, a Brescia e a Nettuno, destinati anche ai funzionari del National Security Sector del Cairo). Sempre nel 2016, la Polizia italiana ha inviato in Egitto un migliaio tra computer e stampanti e 20 apparati Phone Forensic Express.
Nel gennaio 2018, previo addestramento in Italia dei piloti egiziani, iniziava la consegna all’Egitto di quattro elicotteri AgustaWestland già in uso alla Polizia di Stato, mentre il 19 marzo dello stesso anno prendeva il via presso l’Accademia di Polizia del Cairo il Progetto ITEPA (International Training at Egyptian Police Academy) per la “formazione nel settore del controllo delle frontiere e della gestione dei flussi migratori” delle forze di polizia egiziane e di altri 21 paesi africani. Questo progetto è stato finanziato con fondi del Ministero dell’Interno e dell’Unione Europea e cogestito da dirigenti delle forze di polizia di Italia ed Egitto. Itepa si è concluso il 27 novembre 2019 a Roma con l’impegno dei due partner a rafforzare la cooperazione nel biennio 2020-21 e promuovere un secondo ciclo addestrativo-formativo presso l’Accademia di Polizia della capitale egiziana.
Di rilievo anche le attività di interscambio e cooperazione tra il Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di porto e la Guardia Costiera egiziana. Dal 13 al 16 novembre 2017, una delegazione di ufficiali italiani ha fatto visita al Comando della 1^ Coastal Patrol Brigade di Alessandria d’Egitto. “Nell’ambito del meeting è stata discussa la possibilità, per l’Egitto, di partecipare a gemellaggi promossi da Agenzie specializzate dell’Unione Europea in favore dei Paesi non membri”, riporta la nota del Comando italiano. “Inoltre, l’incontro ha costituito occasione favorevole per illustrare ai rappresentanti della marina egiziana gli obiettivi del progetto Libyan Maritime Rescue Coordination Centre, finanziato dall’Unione Europea e condotto dalla Guardia Costiera italiana a favore delle istituzioni libiche”.
Il Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto si è recato nuovamente in visita ad Alessandria d’Egitto dal 25 al 27 giugno 2018. “La delegazione egiziana ha rappresentato i compiti e le capacità operative della 1^ Coastal Patrol Brigade, tra cui le attività di contrasto al traffico di migranti”, annota il Comando italiano. “I colloqui, che si collocano all’interno dei Piani di Cooperazione militare bilaterale sottoscritti dall’Amministrazione Difesa, si sono svolti in un clima di fattiva collaborazione e reciproca volontà di rafforzare gli scambi di esperienze nel settore della ricerca e soccorso in mare”.
Tre giorni dopo la conclusione della visita ufficiale in Egitto, l’allora ministra della difesa, Elisabetta Trenta (M5S), s’incontrava a Roma con l’Ambasciatore della Repubblica Araba d’Egitto, Hisham Mohamed Moustafa Badr. “L’Italia reputa l’Egitto un partner ineludibile nel Mediterraneo, affinché quest’area raggiunga un assetto stabile, pacifico e libero dalla presenza terroristica”, dichiarava la ministra. “Nel corso dell’incontro è stato evidenziato l’intendimento del governo italiano a rafforzare la collaborazione esistente tra i due Paesi”, aggiungeva lo Stato Maggiore della difesa. “Si è parlato inoltre della situazione in Libia e del caso Regeni per il quale, stante il positivo esito della cooperazione tra le Autorità giudiziarie dei due Paesi, è stata auspicata una rapida svolta”. Restano ignoti gli elementi in possesso del dicastero della Difesa per esprimere siffatto ottimismo sulla volontà degli egiziani a far luce sull’omicidio del ricercatore.
Il 13 agosto 2018 era la nuova fregata multimissione (Fremm) “Carlo Margottini” della Marina Militare a recarsi ad Alessandria d’Egitto per svolgere con la Marina egiziana “un breve ma intenso addestramento, che ha permesso al personale delle due fregate di misurarsi in un contesto multinazionale”. La sosta in Egitto era consacrata da un incontro di vertice tra il Comandante in Capo della Squadra Navale, l’ammiraglio Donato Marzano e il Comandante della Marina egiziana, ammiraglio Ahmed Kaled Hassan. “L’Italia e l’Egitto sono come due entità che si affacciano sullo stesso lago del quale ne condividono le sorti. Con queste parole il comandante della Marina Militare egiziana ha espresso sentimenti di vicinanza e profonda stima e ammirazione per quello che ogni giorno gli uomini e le donne della Marina Militare italiana fanno”, si legge nella nota emessa dallo Stato Maggiore della difesa.
Come sempre avviene in questi casi, l’esercitazione ha fatto da vetrina alle eccellenze belliche delle due parti, l’unità anfibia ENS Anwar El Sadat (classe Mistral), la corvetta El Fateh (classe Gowind) e la fregata multi missione ENS Misr della Marina egiziana e la Fremm italiana. “La nave Margottini è stata impegnata in manovra nelle acque antistanti il porto di Alessandria ed ha rilasciato il team della Brigata Marina San Marco sull’unità Tahya Misr dall’elicottero SH-90 italiano”, annota la Marina. “L’opportunità addestrativa ha permesso altresì ai team specialistici egiziani di condurre una simulazione di boarding cooperativo a bordo del Margottini, durante il quale i militari hanno simulato un’ispezione ad un mercantile. Ciò ha permesso al personale delle due fregate di accrescere l’interoperabilità delle unità partecipanti”.
In verità ad Alessandria d’Egitto era giunta ben otto mesi prima un’altra unità da guerra, il cacciatorpediniere “Andrea Doria”, risultando la prima nave militare italiana a fare ingresso nel sorgitore egiziano dopo circa sette anni, come riportava enfaticamente lo Stato Maggiore della Difesa. Numerosi gli incontri e gli eventi formativi svolti nel corso della sosta del cacciatorpediniere (dal 14 al 18 dicembre 2017). “Il legame storico e culturale tra l’Italia e l’Egitto è stato evidenziato anche nel corso di altri eventi, che hanno visto la presenza dell’ambasciatore italiano al Cairo, Gianpaolo Cantini e del comandante della Northern Fleet Egiziana, R. A. Admiral Gamal Ebrahim”, aggiunge la Difesa. “La visita è culminata con un’esercitazione congiunta in mare, durante la quale la condivisione di procedure ed esperienze tra l’Andrea Doria e l’unità egiziana El Fateh ha rappresentato il segno tangibile della cooperazione tra la Marina Militare e una delle marine maggiormente in espansione nell’area orientale del bacino del Mar Mediterraneo”.
Ottimi partner ma ancor più ottimi clienti, i militari egiziani, così il 28 gennaio 2019, ancora una volta la Fremm “Margottini” approdava in Egitto a Port Said prima di recarsi in missione a Gibuti. C’è da scommettere che proprio in quell’occasione maturò tra le autorità egiziane la convinzione di acquistare questa versione di fregata multimissione (classe Bergamini), prodotta negli stabilimenti liguri dell’holding Fincantieri S.p.A.. La prima delle due unità ordinate è stata consegnata a fine dicembre 2020 dopo due mesi di intense attività addestrative dei militari egiziani a La Spezia, condotte dal personale della Marina italiana e Fincantieri.
Relazioni eccellenti anche quelle tra l’Aeronautica militare e l’Egyptian Air Force. Il 22 novembre 2018 una delegazione della forza aerea egiziana, accompagnata da rappresentanti del gruppo militare-industriale Leonardo S.p.A., si recava in visita al 61° Stormo e alla Scuola internazionale di volo con sede nell’aeroporto di Galatina (Lecce). “La delegazione egiziana ha avuto modo di conoscere le principali strutture addestrative dei piloti destinati alle linee da combattimento che si svolge sul sistema T-346 (il nuovo cacci-addestratore prodotto da Leonardo e venduto anche ad Israele, NdA) e che consentono ai piloti di operare simultaneamente, e in modo combinato, in volo reale e sulle varie tipologie di simulatori”, riferiva l’Aeronautica italiana. “Queste capacità sono state testate proprio nel corso della visita durante una missione di volo in coppia tra il Full Mission Simulator, ai comandi di un ufficiale egiziano e un velivolo in volo reale, pilotato da un istruttore del 61° Stormo, con a bordo un altro pilota egiziano”. Ovviamente il tutto con la speranza di poter vendere prima possibile al regime di al-Sisi anche i caccia ed altri velivoli da guerra made in Italy.
Dulcis in fundo le attività addestrative italo-egiziane implementate nell’ambito del cosiddetto Science for Peace and Security Programme e del Dialogo Mediterraneo della NATO. L’Egitto è un partner strategico dell’Alleanza atlantica specie nei settori dell’anti-terrorismo, dell’individuazione e disattivazione di mine ed altri ordigni inesplosi e della “difesa” dagli attacchi NRBC (nucleari-radiologici-chimici-batteriologici). “Italia ed Egitto hanno completato nel 2019 un programma congiunto per l’individuazione degli effetti dell’esposizione alle radiazioni in caso di un’emergenza nucleare e delle contro-misure e dei trattamenti che possono essere predisposti”, rivela un recentissimo dossier dello Science for Peace and Security Programme della NATO. “Quanto scoperto da questo progetto sarà integrato nella strategia di gestione delle emergenze dei due paesi partecipanti, e possibilmente da altri membri della NATO”.
La stretta collaborazione di Italia ed Egito in ambito nucleare-chimico-batteriologico è stata tenuta top secret dal governo italiano, così come non si sapeva nulla – prima della pubblicazione del dossier NATO – di un meeting delle forze armate dei due paesi tenutosi a Roma dal 25 al 27 maggio 2016, titolo Advanced Research Workshop (ARW).
L’incontro, secondo Bruxelles, è servito allo scambio di buone pratiche “nel settore della sicurezza delle frontiere e dei porti, particolarmente nel contesto della logistica e movimentazione di container, dove persiste il rischio delle minacce NRBC e del traffic illecito”. “Gli esperti – conclude la NATO – hanno discusso le modalità per migliorare la sicurezza dei container e contrastare il trasporto di materiali ed armi NRBC che potrebbero essere utilizzati in attacchi terroristici”. E meno male che con l’Egitto di al-Sisi avevamo diradato e ridotto l’insostenibile relationship…
Antonio Mazzeo
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